Gli additivi alimentari ci fanno paura. Ma a ben guardare…
Tutti abbiamo letto o visto Pinocchio, il burattino che diventa un ragazzo.
Nel racconto, tutti i personaggi hanno una cosa in comune: sono sempre affamati e sperano nel Bengodi, il paese dove “i capponi piovono dal cielo già arrostiti e sugli alberi crescono le frittelle”.
Forse non abbiamo notato questo particolare perché oggi viviamo proprio lì: basta entrare in un supermercato o frequentare un mercato rionale.
Per questo parliamo tanto di cibo e di ricette, perché ce l’abbiamo e questo non era mica scontato solo qualche decennio fa.
Oggi infatti disponiamo di alimenti sani e controllati in abbondanza.
Spesso però, leggendo le etichette alimentari, ci preoccupiamo per i possibili danni che alcune sostanze possono provocare alla nostra salute.
Parliamo degli additivi alimentari, ovvero dei conservanti che rallentano la crescita di microbi e degli antiossidanti che prevengono i fenomeni di irrancidimento.
Aggiungiamo poi coloranti, addensanti, emulsionanti, dolcificanti, esaltatori di sapidità. Apparentemente siamo circondati e di volta in volta prendiamo di mira il pellerossa più vicino e pericoloso.
Ebbene molte di queste sostanze sono spesso di origine naturale e assolutamente prive di rischi (nonostante le sigle).
Ad esempio, tra i coloranti troviamo:
- curcumina (detta anche E100);
- riboflavina o vitamina B2 (E101);
- clorofilla (E140);
- caramello (E150a);
- carbone vegetale (E153);
- beta-carotene,
- precursore della vit. A (E160a);
- licopene (E160d);
- luteina (161b);
- antociani, usati in medicina per la fragilità capillare (E163);
- tannino, un astringente (E181).
Tra i conservanti troviamo: sorbato, presente nelle bacche di sorbo (E200).
Tra gli antiossidanti, acido ascorbico o vit. C (E300); tocoferolo o vit. E (E306); lecitina di soia (E322); niacina, vitamina del gruppo B (E375).
Abbiamo poi:
- Gli addensanti: glucomannano, un lassativo (E425).
- I correttori di acidità: carbonati (E500).
- Gli esaltatori di sapidità: glutammato, presente nel parmigiano e nella carne da brodo (E621); bromelina, un antiedemigeno contenuto nell’ananas (E1101); lisozima, presente nella saliva e nelle lacrime (E1105).
Spesso dunque le nostre paure sono infondate.
Tanto più che nessuno di noi considera una realtà ben più preoccupante. Negli ultimi 50 anni, sono state legalmente registrate e immesse nell’ambiente circa 100mila nuove sostanze chimiche (in media 2.000 all’anno), in particolare fertilizzanti, diserbanti, prodotti derivanti dall’uso di combustibili fossili, dall’incenerimento dei rifiuti, dalla produzione di energia derivante dal nucleare e dal carbone, che hanno avuto o possono avere un forte impatto sull’ambiente e soprattutto sull’uomo.
Ebbene solo 140 sostanze “prioritarie” sono state inserite nel programma di valutazione e gestione del rischio; 40 gruppi (corrispondenti a 900 sostanze) sono sottoposti a “restrizioni”.
Per precisione per almeno il 10% delle 20.000 sostanze potenzialmente pericolose mancano informazioni importanti e per 3.000 (quelle più diffuse) non c’è una adeguata gestione del rischio.
E’ una lotta impari.
Ci preoccupiamo (troppo) del fuscello abbondantemente studiato e convalidato dall’uso e trascuriamo la trave, ovvero la miriade di nuove sostanze, con cui ogni anno entriamo in contatto, non sempre studiate completamente dal punto di vista medico.
Non è dunque solo questione di cibi biologici: dove si vive veramente “biologico” si muore di fame.
È in gioco una filosofia di vita a cui difficilmente potremo o sapremo rinunciare o che potremo modificare a fatica.
Prendersela con le etichette alimentari assomiglia tanto alla battaglia di Don Chisciotte contro i mulini a vento, scambiati dal cavaliere per giganti enormi che sembrano avere cattive intenzioni.
Mentre Sancho Panza, il suo scudiero, lo avvisa che sono solo mulini con grandi pale. È la lotta sempre attuale tra sogno e vita.
Potremo anche vincere la battaglia contro gli additivi & Co, ma potremo mai vincere la guerra globale?
Tempo di lettura: 1’40”