Cosa si nasconde dentro ad una tazzina di caffè?

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di Gianluca Bitelli

Una tazzina a colazione, una durante la pausa con i colleghi, un’altra (immancabile) dopo pranzo e se ci scappa anche un’ultima a metà pomeriggio per il rush finale di giornata.

Quanti di voi si sono rivisti in questa descrizione della giornata cadenzata da innumerevoli tazzine di caffè?

Io si, o almeno mi rappresentava perfettamente fino ad un paio di anni fa.

 

Il caffè è ormai fortemente radicato all’interno della nostra routine giornaliera e questa sua immancabile presenza ci ha portato a non prestare eccessiva attenzione alla tipologia di caffè che consumiamo.

Il caffè è ormai una commodity ed in quanto tale è caratterizzato da una evidente genericità.

La maggior parte del caffè consumato è venduto e distribuito sotto forma di miscele in cui non è facile risalire all’origine delle singole varietà presenti.

Il fatto di essere italiani sicuramente non ci aiuta.

Per anni abbiamo pensato (e molti di noi ancora lo pensano) che il caffè in Italia fosse il migliore del mondo.

Il buono nel caffè in Italia viene associato al mondo in cui questo viene preparato (rigorosamente espresso al bar) e non al mondo in cui il caffè è stato prima coltivato e poi processato.

La realtà è che in una tazzina di caffè si nasconde molto più della mano del barista.

Quella del caffè è questione in cui aspetti ambientali e sociali si mescolano tra di loro, creando un prodotto dall’immenso valore ideologico.

Scegliere un caffè piuttosto che un altro significa compiere delle scelte etiche che prescindono dalla questione gustativa.

In questa nuova rubrica vi introdurrò al mondo del caffè parlandovi di specialty coffee, nuovi stili di estrazione e molto altro.

Sarà un viaggio interessante in cui cercheremo di fare chiarezza su alcune questioni centrali nel consumo di caffè.

Siamo pronti?

Gianluca Bitelli

Tempo di lettura: 1’00

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