Nel 1968, uscì il film di fantascienza “2001: Odissea nello spazio”, il cui protagonista era un computer dotato di intelligenza artificiale, HAL 9000, in grado di controllare il funzionamento di tutta l’astronave, nonché di dialogare con gli astronauti.
Nel corso di un viaggio verso Giove, il cervello artificiale si ribella sentendosi in grado di dirigere da solo l’astronave ed occuparsi della missione, mettendo in atto una serie di inganni per liberarsi degli astronauti.
Mai film è stato così profetico nell’evocare l’ignoto che attende l’uomo alle prese con nuove invenzioni che minacciano il suo stesso futuro. Oggi questa visione sta per diventare realtà.
Priama dell’Intelligenza Artificiale, molte invenzioni hanno segnato la storia del mondo e modificato le abitudini di vita della comunità umana su scala globale.
Tra quelle più significative ricordiamo:
- la ruota,
- la scrittura,
- la stampa,
- le armi da fuoco,
- la macchina a vapore,
- i vaccini, l’elettricità,
- il treno, l’automobile,
- l’aeroplano,
- il telefono,
- gli antibiotici,
- la radio,
- la televisione,
- il computer,
- Internet.
Tutte hanno cambiato in meglio l’esistenza degli uomini. Anche oggi, nonostante tutto (guerre, crisi politiche o economiche, episodi di malcostume, cambiamento climatico) stiamo progredendo, lentamente, ma progressivamente.
L’intelligenza artificiale (IA) rappresenta indubbiamente la più importante sfida antropologica della nostra epoca.
Questa tecnologia in costante evoluzione e sviluppo ha il potenziale di rivoluzionare completamente la società umana, influenzando ogni aspetto delle nostre vite.
Dal campo della medicina all’industria manifatturiera, dal settore finanziario alla sicurezza nazionale, l’IA offre possibilità senza precedenti ma anche numerosi rischi e dilemmi morali da affrontare.
Eppure, questa ultima conquista, ha il potenziale per sfuggire al nostro controllo e renderci schiavi o annientarci.
È dunque fondamentale per i professionisti del settore prendere sul serio queste questioni e stabilire norme etiche e legali per guidare lo sviluppo responsabile dell’IA in modo responsabile e sicuro, per il bene comune e non per fini dannosi o manipolativi.
Siamo ancora in tempo per mettere al centro del progetto la persona umana.
I progressi attuali dell’Intelligenza Artificiale.
L’intelligenza artificiale è probabilmente la più grande rivoluzione di tutta la storia umana. È uno strumento molto complesso, che già oggi può supportare e amplificare il nostro raggio di azione.
In tutte le attività umane; nel bene e nel male. L’IA ha già permeato diversi settori industriali come la sanità, l’e-commerce, l’automazione industriale e persino la finanza, sollevando anche importanti questioni etiche e sociali riguardo all’impatto sull’occupazione umana, sulla privacy dei dati personali e sulla responsabilità degli algoritmi autonomi.
La visione positiva sostiene che, raccogliendo ed elaborando molte più informazioni di quanto possano fare i singoli individui, si può raggiungere una migliore comprensione della medicina, della fisica, dell’economia e di numerosi altri campi del sapere, e questo ci rende non solo più potenti ma anche più sapienti: ad esempio, raccogliendo informazioni sugli agenti patogeni, le aziende farmaceutiche e i servizi sanitari possono sviluppare farmaci più efficaci e di prendere decisioni più oculate sul loro utilizzo.
L’ultimo Premio Nobel per la Fisica è stato ottenuto grazie all’intelligenza artificiale (meglio ancora una sua evoluzione, la “learning machine” ovvero l’apprendimento automatico), applicata alla ricerca.
Il premio è andato a John Hopfield e Geoffrey Hinton, due pionieri dello studio delle reti neurali, che hanno studiato l’apprendimento automatico dei computer, in genere architettato su algoritmi sviluppati per emulare il funzionamento del cervello.
Ciò che si ottiene è la capacità di elaborare nuovi dati partendo da quelli disponibili. L’intuizione di Hinton è stata: invece di perdere tempo a ricreare con un computer i meccanismi di funzionamento della mente, facciamo in modo che i computer, macchine sempre più veloci e capaci di elaborare enormi quantità di dati, scelgano la loro strada.
Che imparino, cioè, da sole. Peccato che noi non sappiamo cosa accade all’interno del computer: il suo apprendimento è imprevedibile.
La domanda sorge spontanea: questi premi sono da considerarsi gli ultimi degli homo sapiens o i primi consegnati anche all’intelligenza artificiale?
L’Intelligenza Artificiale è capace di prendere decisioni giuste?
Tutto dipende dall’uso che facciamo delle invenzioni che il progresso mette a disposizione. Naturalmente, anche se analizziamo le informazioni in modo accurato e scopriamo verità importanti, non è detto che le useremo in modo saggio. La sapienza è comunemente intesa come sinonimo di saggezza, capacità di “prendere le decisioni giuste”, ma il significato di “giusto” è variabile. Dipende da giudizi o pregiudizi che differiscono tra persone, culture o ideologie.
L‘energia nucleare fa ormai parte delle nostre vite da quasi un secolo. Solitamente, questa viene generata artificialmente e in modo controllato allo scopo di produrre enormi quantità di energia elettrica.
La prima pila atomica, ovvero il primo reattore nucleare a fissione mai costruito, fu realizzata nel 1934 a seguito degli esperimenti di gruppo di scienziati guidati da Enrico Fermi, conosciuti come i “ragazzi di via Panisperna”, a cui si fa risalire la nascita dell’energia nucleare.
In pratica, Enrico Fermi, scoprì come il bombardamento di un atomo tramite neutroni risultasse nella formazione di isotopi (ovvero un atomo con identico numero atomico, ma massa diversa): una reazione che libera energia nucleare.
Purtroppo, come è noto, durante il secondo conflitto mondiale questa scoperta venne utilizzata per la costruzione della bomba atomica che distrusse prima Hiroshima e poi Nagasaki.
Solo negli anni ’50 le prime centrali nucleari vennero utilizzate a scopi puramente civili per produrre elettricità. La prima centrale della storia fu costruita negli Stati Uniti nel 1955.
Intelligenza artificiale, un fiume in piena.
La rivoluzione dell’intelligenza artificiale è come la piena di un fiume.
Ciò che ragionevolmente possiamo fare è accompagnare il corso delle acque per cercare di fare in modo che irrighino e non travolgano, alimentino e non sommergano.
Dall’intelligenza artificiale trarremo immensi benefici, nella ricerca scientifica, medica, nella salvaguardia delle nostre risorse naturali. Ma è nell’impatto con gli umani, individualmente e collettivamente, che si aprono interrogativi davvero epocali.
In pratica, siamo arrivati a due possibili sviluppi: quello di un uomo “potenziato” dalla tecnologia o quello di una presa del potere da parte di algoritmi specializzati nell’intelligenza artificiale.
Entrambi suscitano timore: ci spaventa la nostra incapacità di padroneggiare le cause e gli effetti, il delirio di onnipotenza tecnologica, che può sfociare in un potere assoluto, senza freni. Sarà uno strumento utile se saremo capaci di integrare le macchine nelle nostre vite. L’introduzione delle macchine a energia meccanica ridusse la fatica fisica del lavoro umano.
La digitalizzazione è processo ben più radicale dell’industrializzazione. Le nuove applicazioni ci solleveranno da numerosi compiti cognitivi, espandendo le possibilità di calcolo ben oltre le capacità umane.
Ma la responsabilità dovrebbe restare sempre umana. L’unica certezza è che l’IA generativa sarà uno strumento utile se sapremo trovare il giusto equilibrio tra sfruttamento del suo potenziale, supporto all’innovazione e protezione dei diritti e della sicurezza degli individui coinvolti.
Perché l’intelligenza artificiale ci fa così paura?
Le risposte possono essere tante.
Perché pensiamo di perderne il controllo. Perché pensiamo si prenderà il nostro posto di lavoro.
Forse, ci spaventa il fatto che ci somigli e qualcuno ne possa approfittare.
Perché non capiamo bene come funziona e sembra non lo capisca del tutto nemmeno chi dovrebbe saperlo di mestiere.
Noi esseri umani come specie animale, per quanto indubbiamente quella più intelligente, siamo troppo stupidi naturalmente per gestire un qualcosa di così complesso.
Facciamo giá abbastanza fatica a gestire o esprimere la nostra intelligenza naturale, figurarsi quella artificiale! Ma in fondo, essendo un’intelligenza superiore speriamo che sappia trovare da sola il sistema per neutralizzare ogni iniziativa tendente a danneggiare l’umanità, altrimenti sarebbe solo una “SA” cioè una Stupidità Artificiale.
In verità il segno distintivo dell’IA è la sua capacità di imparare e agire da sola.
Noi possiamo dargli degli input, dei limiti, che il computer userà associandoli con tutti i dati che ha elaborato nel corso del tempo per fornirci un risultato.
Ma, in armonia con gli “ordini” ricevuti, in breve l’algoritmo troverà una sua strada autonoma per andare oltre il semplice contenuto suggerito. Ad esempio, perché nei social media gli algoritmi decidono di promuovere la rabbia piuttosto che la pietà? Perché hanno molto seguito gli Haters?
Yuval Harari, nel suo libro Nexus, sostiene che nell’era a.C. (avanti Covid), “il modello di business dei social si fondava sulla massimizzazione del coinvolgimento degli utenti, intendendo sia la quantità di tempo che gli utenti passano sulla piattaforma, che qualsiasi azione che compiono come mettere i like o condividere post con gli amici.
Ogni incremento del coinvolgimento degli utenti permette di raccogliere più dati, vendere più pubblicità e acquisire una quota maggiore del mercato dell’informazione: più tempo le persone trascorrono sulla piattaforma, più il prezzo delle azioni sale, più quella società si arricchisce. In linea con questo modello di business, i manager umani hanno fornito agli algoritmi dell’azienda un unico obiettivo prioritario: aumentare il coinvolgimento degli utenti.
Gli algoritmi hanno poi scoperto, sperimentando su milioni di utenti, che l’indignazione genera coinvolgimento. È più probabile che gli esseri umani si lascino coinvolgere da una teoria carica di odio che da un discorso compassionevole.
Così, per cercare di coinvolgere gli utenti, gli algoritmi hanno preso la fatidica decisione di diffondere l’indignazione”.
Il futuro dell’Intelligenza Artificiale.
In generale le scoperte o le invenzioni non sono mai oggettivamente negative, è l’uso che se ne fa che può essere terribilmente negativo.
Anche le pistole hanno lo stesso impatto nella nostra vita: se usate dalla polizia sono uno strumento del bene, se usate da un camorrista sono l’esatto contrario.
In prospettiva la preoccupazione è che mentre finora siamo noi a decidere se e come usarle (solo il presidente USA può autorizzare l’uso della bomba atomica), già oggi le macchine possono “prendere decisioni” per proprio conto o al nostro posto.
Il loro impiego però pone anche numerosi quesiti, etici e legali, sul piano della responsabilità, dell’affidabilità, del corretto e legittimo uso di dati o di informazioni per addestrare l’IA e giungere a nuove soluzioni tecniche.
Per regolamentare queste tematiche sono stati emanati importanti interventi legislativi, tra cui il recentissimo Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale n. 1689/2024, noto come AI Act. Una delle conseguenze è che molti uffici brevetti (es. Regno Unito, Australia e Stati Uniti) hanno stabilito che le invenzioni generate da sistemi di IA, progettati per generare autonomamente output creativi, non possono detenere il relativo brevetto ritenendo che l’inventore debba essere necessariamente una persona fisica e non una macchina.
Almeno fino a quando la macchina non troverà il modo di superare questo ostacolo o diventi umana.
Quello che dovremmo evitare è che l’intelligenza artificiale si trasformi progressivamente in intelligenza “aliena”, ovvero in un tipo di intelligenza completamente differente, che potrebbe mettere a riposo le nostre facoltà cognitive, e portare all’involuzione della specie, con buona pace di Charles Darwin.
A proposito, qualcuno ci spiega come mai il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale, istituito da Mario Draghi, è stato sostituito con un semplice Dipartimento per la trasformazione digitale?
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