Usiamo queste parole moltissime volte, ma siamo proprio sicuri di intendere la stessa cosa?
Le persone sono il frutto di due grandi fattori: l’ereditarietà e l’ambiente.
Siamo dunque differenti nelle condizioni di partenza e nel modo con cui affrontiamo la vita.
Tuttavia possiamo affermare che ciascuno di noi, in quanto essere umano, ha una propria dignità che ci rende tutti uguali nella libertà delle nostre scelte e nell’esercizio dei nostri diritti/doveri.
Non per niente, l’art. 3 della nostra Costituzione stabilisce che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità”.
Per secoli, il mondo è stato segnato dalle grandi individualità.
Poi, dopo secoli di oscurantismo, alcuni filosofi illuminati (Voltaire & Co) mostrarono ai popoli la possibilità di un mondo nuovo.
Siamo cresciuti tutti con il mito dei tre principi-valori ben impressi nella mente e nel cuore:
- Libertà,
- Fraternità
- Uguaglianza.
Saltando al secolo scorso, nel 1948, questi concetti furono ribaditi nella Dichiarazione universale dei diritti umani in cui si afferma che essi prescindono da sesso, etnia, cultura, religione.
Di più, E. Fromm, psicologo, psicoanalista, filosofo ed accademico tedesco, negli Anni 60/70, affermava che la società contemporanea predica l’uguaglianza, o se preferite il conformismo, perché ha bisogno di atomi umani simili tra loro, in cui tutti obbediscono agli stessi comandi, pur illudendosi di seguire i propri desideri.
Come la moderna produzione di massa richiede la standardizzazione dei prodotti (cos’è in fondo la moda unisex?), così il progresso civile esige la standardizzazione dell’essere umano (una teoria gender ante litteram?).
L’uguaglianza: un principio in crisi?
Oggi, dopo decenni di progresso scientifico, economico, sociale, dopo il miraggio di un mondo in cui tutti siamo uguali, ci stiamo accorgendo che la società di massa è una società fatta di individui.
Lo è sempre stata, ma solo ora ne stiamo prendendo atto.
Purtroppo il nostro “sistema” globalizzato riesce a “gestire” con difficoltà le diversità:
- dei diversamente abili,
- delle persone gender;
- perfino i diritti delle donne sono molto spesso trascurati.
In questa situazione, la mia realtà individuale, la mia condizione particolare, le mie esigenze non vengono più prese in considerazione.
L’individuo più dotato e quello meno capace si devono adeguare alla media, diversamente a quanto avviene in una cordata, in cui la velocità del gruppo è tarata sul più lento.
Così a scuola l’insegnamento è impartito allo studente “medio”; nella vita comune le norme non tengono conto se non marginalmente di chi ha necessità di maggiori attenzioni e sostegno.
Chi ha una malattia rara, che esce dalle logiche dei grandi numeri, ha difficoltà di cura.
L’esempio dei vaccini: vanno bene per il 99% della popolazione.
Cosa succede all’1% restante?
in particolare se quell’1% è mio figlio?
Il fatto è che spesso, in una società di massa, non ci sentiamo “tutelati”, valutati, valorizzati, difesi come individui.
E poiché ogni singolo individuo è differente e unico per caratteristiche, capacità, identità, potenzialità, fragilità, questa sfiducia nel sistema, è una contestazione all’approccio egualitario che abbiamo adottato da “sempre”.
Nasce così la diffidenza verso la scienza, che doveva regalare benessere e felicità a tutti in modo uguale, la sanità che doveva garantire la salute a tutti in modo uguale, la scuola che doveva preparare alla vita tutti in modo uguale, l’economia capitalistica che doveva offrire un lavoro a tutti in modo uguale.
La fuga di alcuni dai vaccini è dunque una fuga inconscia dalla società dell’uguaglianza: non si crede più alle verità di massa (complotti oscuri, interessi economici che calpestano gli individui, notizie rimaneggiate ad arte per tenere buona la massa).
Tutto questo a prescindere dall’efficacia innegabile dei vaccini.
Alberto Aiuto
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