“A volte la migliore musica è il silenzio, diciamo”.
Era il 1992 ed era con questa frase che si concludeva MISERERE, il sesto album in studio di Zucchero.
Ma qual è il ruolo del silenzio nella comunicazione e, quindi, nel teatro?
La cosiddetta “pausa teatrale” può assumere diversi connotati in funzione del contesto:
Il silenzio come rovescio del parlato, come sospensione tra una sentenza e un’altra, per enfatizzare una battuta o un ben preciso momento.
Il silenzio e la suspance. E ancora il silenzio come dubbio, come risposta, come arma minacciosa o ironica, o anche allusiva.
Il silenzio come strumento di offesa, ostentazione di un totale disinteresse.
Talvolta il silenzio può divenire una vera e propria ellissi della parola, uno stratagemma stilistico che rende un passaggio più affascinante e coinvolgente, poiché lascia compiere allo spettatore l’azione di completamento del testo, quell’uno più uno che porta lo spettatore al centro del palco.
La pausa, ovvero il silenzio tra gli atti di uno spettacolo.
Durante il periodo dell’Impero Romano, le rappresentazioni sceniche hanno visto per la prima volta la suddivisione degli spettacoli in atti, prevedendo una pausa tra l’uno e l’altro.
Nel teatro Greco l’intervallo non esisteva affatto e l’azione scenica proseguiva mediante l’impiego di cori, declamazioni e canti che concedevano attimi di riposo agli attori.
La pausa, poi, è il centro motore dei tempi comici a teatro.
Dalla sua lunghezza e dall’inserimento in un momento giusto dipende la riuscita o meno di un effetto comico.
La forza comunicativa del silenzio è potentissima ed il testo può essere visto come una sorta di cassa di risonanza, alludendo ad un lavoro interpretativo aperto a molteplici soluzioni.
Lo sanno bene i mimi e lo sapevano bene gli artisti del cinema muto che sfruttarono un impedimento tecnico, dati i pochi mezzi dell’epoca, in un espediente comunicativo forte come -e per certi versi anche più- della parola detta.
Ci sono, infine, casi in cui il silenzio è d’obbligo, sia nelle dimensioni del sacro che nella celebrazione di un mistero.
In fin dei conti, ecco un altro insegnamento che la ritualità del teatro ci dona: imparare non solo le regole del parlare, ma soprattutto quelle del tacere.
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