“Ogni giorno si ha notizia di un tale che uccide la propria moglie.
Le vittime sono tutte brave donne. Se ne potrebbe arguire che la bontà della moglie è un rimorso insopportabile, da eliminare fisicamente.
Così le mogli buone vengono uccise, le mogli cattive campano a lungo”. Questo scriveva Ennio Flaiano nel suo ”Diario notturno”, nel 1956.
Quello che è veramente triste è che la società italiana è rimasta ferma, nonostante tutte le conquiste sociali di cui andiamo orgogliosi.
Oggi piangiamo una ragazzina dal viso dolcissimo e dai sogni immensi. Decine di “esperti” si stanno esibendo sui media su come sia potuto avvenire.
A mio avviso sarebbe stato opportuno almeno un minuto di silenzio nei confronti di una povera ragazza ammazzata in quel modo.
I motivi per cui Giulia è stata uccisa, nell’ordine sono:
- la prevalenza del patriarcato (il vero mandante di stupri e uccisioni),
- il matriarcato (le mamme proteggono troppo i figli maschi: so’ ggiovani),
- tutti gli uomini (anche i padri di Giulia e Filippo, che invece stanno dimostrando un’enorme maturità nell’affrontare questa immane tragedia),
- ma anche la musica trap,
- i videogiochi,
- l’educazione scolastica,
- l’educazione famigliare,
- i social network e un po’ anche
- il pensiero gender fluid”.
In pratica, “tutti gli uomini devono fare mea culpa”, in quanto come tali peccano in pensieri, parole, opere ed omissioni, senza neanche avere la consolazione dell’assoluzione finale.
In ogni caso, il politicamente corretto ci racconta che le donne sono superiori all’uomo, in quanto tutte le rappresentanti del “gentil sesso” hanno 3B, ovvero sono contemporaneamente belle, brave e buone, mentre tutti gli uomini sono esseri brutti, sporchi e cattivi, dunque persone abiette da evitare come la peste (o il Covid).
Ricordiamo però che Anna Maria Bernardini de Pace, l’avvocata divorzista più famosa d’Italia, ha affermato:
“Oggi le donne che incontro sono prepotenti, arroganti e furbe”.
Inoltre, come viene mostrato nel film del momento (C’è ancora domani), pure in una società maschilista, non tutte le donne hanno un marito brutale, anzi la sua più cara amica vive d’amore e d’accordo con il marito (emblematica la scena in cui la coppia mangia un gelato).
Di più, il nostro è il Paese (patriarcale) dove le donne corrono meno rischi: perfino i paesi scandinavi (Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia), che consideriamo un modello per parità di genere, diritti civili, welfare, partecipazione delle donne alla vita politica e sociale, hanno tassi di femminicidi molto superiori al nostro.
Femminicidio. Tutte amazzoni?
Stando ad alcuni commenti femminili, il sogno inconfessato è rovesciare il nostro modello sociale, avendo come esempio le Amazzoni, il popolo di donne guerriere della mitologia greca, in cui i maschi erano duramente sottomessi e il comando della comunità era saldamente in mani femminili.
Basti pensare che per assicurare la sopravvivenza della propria società, si accoppiavano con i maschi di un popolo confinante solo a primavera: i maschietti venivano uccisi o mutilati per renderli inabili alle armi e asserviti come schiavi, le femminucce, invece, rimanevano con le madri ed educate, in particolare, alle tecniche di caccia e di guerra.
Più realisticamente è stata proposto di introdurre “l’ora di affettività” a scuola.
Una misura utile ma insufficiente che (forse) darà frutti solo a distanza di almeno una decina di anni. Ma cosa fare con i maggiorenni?
Femminicidio. Le soluzioni (proposte)
In realtà nella nostra società, la radice del problema è culturale. La società dei consumi preferisce l’avere all’essere; ci propone, anche nelle relazioni, l’usa e getta, che accettiamo nevroticamente.
Tutti i nostri ideali sembrano concentrati nell’acquisto insensato di oggetti e di cibo, scannandoci per avere tutto il superfluo possibile.
“Posso fare a meno di tutto, tranne che del superfluo”, diceva Oscar Wilde.
Tutto ciò che non è funzionale a questa visione viene considerato incompatibile col ciclo produzione-consumo, un’eccedenza, un ingombro da smaltire.
Nasce da questo il bullismo contro disabili, immigrati, vecchi (sempre più numerosi grazie alla longevità), bambini sgraditi, non desiderati, ritenuti tutti rami secchi e improduttivi.
Personalmente preferisco un mondo in cui si insegnino con opportune campagne di sensibilizzazione i valori dell’umanità contro tutte le violenze, facendo prevalere il rispetto reciproco dell’altro da me rispettandone l’individualità, specialmente in un momento storico in cui le differenze di genere si sono assottigliate.
Oggi non è più necessaria (solo) la forza fisica per andare in guerra, basta spingere un tasto del computer.
Se non si affronta questo problema basilare, qualunque legge che aumenti le pene (compreso il recente DDL per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica) sarà solo una grida manzoniana.
Le conquiste sociali delle donne sono relativamente giovani:
- l’abrogazione del delitto d’onore risale al 1981;
- il divorzio introdotto solo nel 1970;
- la pari responsabilità tra i coniugi e un maggior equilibrio a diritti e doveri tra genitori e figli nel 1975;
- la carriera militare è diventata possibile nel 1999; nel 1996, la violenza sessuale sulle donne si trasforma da reato contro la morale a reato contro la persona.
Più recente è la legge sullo stalking (2009) o il femminicidio (2013).
La strada per una vera emancipazione femminile è ancora lunga, anche perché la società si migliora con i comportamenti individuali; gli atteggiamenti degli esseri umani evolvono, ma è raro che cambino di colpo, dalla sera alla mattina.
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