La “Lista Zero”: Una storia vera.

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La “Lista Zero”

di Simone Buffa
Serata di pioggia, stasera. Una pioggerella di fine primavera.
Sembra che l’estate fatichi a decollare da queste parti, sulle rive del lago.

Siamo nella seconda metà di giugno al momento in cui scrivo, in quel periodo dell’anno in cui si svolgono gli esami finali di maturità in tutta Italia.

Certo, quest’anno in un contesto davvero insolito, poi, quello del covid-19.
E sia.

Comunque, ogni anno di questi tempi la mente torna sempre a quei giorni spensierati e a quell’esame che non dimenticherò mai.

Io ricordo bene il mio ultimo anno di liceo.

Ho frequentato il liceo Scientifico “Galileo Galilei” in quella Palermo degli anni ’90, città bella e maledetta.

Era il luglio del 2000 quando il mio ultimo giorno di scuola e da liceale terminò.

E pensare che, per poco, quell’anno rischiai di non essere nemmeno ammesso all’esame.

E tutto per colpa della “lista zero”.

Cos’è la lista zero?

Sorrido. Fuori la pioggia non accenna affatto a diminuire. Anzi.
Rovistando su youtube, sono inciampato su una bella compilation blues, “il meglio della Louisiana”. Pacchiano, ma l’idea mi stuzzica abbastanza da cliccare su play.

Dicevamo, la lista zero.
È una lista elettorale.

Era settembre, o forse ottobre, non ricordo. Era l’inizio dell’ultimo anno scolastico, comunque. E come ogni inizio d’anno, la scuola era letteralmente sommersa da propaganda elettorale.

Le votazioni dei rappresentanti d’istituto.

Ovunque c’erano volantini, manifesti e comizi tra le diverse liste che ambivano alla maggioranza dei voti.

Cosa facesse un rappresentante d’istituto non l’ho mai capito bene. Ma non importa.

E capitava così, durante una normale camminata verso il bagno o l’atrio per la ricreazione, di imbattersi in pareti interamente ricoperte di manifesti.

I manifesti avevano davvero invaso la scuola, quell’anno.

Erano tutti simili tra loro. Avevano tutti un formato abbastanza standard.

Nell’intestazione si leggevano numero e nome della lista stessa. Il nome della lista lo scelgono gli stessi candidati. Servivano nomi forti, di rilievo, che indicassero la direzione politica e ne incarnassero gli obiettivi.

Ecco perché i nomi delle liste più quotati solitamente erano:

  • I Simpson: Lista 1
  • Forza Palermo: Lista 2
  • Semplicemente noi: Lista 3
  • Dawson’s Creek: Lista 4

E così via.

I nomi. Beh, come dire, erano un po’ figli del loro tempo. Si attingeva dal quotidiano dell’epoca.

Dopo l’intestazione si entrava nel vivo con una serie di proposte di cambiamento per il bene della scuola. Ma non mancava qualche  “j’accuse” e indice puntato, che dà sempre un bel tocco ribelle al programma elettorale.

Infine i ringraziamenti.

La ruffianata top. Il capolavoro.

Una specie di captatio benevolentiae rivolto a quanta più gente possibile.

Ma occorreva avere un motivo per ringraziare chiunque per qualcosa. Credetemi, l’impresa era ardua ma non impossibile. Ci si ingegnava.

Gli ingredienti di un perfetto ringraziamento sono tre:

1) Qualcosa di onesto
“Per quella volta che mi ha passato la versione di latino”

2) Qualcosa che faccia ridere
“Per avermi pagato la benzina quando sono rimasto a secco. Cosa che non mi ha evitato di tornare comunque a casa a piedi, dato che nella vespa abbiamo messo diesel ”

3) Qualcosa di vagamente profondo
“Per aver reso il mondo un posto migliore”

L’opera letteraria che ne veniva fuori era un cumulo di frasi da diario, ma resi pubblici a molti.

Ragazzi, era il nostro social network. Per alcuni stare negli “special thanks” di questa o quella lista era un motivo di vanto.

Una pasquinata

Un bel giorno, nel pieno della campagna elettorale, sotto al fuoco incrociato da parte di diverse fazioni nemiche, mi viene un’idea.

E costringo uno dei miei compagni di classe a farsi complice di un delitto.

In un pomeriggio elaboriamo la “Lista zero”.

Una parodia, una burla, uno scherzo. Una pasquinata, come avremmo scoperto più avanti.

Forte sta musica della Louisiana, comunque. Un tocco southern, country. Ne verrà un articolo interessante.
La tengo in play ancora per un altro po’.
Si è aggiunto del vento, prima non c’era. Adesso piove in diagonale.

L’ho cercata nei meandri del mio pc, questa lista zero, ma non l’ho più trovata. Nessun file con quel nome. Chissà quanti backup fa è stata smarrita.

Ad ogni modo, le nostre proposte suonavano all’incirca così:

Ci batteremo per:

  • l’anticipo dell’inizio orario di lezione dalle ore 8.00 alle ore 6.00
  • la sostituzione di scale con delle pertiche
  • l’innalzamento del voto minimo per la sufficienza da sei a otto
  • le interrogazioni di latino in lingua
  • la genuflessione forzata in sala mensa al cospetto del Preside ogni mattina dalle 05.45 alle 06.00
  • l’incremento della regolare ora di lezione da 60 minuti a 90 minuti
  • l’abolizione della ricreazione e dei bidelli

E cose del genere.

Anche nei ringraziamenti ci siamo spesi bene.
Facevamo ringraziamenti anche a personaggi non esistenti:

“Grazie, Goku, per aver salvato la Terra ancora una volta”.

Il piano

Dalla stampante di casa esce finalmente quel foglio. L’indomani andiamo alla copisteria dietro la scuola, stampiamo altre 50 fotocopie ed entriamo ben prima delle 8.00. Armarti solo di un rotolo di scotch.

Ad una velocità pazzesca riusciamo a piazzare quei finti manifesti nei punti più strategici dell’istituto.

Entriamo in aula giusto in tempo, poco prima della campanella.

Alla prima ora c’è Geografia Astronomica. La prof quel giorno decide di andare avanti col programma e di spiegare.

Ma il suo proposito viene interrotto verso le 8.20 da una voce che risuona all’interfono di ciascuna classe.

Ragazzi, parla il preside

 

“Ragazzi, parla il preside. Questa mattina qualcuno spiritoso si è permesso di affiggere questa cosa, cos’è…ah, “Lista zero”, un roba vergognosa. Stiamo per chiamare la polizia, la Digos! Troveremo il responsabile. Lo faremo cacciare e gli faremo perdere l’anno. A meno che non si costituisca”.

In quel preciso istante tutta la classe si gira a guardarmi.

La prof è incredula. Mi alzo in piedi, reo confesso. Il mio compagno fa altrettanto.

E, come percorrendo il miglio verde, ci apprestiamo a percorrere il corridoio, ci dirigiamo verso le scale e infine verso l’ufficio del preside.

Intorno a noi si crea una specie di folla. Qualcuno, non si sa come, è riuscito a sbucare dalle aule e a gustarsi la scena del patibolo.

La porta dell’ufficio del preside è aperta. Lo ricordo come fosse adesso.

Ci presentiamo sull’uscio.

“Entrate e chiudete la porta”

Eseguiamo l’ordine. Il preside fa cenno di sederci. Severo. Muti, senza fiatare, seduti.

La tensione si taglia a fette.

Il preside ci scruta in volto per qualche secondo. Poi tira fuori dal taschino della giacca un foglio piegato. Mette gli occhiali, apre il foglio e inizia a leggere ad alta voce.

Era la nostra Lista Zero.

Fermiamoci un secondo.

Cosa stava succedendo? Dove mi trovavo? Saremmo stati sospesi? I pensieri andavano a mille, seduti su quella sedia che per me era elettrica.

In quel momento conobbi il terrore. Quella lista che in quel momento il preside teneva tra le mani, io avrei tanto voluto non averla scritta affatto.

Eppure, quello che sembrava la fine di qualcosa, divenne l’inizio di qualcos’altro di totalmente inatteso.

Lui, il preside, leggeva. Leggeva e avreste dovuto vederlo come si divertiva. Ci ho messo un secondo in più per realizzarlo, per capire che si stava divertendo davvero, non bluffava.

Faceva così: si fermava per ridere, poi riprendeva.
Ogni tanto aggiungeva:
“Ma questa come vi è venuta? No, questa invece è fortissima, sentite qui…”

Poi succede una cosa.

Noi due imputati, per un attimo, ci guardiamo come smarriti. Pensiamo di non aver capito.

Poi il preside aggiunge:

“Però, dai, ragazzi! Dai! Mi siete caduti su una cosa banalissima, una stupidaggine. Qui, proprio qui, vedete? Avete chiamato la scuola ‘putrida fogna‘ ”

In effetti la frase incriminata era più qualcosa del tipo:

“…vota Lista Zero se vuoi trasformare questa putrida fogna di scuola in un luogo ameno che invidieranno anche a Riverdale.”

È vero, è stato un autogol. Ma non avevamo l’intento di offendere. Ci stuzzicava solo l’idea di suscitare qualche risata. E chissà, magari qualcuno avrebbe anche creduto fossimo una lista vera, non una parodia, una burla, uno scherzo.

Ma è vero, con quella stupida frase l’avevamo fatta grossa. L’abbiamo scritto con leggerezza, tutto qui. Una leggerezza che però poteva costarci cara.

Poi d’improvviso si fa subito serio

“Voi capite che io non posso permettere che la scuola venga chiama putrida fogna”, dice il Preside con voce bassa, inscurendosi in volto quasi istantaneamente.

Ci guarda. Rimane in silenzio per un pochi secondi, a me sembrati un’eternità.

Poi tuona:

“Facciamo così: avete venti minuti per fare sparire le copie che avete messo in giro. Fatelo e per stavolta non farò nulla”

Il volto si rilassa, adesso. Poi, con tono che non scorderò mai, aggiunge: “In fondo, è stata una pasquinata”.

Lo dice quasi con aria paterna.

Rimette la sua copia della Lista Zero nel taschino ed usciamo dalla presidenza.

Cinque minuti da rock star

Era la prima volta che sentivo quella parola, “pasquinata”.

Sulle scale e nei corridoi, ovunque c’erano studenti di ogni classe, curiosi che volevano sapere come fosse finita. Quando ci hanno visto arrivare hanno tuonato un fragoroso applauso da stadio.

È tutto vero, giuro. I miei 5 minuti da rock star.

Rock star un corno. Il blues della Louisiana è una bestia che ti strazia, bello.
E ormai, per stasera, mi sorbirò tutt’e due le ore di Louisiana Blues.
Così ho deciso.
Che poi ci sta anche bene in serate piovose e ventose come quella di stasera.
Che fine ha fatto intanto l’estate? Ricordi ormai lontani, attesa eterna.

Epilogo
  • quando ci precipitammo a staccare le nostre 50 copie della lista zero sparse in giro per scuola, scoprimmo che erano già state prese quasi tutte da altri
  • il giorno dopo, la prof di lettere tornava dal suo giorno libero e mi chiese in privato, con fare discreto, quasi losco, se avessi per caso una copia della Lista Zero in più da darle. O se almeno potessi stampargliene una da casa. Così feci.
  • Ci fu effettivamente un caso di un ragazzo convinto che noi facessimo sul serio. Ci disse che non ci avrebbe votato perché per lui è dura entrare a scuola prima delle otto. E nemmeno l’idea della sufficienza portata da sei ad otto lo allettava granché.
  • L’eco della Lista Zero arrivò dalla scuola vicina, il Liceo Classico “Meli”, dove si vociferava stessero preparando la Lista -1
  • Chi era il Preside della mia scuola? Antonio Giordano. Per noi alunni era certamente una figura temuta. Ma devo dire, sinceramente molto rispettata. Sapevamo tutti fosse un grande amante del teatro. Aveva trasformato l’aula magna della scuola in un teatro. Aveva istituito un corso di teatro a scuola nelle ore pomeridiane e da quel gruppo di alunni emerse il talento di un giovane Francesco Scianna.
  • Pochi giorni fa l’ho visto recitare, il Preside Giordano, ne “Il Giovane Montalbano”. E mi è tornato in mente lui, la Lista Zero e tutto quanto. Ora che ci penso l’avevo già stanato in “Il 7 e l’8” di Ficarra e Picone.Mi incuriosisco. Cerco un po’ nel web:https://www.messinaweb.eu/rubriche/item/2888-antonino-giordano.htmlLa Silvio D’Amico, il conservatorio, il teatro, la tv, la scrittura drammaturgica, le docenze.Caspita, sono impressionato. Posso dire di non aver mai conosciuto davvero il mio Preside.

    E ripenso ancora una volta alla storia della Lista Zero. E al modo in cui il Preside, Antonio Giordano ci accolse, cogliendoci in contropiede. Divertito, ma in dovere di riportarci all’ordine.

    Ma a questo punto nulla mi toglie dalla testa che ciò che quel giorno ci scagionò fu che in tutta quella vicenda da commedia, il Preside ne intravide l’aspetto più squisitamente grottesco, farsesco, tragicomico e -perché no- teatrale.

    La playlist del blues della Louisiana è finita. Mi è piaciuta. Certo, un po’ tutti simili tra loro, i pezzi, ma in fin dei conti godibili.

    Volete sentirla? Eccovela:
    https://www.youtube.com/watch?v=BuJTn1RQ2us

    Qui intanto ha smesso di piovere.

Simone Buffa

Tempo di lettura: 2’00”

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