La Rai i mondiali e il futuro della tv pubblica italiana

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La Rai i mondiali e il futuro della tv pubblica italiana

I mondiali di calcio Russia 2018 sono finiti con vittoria della Francia sulla Croazia.

Un grande spettacolo tanto che la finale è stata vista da ben 11 milioni di persone solo in Italia.

Bene ha fatto Mediaset ad acquistare i diritti e male la Rai a rinunciare a priori a trasmettere un evento che ha riunito migliaia di appassionati nonostante l’assenza dell’Italia.

Il fatto, al di là dell’evento sportivo, lascia aperte alcune considerazioni sulla Rai e sul senso del servizio pubblico radiotelevisivo.

Tra l’altro il nuovo Governo Conte, Di Maio, Salvini, metterà presto mano sull’assetto della azienda tv di Stato.

Potrebbe essere una grande occasione, quella di vedere dopo tanti anni una mutazione vera di quella che oggi, con i nuovi mercati dei media, potrebbe divenire realmente una grande ed innovativa fabbrica di intrattenimento e di cultura capace di dare valore anche in questo campo al nostro Paese.

Per decenni la Rai ha rappresentato un fortino da occupare, un bene da spartire tra i vari partiti politici.

Questa spartizione è sempre avvenuta sotto gli occhi di tutti, tanto da creare tre reti RAI:
  • La prima, Rai 1, di ispirazione democristiana,
  • Rai 2 socialista e
  • Infine Rai 3 legata al PCI.

Queste spartizioni sono più o meno continuate fino ad oggi nonostante alcune realtà politiche e ideologiche siano profondamente mutate.

L’appoggio di sponsor per l’affidamento di programmi e direzione di testate è  stato regolarmente esercitato e attuato come se fosse cosa  normale e accettata.

La nascita delle tv commerciali ha aperto la tv di Stato italiana al mercato ma non ha cambiato nulla nella prassi delle lottizzazioni politiche per l’affidamento di ruoli e incarichi.

L’influenza politica in certi momenti è stata così forte da determinare veri ostracismi contro professionisti che si erano resi invisi a una o all’altra parte determinando dei veri e propri esili al confino mediatico.

Nel 2018 però qualcosa potrebbe cambiare.

Il nuovo governo dovendo per legge intervenire sulla Rai potrebbe avere l’occasione unica di cambiare un atteggiamento esercitato per anni con la sola logica dell’occupazione partitica.

Fare televisione  pubblica oggi significa lavorare sui valori  culturali di un Paese, in questo caso l’Italia che è un patrimonio culturale vivente.

Le professionalità, la creatività, la storia e le storie ci sono tutte insieme a tanti giovani capaci e creativi in grado di raccontare anche a livello internazionale il passato, il presente  e il futuro di questa nostra grande nazione con i suoi valori, le sue specificità, le sue sfide.

La BBC inglese è obbligata per legge ad affidare il 33% delle sue produzioni tv a società indipendenti e questo ha creato un patrimonio di produzioni che oggi vengono vendute in tutto il mondo del mercato dei media.

Molte arrivano anche sulla Rai che acquista fiction, documentari, telefilm all’estero invece di produrle in Italia.

Capita spesso di vedere programmi sulla nostra storia, arte, archeologia, food, design, moda, prodotti fuori dell’Italia..

Questo trend potrebbe cambiare creando lavoro e ricchezza economica e culturale se si desse spazio al merito anziché agli amici degli amici.

Le prime uscite sui giornali tirano in ballo Fazio e Bruno Vespa ma sarebbe un grave errore pensare che il problema sia tutto in un paio di programmi.

La Rai va trasformata insieme al suo indotto.

Solo  così potrà competere con grandi realtà internazionali, solo così potrà assolvere al suo ruolo di grande operatore culturale del servizio pubblico radiotelevisivo nazionale.

Claudio Razeto

Tempo di lettura: 1’30’’

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