Le sviste dei politici e gli svarioni sul web

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di Claudio Razeto

Le sviste dei politici:

Saremo ricordati per quello che abbiamo fatto, non per i nostri errori”, Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook

“I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli”, Roberto Baggio, calciatore 

“Il giorno del giudizio chissà quanti morti si daranno malati”, Roberto Gervaso, scrittore

Nei giorni scorsi molti si sono indignati, per le “gaffe” geografiche, di alcuni esponenti politici.

Si sono scambiati i libici, per i libanesi, esprimendo agli abitanti della Libia anziché del già martoriato Libano, solidarietà e vicinanza.

In particolare lo svarione è stato fatto da un esponente dei 5Stelle, la Senatrice Elisa Pirro, e, cosa più grave, dal Sottosegretario agli Esteri del Pd, Manlio Di Stefano.

Lui ha twittato, sul suo account social:  “Con tutto il cuore mando un abbraccio ai nostri amici libici”.

La Pirro ha scritto: “Le immagini dell’esplosione avvenuta a Beirut sono sconvolgenti.

Esprimo la mia vicinanza al popolo libico e cordoglio per le vittime”.

La levata di candidi manti indignati, è stata generale.

Dal sorridere al ridere.

Non è la prima volta per i “grillini”.

Luigi Di Maio, in particolare, ne ha dette in passato un pò di tutte: da Matera in Puglia, al Presidente cinese Ping (e il fratello Pong :-))alla Russia paese affacciato sul Mediterraneo (ma questa può passare vista ormai la conclamata presenza in Siria di Putin), a Pinochet dittatore del Venezuela anziché del povero Cile.

Anche stavolta i giornali, specie di opposizione, non hanno perso l’occasione per dileggiare i colpevoli di cotanto errore che a scuola, vecchi tempi, sarebbe costato una sonora insufficienza e le risatine di tutta la classe.

Di Stefano ha persino rivendicato un balzo nel gradimento web grazie all’errore.

Ma sembra non sia bastato a ri-bilanciare le critiche.

https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2020/08/05/stefano-libici-posto-libanesi-oggi-sono-popolare_L4at53SmNQuwTAwIcHC9NO.html

Tornassero a scuola c’è da chiedersi quanti dei denigratori, reggerebbero ad una sana interrogazione in geografia o peggio in storia.

Come ci mostrano ogni tanto le Iene in tv, con indagini a campione. Tra i politici ma ahimè anche tra i nostri dotti giornalisti.

Della platea a casa, neanche parlo perché visti gli svarioni grammaticali nei post, immagino cosa potrebbe uscire da quelle bocche o da quei mouse, in altre ben più complesse materie.

La storia, la geografia sono come la matematica con i numeri. Non si scampa all’errore.

Il web d’altronde è la casa di tanti ignoranti cronici, laureati alla scuola della vita.

Troppo duro? Ecco cosa succede e fare come si suol dire, d’ogni erba un fascio.
A sparare nel mucchio, come si è soliti fare.

Tutti possono sbagliare.

Pare che il mafioso Joe Valachi abbia ammesso, una volta: “Puoi immaginare l’imbarazzo quando ho ucciso l’uomo sbagliato”

Solitamente sui propri sbagli si diventa reticenti, più accomodanti.

Giudicare gli altri, mai se stessi, da una parola o da un errore, è facile. Troppo.

Ognuno di noi ha uno specchio a casa, non vero, ma di pongo. 

Sì di pongo, la plastilina colorata. Che riflette solo quello che vogliamo. I nostri pregi. Mai gli errori.

Assistiamo a tante sviste culturali. Sempre di più.

Non solo in politica.

Forse è la scuola, sempre meno ancorata alla cultura e sempre più ai quiz.
In tv se usassero il rigore del vecchio Rischiatutto di Mike, da Jerry Calà o da Amadeus, i quiz show, dovrebbero chiudere per mancanza di concorrenti.

Però chi fa, falla…dicevano gli antichi, e chi scrive può sbagliare.

Una volta pubblicai un libro sulla Grande guerra.
Un buon libro, onestamente. Ottimamente illustrato e redatto (non l’ho detto io ma le recensioni).

Però c’era un errore. Uno sbaglio. Una svista. Tra 200 e passa pagine di storie, episodi sconosciuti, foto inedite, un unico errore.

Nella didascalia di una foto il testo, se ricordo bene, “alpini guerra in montagna a 4.000 – quattromila ! – metri”.

Uno sbaglio sfuggito al controllo mio, del mio coautore, dell’editor della casa editrice.

Non ci sono montagne alte 4.000 nell’arco alpino!

Un gruppo di “storici” sul web, categoria – con gli scrittori, gli artisti e gli aspiranti giornalisti, tra le più feroci e intransigenti dei social – voleva crocifiggere il libro, ma soprattutto i “raccomandatissimi” autori (da chi non saprei ma la teoria del complotto è sempre dietro l’angolo) ai chiodi dell’ignoranza e dell’incompetenza.

Per un numero, anzi una quota altimetrica, sbagliata. Mi sembra eccessivo.

Ma ci sta. Avremmo dovuto controllare.

Spero il resto del libro, sia valsa la spesa.

Non avendo percepito alcunché dall’editore e lavorato gratis (purtroppo succede in Italia) penso che siamo pari.

Ai lettori – per fortuna qualche migliaio, bontà loro – posso chiedere pubblicamente scusa.

Ai detrattori social, dire che farsi raccomandare, per lavorare gratis non è un buon viatico. E che va evitato.

Ma consiglio sempre chi scrive, di controllare.

I libri gratis o no, vanno fatti bene.

Le montagne mi fregano sempre. Anni prima avevo scritto su un giornale locale, le prodezze di due amici free climbers, arrampicatori, e descrivendo le pareti avevo chiosato, “le rocce granitiche delle Dolomiti”.

Giustamente un lettore-geologo mi aveva duramente rampognato. Le Dolomiti non sono di granito, per definizione.

Avrei fatto meglio a scrivere massiccie.

Chi scrive e comunica, specie se tanto, può sbagliare.

Per questo la comunicazione pubblica o pubblicata, non andrebbe mai fatta di getto ma controllata. Sempre!

Sul web c’è un’informazione, fatta di gruppi social, specie su Facebook, di incredibile competenza specifica. Se scrivi, sul gruppo Aerei da guerra, che il caccia Reggiane o lo Spitfire erano bimotori, i membri più intransigenti possono anche venirti a cercare a casa.

Per picchiarti. Rob’ da matt, direbbe mia nonna in cremonese.

Un pò come fare l’Amatriciana con la pancetta a un reality di cucina. Ti giustiziano mediaticamente sul set.

Tornando al “casus” dei nostri politici, consiglierei più indulgenza al popolo lapidatore, forcaiolo e gogna-mediatico.

Ognuno guardi anche la sua di cultura prima di massacrare gli altri.

Hanno sbagliato nazionalità ma sarebbe il caso, visto il lavoro che fanno, di giudicarli su quello che faranno in quell’ambito, se proseguiranno nella carriera politica.

Un tweet “a cappella” capita a tutti, persino al Presidente Trump.

A volte un pò troppi.

Tanto che i social stessi vogliono limitarli.

https://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/internet_social/2020/08/07/twitter-etichetta-media-di-stato-avranno-meno-visibilita_90a3dad1-a389-4bc9-b81d-61bb8f8b0dbc.html

Restiamo in Italia dove ancora sui social si va a ruota libera.

Io consiglierei, ai due “rei”, da comunicatore, che sbaglia come tutti, di metterci un pò del proprio in queste esternazioni. Renderle più vive. Calde. Vere.

Non sono mai stato in Libano, a Beirut.

Me l’ha raccontata mio padre, città bellissima prima della terribile guerra civile.

Me ne hanno parlato amici ex militari, che ci hanno prestato servizio durante il conflitto. Esercito, paracadutisti, un elicotterista della Marina.

La narrano in macerie e distrutta, come oggi nell’area della terribile esplosione.

Il muro che la divideva in due. La strage di Sabra e Shatila nel 1982. La battaglia e il massacro di Tal el Zaatar, nel 1976, tra palestinesi e siriani. Le fazioni. I cristiano maroniti, gli sciiti, le milizie.

I tank di Damasco, Tel Aviv e poi le forze multinazionali e ancora oggi al confine, dell’Onu con i contingenti italiani.

Una storia affascinante e terribile che abbiamo visto in tv, letto sui giornali, a volte a scuola. Tanto le notizie erano eclatanti e dolorose.

Oggi in ottime serie e film su Amazon e Netflix.

Conosco un medico ginecologo libanese, a Roma.

Un grande professionista di rara umanità.

Nei suoi occhi vedi sempre un po’ di malcelata e rassegnata tristezza per la sua terra.
Questo conosco del Libano.

Nel mio tweet, lo avrei messo magari accorciando un pò.

Se si facesse una piccola ricerca e si evitassero le solite formule trite, ormai fatte proprie anche da Crozza, tipo “è con viva e vibrante soddisfazione“, forse si eviterebbero anche gli svarioni.

Strumenti di controllo ? 

  • il web sicuramente 
  • offline un’ enciclopedia (che darei in dotazione ad ogni politico per par condicio)
  • le care fantastiche Garzantine 
  • una bella libreria a tema per i più studiosi

Mettendoci del proprio. Se si deve.
Non capita a tutti di fare il Sottosegretario agli esteri o la Senatrice.

E loro, in finale, ci rappresentano come italiani.Se non sanno le cose, gli tocca, almeno le studiassero.

Altrimenti si può evitare il tweet, fatto tanto per inseguire il branco.

Per Manlio Di Stefano, Pd, sottosegretario agli esteri, forse era doveroso, vista la prestigiosa carica alla Farnesina.

Ma è doveroso approfondire. Anche con i nutriti staff di collaboratori.
Elisa Pirro, senatrice dei 5Stelle, poteva anche evitare, risparmiandosi la gaffe.
Ma se proprio si deve fare, il post o il tweet, ci vorrebbe, almeno qualcuno che li controlla, questi benedetti messaggini, prima di pubblicarli.
Magari in piena notte.
Con successivo pentimento. Capita anche ai più grandi.
Non credo che i Libici si offenderebbero.

E tantomeno i Libanesi che magari vorrebbero sapere cosa è successo, a Beirut, e perché.
E poi oggi c’è internet. Un controllo su Wikipedia o Treccanionline si può sempre fare. Anzi lo consiglio a tutti, insieme al correttore grammaticale.
Se volete evitare figuracce.

Tipo la solidarietà “Hal popolo” di tanti webeti.

Onde evitare di scrivere, come faceva – lui volutamente- il fantastico Forattini, nelle sue vignette su Repubblica, “GIULLEMANI dal valoroso popolo LIBBANESE” o “LIBBICO” che dir si voglia.

Claudio Razeto

Tempo di lettura: 3’00”

Foto tratta da: https://www.google.com/imgres?imgurl=http://bp3.blogger.com/_1JRMhZysoeA/RwDYAX9EZlI/AAAAAAAAAbs/3XI0xDTdY8M/s400/Birmania.JPG&imgrefurl=https://mefisto2.blogspot.com/2007/09/?m%3D0&tbnid=k4MvdatJ68b9eM&vet=1&docid=ZX4CHihLLBZiPM&w=400&h=310&itg=1&q=vignetta+forattini+giu+le+mani+popolo+libico&source=sh/x/im