Venezia sott’acqua…. “Dal cuore dell’umanità un messaggio per tutti”, Amitav Gosh scrittore e antropologo impegnato sul fronte del cambiamento climatico, interviene su Venezia
Nel 2021 entro dicembre è prevista conclusione e entrata in servizio del Mose, la diga ideata per salvare Venezia.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/MOSE
Una scelta tecnologica vecchia di 40 anni, giusto il tempo di:
- affidare incarichi milionari,
- dare appalti,
- pagare mazzette,
- aprire inchieste,
- spendere soldi in buonuscite a sei zeri, a norma di legge.
Ma non a fermare l’acqua alta che in questi giorni, complice anche il clima ormai impazzito, ha martirizzato la capitale dell’antica Serenissima.
Venezia sott’acqua – Il Mose.
Si parlava di consegna già ai tempi di De Michelis, prima Repubblica.
Anni 90. I lavori sono iniziati nel 2003. Più di 3 lustri fa.
Un’opera monumentale unica – meno male potremmo dire a questo punto – al mondo.
Tipo gli stralli del viadotto Polcevera, il ponte Morandi.
Frutto di un ingegneria avanzata e futuristica.
Almeno ai tempi in cui vennero ideati.
Uno serviva a far passare l’autostrada sopra Genova.
L’altro, il Mose, a salvare Venezia dalle inondazioni.
Quelle che per ragioni varie colpiscono regolarmente il nostro Paese.
https://www.focus.it/ambiente/ecologia/uomini-e-fiumi
Opere pubbliche costose e importanti annunciate come risolutive.
Tanto per fare pari, col ponte sullo stretto di Messina, costato milioni ma mai realizzato.
Per fortuna si potrebbe dire a questo punto.
Ma cos’ha questo Paese? Perché quello che all’estero si realizza in settimane, mesi, al massimo anni, si dilunga per 40 anni?
Con extra budget, se non palesi ruberie, stile governatore Galan.
Eppure lo sapevano tutti che a Venezia c’era l’acqua alta.
Da secoli.
Si sapeva che la marea non era solo un’attrazione turistica di galosce e stivaloni.
E che l’acqua, soprattutto di mare, corrode e distrugge.
Una città in cui si vogliono far attraccare mega navi da crociera direttamente in piazza San Marco, con la sua storia di secoli, non è una Disneyland prefabbricata.
Che andrebbe trattata con la massima cura e rispetto.
E non solo come una mucca turistica da mungere finché dura.
Mentre si studia lo sbarco sulla Luna e su Marte, in questo 2019 che dove a essere un anno bellissimo, a Venezia sott’acqua come a Roma capitale, allagata insieme a tante altre città e località italiane, crollano gli alberi, si aprono le voragini.
Se Venezia sott’acqua è il macro problema, Roma non è il micro.
Eppure si somma al resto.
E non basta.
A Genova, tra esondazioni e viadotti autostradali crollati, al sud allagato (persino Sarno che fu trascinata via dal fango anni fa e ancora a rischio) e poi il Po, tracimazioni, inquinamento ambientale come a Taranto, il mare che avanza, in un’atmosfera da Apocalisse idrogeologica. Annunciata ma mai risolta.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Alluvioni_e_inondazioni_in_Italia
Anche quando, come ogni stagione, semplicemente piove.
E arrivano i Vigili del fuoco, magari per saltare in aria per colpa di un criminale idiota che voleva incassare l’assicurazione.
Città che affondano in una ormai ordinaria mala gestione.
Come a Roma dove a volte basterebbe svuotare e pulire i “chiusini” dalle foglie.
Evitare di buttare spazzatura e frigoriferi usati nei canali di scolo.
Fare manutenzione.
Al tempo degli antichi romani c’erano magistrature, simili alle nostre, a sovrintendere:
- lo stato delle strade,
- i fossi,
- i canali,
- i ponti,
- gli acquedotti,
- i viadotti,
- persino le fogne.
E alcuni di quelle infrastrutture funzionano ancora oggi.
Anche i romani avevano i loro problemi, senza dubbio, ma parliamo di una civiltà antica di secoli.
I funzionari romani non lo facevano gratis.
Erano cariche importanti, spesso elettive.
Ma chi sbagliava pagava.
Non se ne andava all’estero in attesa di processi infiniti.
Con i soldi in saccoccia.
Oggi passati secoli e millenni, stiamo messi peggio nonostante esistano tecnologie capaci di fare cose incredibili come vediamo in Olanda (da sempre protetta da dighe), in Giappone (paese di terremoti e tsunami).
Realizziamo le metropolitane all’estero, con tecnologia italiana, e poi la Metro C a Roma è paralizzata, le talpe bloccate.
Una città dove allargare una strada è come affrontare la fisica quantistica.
Tappare le buche per sull’asfalto, una mission impossible per la gioia di meccanici e fornitori di ammortizzatori e gomme da cambiare.
Vogliamo far arrivare in Italia, turisti in massa, per rialzare l’anemico PIL
Accoglierli tra gabbiani famelici, topi in gita, cinghiali e metropolitane che crollano o si allagano, quando non per usura e cattiva manutenzione, addirittura per sabotaggio.
Ma che Italia è? Senza vergogna, né decoro.
Con i politici che a rotazione si scambiano accuse, da quando cerano gli altri, all’Europa che “ci affama” impedendoci di fare debiti che invece di riformare il Paese, servono a mantenere questa elefantiaca organizzazione statale.
Tanto grande e costosa, quanto, troppo spesso inutile e dannosa.
Senza investimenti in ricerca, eccellenze, ricostruzione. Senza una visione del futuro.
Uno dei Paesi suo malgrado più belli del mondo.
Ma che vive un’eterna emergenza:
- Idrogeologica,
- sismica,
- economica,
- culturale,
- morale,
- criminale,
- abitativa,
- sanitaria,
- scolastica,
- educativa,
- giovanile
e chi più ne ha più ne metta…
La fuga dei cervelli che sono belli che scappati.
Senza acciaio, energia, know how da usare da noi e non all’estero.
Dove giovani italiani fanno cose incredibili e…miracolo…pagati e non ostacolati da baronie clientelari e nepotistiche.
Un Paese dove certe lacune iniziano a farsi sentire.
La mancanza di medici, di tecnici specializzati per le nuove irrinunciabili tecnologie, di aziende nazionali, strategiche, che non vengano mandate in malora dalla “gestione politica”.
L’Ilva come Alitalia, le Ferrovie locali, come le grandi infrastrutture.
Quando non infiltrate da efficientissime organizzazioni criminali.
E poi l’Italia che c’è, quella che resiste, che fa il suo dovere, diventa esempio e modello pur senza volerlo.
Che invece di andare in tv per un gioco a premi rinuncia e torna a insegnare a scuola.
L’Italia stufa di scuse e di tentativi di distrazione di massa da parte di politici addestrati a ripetere i soliti mantra. Un marketing partitico, spesso inaccettabile per quanto suona finto, che paghiamo noi.
Show tv che abbassano il livello intellettivo, fatto di culi e gossip, di balle e fake.
Un’Italia che ne ha piene le scatole di quest’altra italia che ci insabbia, ci sfrutta, ci umilia, ci danneggia.
E ci presenta regolarmente il conto. In tasse, palesi e occulte, accise, gabelle, ticket sanitari.
Quelle tasse che tanti non pagano perché evadono allegramente, magari chiedendo pure pensioni sociali e reddito di cittadinanza, asili gratis e agevolazioni.
Col fisco che però porta via la casa a fente che ha lavorato una vita colpevole di non poter pagare più il conto.
Ma che Italia è?
Persino dagli scranni delle massime istituzioni dove non si è sicuri più di nulla.
Dove la bella faccia di un, o una politica, passa dalle cronache politiche alla giudiziaria, con arresti domiciliari e ricerca del maltolto.
Una classe dirigente che non fa sempre bella figura. Come a Venezia.
E usa il nome del nostro Paese per farsi bella a spese di chi sopporta e tira avanti la carretta. Dai cittadini onesti ai pubblici amministratori capaci e senza mezzi.
C’è un’Italia stanca.
Un’Italia che inizia a dire basta e fa paura ogni volta che va a votare perché sempre meno disponibile a dare una seconda possibilità.
Per fortuna un po’ di quell’Italia c’è ancora.
Finché saremo in democrazia potrà dire la sua. Almeno speriamo.
Per salvare il salvabile. Finché siamo in tempo.
E magari evitare che Venezia allagata e in piena emergenza diventi il nostro simbolo di degrado.
Una meraviglia dell’umanità affidata alle persone sbagliate, per incompetenza se non per disonestà.
Se non ci riuscirà la magistratura forse il processo a questa banda di cialtroni, lo farà un consesso internazionale. Per crimini contro il patrimonio universale.
Magari un giudizio celebrato, senza vie di fuga, proprio dall’Europa, pronta a misurare la lunghezza delle lenticchie e purtroppo silente davanti a tanto sfascio.
Perché così non va. E l’emergenza inesorabile, continua, sale, come l’acqua alta a Venezia metafora di un paese che lentamente, se non si sveglia davvero, rischia di affondare sul serio.
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Foto tratta da: https://www.ilmessaggero.it/italia/meteo_venezia_scuole_chiuse_acqua_alta_allerta-4862651.html