Parliamo di Alzheimer, il “ladro di ricordi”.
L’Alzheimer è una malattia subdola. Ecco le cause, come si manifesta e come si effettua la diagnosi.
Il morbo di Alzheimer è il più frequente tipo di demenza senile. Si tratta di una malattia cronico degenerativa della corteccia cerebrale. Colpisce il 5% delle persone con più di 60 anni; tuttavia, l’esordio è possibile anche in un’età compresa tra i 40 e i 50 anni.
Sulla malattia di Alzheimer, descritta per la prima volta nel 1906, si sa poco sia sulle cause sia sulle cure. Prende il nome dallo psichiatra e neuropatologo tedesco che per primo riscontrò in una donna di 51 anni diversi sintomi, fra cui la perdita di memoria a breve termine.
L’Alzheimer colpisce la memoria
Oscar Wilde scrisse che la memoria è il diario che ognuno di noi porta sempre con sé. Può però capitare che qualche volta si perda. All’inizio scompare l’ingrediente di una ricetta. Poi una strada della città in cui si vive. Poi, un episodio della vita. Alla fine, sono i ricordi, le persone care, i movimenti più semplici come quello di scrivere o mangiare.
Questa perdita della memoria è spesso causata dalla malattia di Alzheimer. Infatti, questa malattia si presenta gradualmente, con vuoti di memoria, per poi evolvere verso una condizione più grave in cui il soggetto mostra enormi deficit cognitivi e comportamentali e, talvolta, perde la sua autosufficienza. La diagnosi di Alzheimer è difficile perché i sintomi si confondono con quelli tipici di altre forme di demenza.
Alzheimer, i sintomi
I sintomi tipici dell’Alzheimer si presentano gradualmente e comprendono:
- perdita di memoria: è il primo campanello dall’allarme; colpisce soprattutto la memoria a breve termine, per cui il malato può avere difficoltà a immagazzinare nuove informazioni ma invece essere in grado di ricordare episodi successi molti anni prima;
- disorientamento spazio-temporale, che può portare la persona colpita a perdersi anche in luoghi conosciuti;
- alterazioni dell’umore e della personalità;
- agnosia, ossia difficoltà a riconoscere persone e oggetti;
- aprassia, ossia incapacità di movimento e coordinazione;
- afasia, ovvero perdita delle capacità linguistiche;
- difficoltà di comunicazione;
- comportamenti aggressivi.
L’evoluzione del morbo attraversa vari stadi e varia da persona a persona. Una volta diagnostica generalmente è in uno stadio avanzato, da quel punto mediamente il malato ha un’aspettativa di vita di circa 8-10 anni.
Alzheimer, le cause
La malattia di Alzheimer non è normalmente ereditaria. Avere nella propria famiglia alcuni malati di Alzheimer non significa, quindi, essere destinati ad ammalarsi. Per la maggior parte dei casi la causa di Alzheimer è ancora sconosciuta, anche se esistono diverse ipotesi che cercano di spiegare l’insorgere della malattia.
Secondo diversi studi, la malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita alla proteina beta-amiloide. La malattia è accompagnata da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello (una sorta di neurotrasmettitore). Ciò impedisce ai neuroni di trasmettere gli impulsi nervosi e porta alla morte dei neuroni stessi. Una spirale che causa un’atrofia progressiva del cervello.
Alzheimer, la diagnosi
Non esiste un test specifico per determinare se una persona è affetta dal morbo di Alzheimer. Il medico arriva alla diagnosi per esclusione, basandosi su esami clinici (analisi del sangue, delle urine o del liquido spinale), neurologici, somministrazione di test cognitivi per valutare memoria e grado di attenzione. Può essere utile una TAC cerebrale. L’insieme di questi dati permette al medico di escludere altre patologie e di indirizzarsi verso la diagnosi di morbo di Alzheimer.
Le terapie anti-Alzheimer
Gli accumuli della proteina beta-amiloide soffocano e distruggono i neuroni cerebrali (presenti nell’ippocampo e nell’amigdala), importanti per la memoria.
Partendo da questo presupposto è stato sviluppato un anticorpo monoclonale (aducanumab, Aduhelm).
Questo anticorpo, diversamente dai farmaci sintomatici attualmente in commercio, riduce l’amiloidosi cerebrale agendo dunque direttamente sulle cause della malattia.
Negli studi di Fase 3, dopo 78 settimane dall’inizio del trattamento, le placche amiloidi si sono ridotte del 30% nei pazienti trattati con l’aducanumab rispetto al gruppo di controllo.
La possibilità di demolire le placche amiloidi è stata ben dimostrata, ma non è detto che questo porti poi a un effettivo rallentamento del declino cognitivo.
Tale beneficio dovrà essere dimostrato entro 9 anni e se la sperimentazione “post-marketing” sarà inconcludente, l’Fda potrà ritirare l’approvazione.
La speranza è che l’uso di questo farmaco porti agli stessi risultati ottenuti per ridurre le malattie cardiovascolari, per le quali si usano spesso le sostanze che riducono il colesterolo nel sangue, uno dei più importanti fattori di rischio.
Uno studio dona speranza per contrastare l’insorgenza dell’Alzheimer
I risultati di un recente studio dicono che uno stile di vita sano, inteso come dieta sana, attività fisica regolare, consumo moderato di alcol e astensione dal fumo, può ridurre in maniera importante il rischio di demenza.
Lo studio, pubblicato su JAMA (https://jamanetwork.com/journals/jama) e presentato (https://jamanetwork.com/journals/jama/article-abstract/2738355?resultClick=1) in contemporanea Los Angeles all’Alzheimer’s Association International Conference 2019, attingendo ad una banca dati di oltre 196 mila persone, suggerisce che:
uno stile di vita sano può in gran parte neutralizzare anche il rischio genetico di demenza.
E ancora:
“(…)il rischio di demenza è del 32 per cento inferiore nelle persone che, a fronte di un elevato rischio genetico, abbiano adottato un sano stile di vita, rispetto a chi invece non aveva fatto questa scelta. Al contrario, chi presenta un elevato rischio genetico e conduce uno stile di vita poco sano presenta un rischio triplicato di sviluppare demenza rispetto ai ‘virtuosi’.”
Malattia di Alzheimer: Perché è così importante questo studio?
Si tratta del primo studio ad analizzare il potere che abbiamo anche su malattie con un rischio genetico alto, come può esserla la malattia dell’Alzheimer.
Ora sappiamo che nelle nostre mani abbiamo l’interruttore capace di ‘spegnere’, letteralmente, questo rischio genetico di demenza. Come? Adottando un sano stile di vita.
David Llewellyn, dell’University of Exeter Medical School (https://medicine.exeter.ac.uk/) e l’Alan Turing Institute (https://www.turing.ac.uk/) – dà un messaggio molto importante che smantella l’atteggiamento fatalistico nei confronti della demenza:
“Alcuni ritengono di non poter sfuggire alla demenza, a causa del loro rischio genetico. Questo studio dimostra invece che, per quanto a rischio genetico si possa essere, uno stile di vita sano è in grado di ridurre il rischio di sviluppare la malattia”.
Per combattere l’Alzheimer, prendiamoci la responsabilità del nostro stato di salute
Non è – così come siamo portati a credere – “tutto scritto nei nostri cromosomi”. È vero piuttosto il contrario. Ciascuno di noi, può fare molto, prendendosi la responsabilità del proprio stato di salute. E visto che le vacanze sono alle spalle, facciamo in modo di coccolarci ora che siamo tornati al tran-tran della vita quotidiana, rendendo piacevole il tempo, non solo quello libero.
E non solo quello lavorativo. Ci siamo imbattuti in una notizia, che ci piace riportare alla fine di questo nostro articolo, il titolo dell’articolo è:
“L’amore batte l’Alzheimer”. Se vi va questo il link per leggerla!
E per finire un suggerimento in più
Un bel video preso dal settimanale Internazionale (https://www.internazionale.it/video/2019/09/19/cinque-consigli-semplificano-vita su come semplificarsi la vita), che parla di 5 consigli per semplificarsi la vita.
A noi tra tutti sono piaciuti questi 3:
- Chiunque non abbia per sé stesso due terzi della giornata, è uno schiavo!
- Ogni ora di vita ha bisogno di almeno 10 minuti di riflessione.
- La semplicità è la vera saggezza!
Fonte: Quotidiano Sanità
Alberto Aiuto e Redazione Men’s Life
Tempi di lettura: 1’55”