Chi conosce Dupuytren?

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di Roberto Bitelli

Chi conosce Dupuytren?

Io l’ho conosciuto una domenica sera del 2013, alle soglie dei miei secondi “anta”.
Il suo vero nome però lo scoprii solo in seguito.

Nel palmo della mia mano destra notai un piccolo bozzetto.

“E’ una ciste!! ” pensai, “prima o poi dovrò farla togliere”.

Aspettai mesi, poi parlai con un caro amico che lavora a stretto contatto con illustri ortopedici.

Lui mi diede i riferimenti di due specialisti della mano di cui aveva particolare fiducia.

Il primo di Roma, il secondo di Milano.

Fissai un appuntamento con il chirurgo di Roma.

Mi presentai sicuro della mia diagnosi e gli dissi che avrei voluto rimuovere la ciste che si era formata nel mio palmo.

Il professore osservò la mia mano per meno di un secondo e poi disse:

“Caro Signor Roberto, non si tratta di una ciste”.

E fu allora che mi presentò il “Sig. Dupuytren”.

Il professore mi spiegò che il protocollo prevedeva di non intervenire in nessun modo fino a quando era possibile appoggiare completamente il palmo della mano su un tavolo.

Mi parlò di un farmaco che era ancora in fase di test e che avrebbe potuto evitare l’intervento chirurgico e che, probabilmente, sarebbe stato approvato entro massimo un paio di anni.

Salutai il professore, pagai la visita e me ne andai.

Non ero però soddisfatto.

Contattai altri due luminari che confermarono la diagnosi.

“Morbo di Dupuytren”.

Dopo essersi informati se avevo un’assicurazione mi consigliarono di sottopormi ad un “banale” intervento chirurgico tradizionale.

Uno dei due mi mentì spiegandomi che i test del nuovo farmaco erano stati sospesi, e mi fece parlare con il suo assistente per fissare la data dell’intervento.

Per fortuna in quel periodo avevo impegni di lavoro improrogabili e quindi rimasi d’accordo che avremo fissato l’intervento non prima di un paio di mesi.

Giorni dopo scoprii che anche un mio collega, pure lui oltre gli anta, soffriva dello stesso morbo ma era in una fase molto più avanzata rispetto a me.

Mi disse che esisteva una tecnica meno invasiva, che consisteva nel rompere i cordoli che si formano sui tendini delle dita con degli aghi senza, “tagliare” il palmo con un bisturi e soprattutto, con tempi di recupero molto più rapidi.

Il medico che lo aveva visitato si trovava negli Stati Uniti e sarebbe tornato solo dopo 6 settimane.

Nel frattempo, dal mio PC, avevo anche attivato un alert e ricevevo via mail tutti i link di articoli che parlavano del mio amico Dupuytren.

Venni così a sapere che il farmaco era stato finalmente approvato ma che, in Italia, era utilizzato solo da un noto professore di Milano (lo stesso di cui mi avevano parlato).

Era un segno!!

Prenotai la visita senza esitare per il sabato seguente.

Il Professore mi confermò la diagnosi ed il protocollo spiegatomi dal primo medico al quale mi ero rivolto.

Mi sconsigliò la tecnica degli aghi perché, mi spiegò, presenta una percentuale di recidive entro il primo anno di oltre l’80%.

Mi disse pure, senza mezzi termini, che i medici che volevano operarmi nelle mie condizioni (la mano ancora si apriva completamente) erano CRIMINALI.

Rimanemmo d’accordo che lo avrei richiamato qualora la situazione fosse peggiorata per un nuovo consulto e per fissare eventualmente l’intervento con il SSN.

La nuova tecnica consiste nell’iniettare il farmaco, nei punti dove si sono formati i cordoli.

Dopo circa 12 ore di attesa, la mano viene riaperta semplicemente forzando la distensione delle dita che, grazie al farmaco, si sono nel frattempo liberate.

Per alcune settimane occorre portare un tutore, ma è possibile usare la mano, lavarsi e fare una vita assolutamente normale.

Per i primi tempi occorre fare delle visite di controllo e dei semplici esercizi di fisioterapia.

Tornato a casa avvisai il mio collega, questa volta fui io a salvarlo da un insuccesso quasi certo e lui, qualche mese dopo, si sottopose gratuitamente al trattamento con grande successo.

La sua mano ora di apre perfettamente.

La mia ancora riesco ad appoggiarla aperta su un tavolo.

Il bozzetto è ancora lì ma un eventuale intervento non mi spaventa più.

Roberto Bitelli

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