“Spesso la politica è il rifugio dei mediocri e dei falliti. Lì possono fare fortuna, acquisire potere con cui darsi delle arie e soprattutto vendicarsi di tutti quelli che hanno ottenuto, con il lavoro e il talento, ciò che loro non sono mai riusciti nemmeno a sfiorare, mentre dichiarano, con aria di santità e sacrificio, che lo fanno per servire la patria.”
(C.R. Zafon)
Per fortuna, tutto questo, non è sempre vero.
Chi entra in politica lo fa per spirito di servizio, per mettersi a disposizione del proprio Paese, fare gli interessi della Nazione.
Mosso da nobili ideali, vuole rendere migliore la vita dei suoi concittadini, eliminare la povertà e i disagi sociali, portare giustizia dove non ce n’è, combattere il degrado sociale. Risanare i bilanci, ottimizzare le spese, valutare i costi e i benefici degli investimenti nazionali.
Il candidato ideale non si arricchirà grazie alla politica, non elargirà favori, non favorirà carriere, non raccomanderà parenti e amici.
Fin dal primo giorno del suo mandato si applicherà al massimo lavorando indefessamente al programma che eleggendolo, i cittadini, hanno approvato.
Il candidato ideale è preparato e conosce il territorio.
Ha una laurea e almeno un master, conosce le lingue straniere. Ha un passato irreprensibile, la fedina penale immacolata, una famiglia modello, non ha mai fatto uso di sostanze stupefacenti. E’ persino morigerato nel bere e nel mangiare.
Il partito che lo ha inserito nella lista ha fatto delle vere e proprie selezioni affidate a “cacciatori di teste” di capacità riconosciute.
Chi governa deve mettere in conto che le disgrazie capitano.
Un ponte dell’autostrada può crollare, un treno può deragliare, la minaccia terroristica può esplodere e bisogna essere pronti e capaci anche a gestire emergenze da codice rosso.
Vi piacerebbe poter mettere la croce sulla scheda a persone così?
O è solo una pia illusione e dovremo accontentarci di quello che passa il convento?
In alcuni paesi, si sono letteralmente allevate generazioni che sembravano destinate a prendere le leve di comando di grandi Nazioni.
Basta pensare ai Kennedy e agli Stati Uniti.
In America, una delle più grandi democrazie mondiali, il curriculum conta.
Non importa se irrobustito da esperienze fatte in campo militare, finanziario, o da un profilo accademico che spesso comprende Harward o Yale.
In Italia ci sono politici di lungo corso che non hanno mai fatto altro nella vita.
Qualcuno non ha nemmeno il diploma di scuola superiore.
Altro che laurea o master.
Chiunque può sedere negli scranni dei palazzi del potere.
Personaggi così quotati possono persino finire a fare il ministro, il sottosegretario, il capo commissione e tanto altro.
I partiti non sono obbligati a rendere conto delle liste presentate né sono sottoposti a vincoli relativi alla selezione.
E può essere pure che non li conosca nessuno, nemmeno nelle città in cui vengono presentati.
I vecchi collegi elettorali a elezione diretta, imponevano se non altro al candidato la necessità di farsi conoscere e di conoscere i propri elettori.
Se uno era considerato “scarso” o inaffidabile, o privo comunque di appoggi, nella propria città, era difficile che venisse eletto.
Oggi invece il Partito può mettere un candidato residente in altra regione e magari mai stato neanche in vacanza in quella dove è proposto, e venire eletto ugualmente.
Quindi può avvenire l’imprevedibile.
Sarebbe troppo logico mettere:
- un militare, o almeno un esperto di warfare, alla Difesa,
- un medico alla Sanità,
- un avvocato o un giudice o un giurista, alla Giustizia e via dicendo.
Una procedura siffatta richiederebbe un curriculum adeguato, che da noi, per essere candidati, non è imposto da nessuno.
Pensate a un pacifista obiettore di coscienza, eletto Sottosegretario o che so Ministro della difesa.
Ai generali che richiedono un determinato armamento necessario alla sicurezza nazionale, potrebbero rispondere di “mettere fiori nei cannoni”, o di usare quei fondi per motivi di pubblica utilità, tipo i 5 fucili in meno per pagare delle borse di studio.
E’ accaduto spesso di sentire che le nostre Forze armate portano la pace, intervengono in caso di calamità naturali, garantiscono la sicurezza nelle città o peggio ancora, aiutano il Comune nella emergenza rifiuti.
Peccato che le forze armate facciano la guerra, nella sciagurata ipotesi in cui il Paese si ritrovi a combatterla.
Cosa successa per esempio a D’Alema quando da premier, durante la guerra del Kosovo, ha dovuto ordinare ai nostri velivoli di bombardare la ex Yugoslavia.
Con buona pace delle bandiere arcobaleno appese alle finestre.
C’è come una sorta di pudore nel chiamare le cose col loro nome e la tendenza a camuffarle da qualcos’altro.
Un po’ come i curriculum dei candidati inseriti nelle liste per le prossime europee, che ne vedono ben 22 tra indagati, imputati e condannati.
Sono anche loro tra quelli che dovrebbero rappresentare il meglio del paese ma che in alcuni casi, speriamo pochi, somigliano ai politici citati dallo scrittore spagnolo Carlos Ruiz Zafon, “mediocri falliti “baciati in fronte dalla dea bendata della politica.
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Foto tratta da: https://animalisti.it/elezioni-europee-2019-animali-ai-margini-del-dibattito-politico/