Il mondo in crisi a 75 anni dal D-Day

81089

di Claudio Razeto

Sono passati 80 anni dallo scoppio della Seconda guerra mondiale. 

Solo 75 dallo sbarco in Normandia. 

Ci sono ancora veterani in vita (sempre meno) che ci ricordano cosa fu la guerra per liberare l’Europa e il mondo da dittature terribili come quella del nazismo e del fascismo.

E dell’imperialismo giapponese in Asia.

Regimi che portarono alla morte di milioni di uomini, alla distruzione di intere città e Paesi, a crimini di guerra terribili. Uno dei grandi protagonisti di quella Liberazione fu l’America 

Decine di migliaia di giovani americani vennero in Europa a morire per liberarla. 

Molti lo fecero in Italia fin dallo sbarco in Sicilia del 1943. Poi a Salerno e ad Anzio e avanzando da sud a nord per liberarla.

Moltissimi altri sbarcarono in Normandia il 6 giugno del 1944.

E in tanti morirono.

Vedere i cimiteri americani in Francia coperti di lapidi bianche fa effetto.

Ma fa effetto vedere anche quelli tedeschi. 

La morte fissata nella pietra fa impressione.

Si può cercare di immaginare i volti di quelle persone. 

Le loro storie.

Tantissime vite spezzate. Stritolate dalla terribile violenza e brutalità della guerra.

Il 75 anniversario di quei giorni è stato celebrato sulle spiagge francesi e in Gran Bretagna.

I Reali inglesi, il Presidente Macron, i veterani, insieme per onorare quei caduti.

L’egocentrismo del Presidente americano Trump ha tolto purtroppo all’evento in ricordo del D day, il suo vero significato. 

E i valori che chi si sacrificò in quei giorni voleva difendere.

I giornali, i media, hanno riportato le sue provocazioni e mostrato il suo malcelato disprezzo verso l’Europa che gli stessi americani 75 anni fa hanno difeso al prezzo della loro vita.

Le cose oggi sono molto cambiate.

L’America è cambiata. Combatte ancora guerre in nome della libertà ma fa sempre più fatica a crederci.

Gli interessi economico finanziari che stanno dietro ogni nuova operazione militare primeggiano e diventa sempre più difficile nasconderli.

Caduti i blocchi della guerra fredda e la corsa alla supremazia con la Russia comunista, il mondo si è come frammentato. Oggi c’è la Russia di Putin oligarchica, la Cina ancora comunista sulla carta ma sempre più impegnata in un capitalismo miliardario, i paesi Arabi che guardano al tramonto dell’era del petrolio e si dividono sui suoi ultimi resti con nuovi produttori come l’Iran.

Proprio l’Iran, in questi giorni, è al centro di tensioni e possibile ma non auspicabile protagonista di un nuovo conflitto proprio con gli USA di Trump, che restano tra i più grandi consumatori di combustibile fossile del pianeta.

Le guerre si dichiarano per dei principi ma poi si fanno per i soldi e anche stavolta in ballo ci sono i miliardi di petrodollari dell’Arabia Saudita da sempre in guerra ideologica, economica, religiosa e politica con Teheran, supportata dagli americani che hanno stracciato l’accordo del Presidente Obama per bloccare l’escalation nucleare degli iraniani.

Nello stretto di Ormuz, dove transitano migliaia di petroliere di tutto il mondo, con la temperatura estiva sale la tensione. Tra droni abbattuti e cyber guerra. Israele sta a guardare. La Russia, reduce dai bombardamenti in Siria e dalla guerra all’Isis, consiglia prudenza. 

E l’Europa…tace.

L’Europa, la maggior parte dei suoi abitanti, ha solo una vaga memoria di quanto furono terribili gli anni di guerra.  

Oggi è unita in una confederazione di Stati che con difficoltà porta avanti il sogno che da quegli eventi aveva avuto origine. Ma le minacce sono sempre dietro l’angolo e i conflitti sparsi nel mondo assumono forme sempre nuove e più letali grazie anche alle tecnologie.

Droni, cyber guerra stanno andando ad affiancare le terribili armi tradizionali. Perfino i social diventano pericolosi se utilizzati per destabilizzare l’opinione pubblica e spostare consensi. Se negli anni del Terzo reich la propaganda fu un arma non meno micidiale dei mezzi corazzati, nell’epoca del web un post può sollevare dubbi, insinuare bugie e creare insicurezza.

Una guerra può scoppiare, sempre, come accaduto per la seconda guerra mondiale. Anche se non lo vogliamo e non ce ne rendiamo conto.

Eppure proprio quel conflitto dovrebbe essere un monito a tutti di cosa vuol dire lasciar libere e scatenate le forze dei nazionalismi miopi ed egoisti.

Le dittature degli anni di guerra si basavano sulla sopraffazione e la violenza. La guerra ne era l’espressione massima.

L’espansione economica, la ricchezza, il benessere di alcuni ottenuto a discapito di altri, bollati come “nemico”. 

O come inferiori.

Tedeschi contro polacchi, poi contro francesi e inglesi, italiani contro francesi e  greci fino al fatidico coinvolgimento mondiale.

Alla fine della Seconda guerra mondiale più di 100 paesi avevano dichiarato guerra alla Germania nazista.

Alla fine era arrivata la vittoria ottenuta anche col sacrificio dei ragazzi sbarcati nel D day.

Trump con la sua visita ha minimizzato quel ricordo.

Il presidente Usa in corsa per il secondo mandato non ama l’Europa unita. Non lo ha mai nascosto. 

“Prima gli Americani” è il suo motto.

Ma questo è un film già visto. In Usa con Trump l’economia è migliorata, ci sono stati nuovi posti di lavoro. Ma molti americani, insieme agli alleati Europei, sono ancora armati in Iraq, Afghanistan, Siria impegnati a combattere guerre che in alcuni casi, come a Kabul, sono diventate lunghe e logoranti, facendo perdere anche la consapevolezza delle ragioni per cui si combatte. Per sconfiggere il terrorismo ? Portare la pace e la democrazia ? Liberare i popoli?

In questi giorni tra Usa e Iran le minacce sempre meno velate, non riescono a celare il fatto che se in quell’area sarà sparato un solo colpo sarà per una pompa di benzina e il prezzo di un gallone di carburante.

A che serviranno posti di lavoro e crescita economica se le risorse serviranno a pagare armi e cannoni?

Speriamo non accada. E speriamo l’Europa si svegli da questo torpore letale che avvolge la politica comunitaria bloccandola su temi come l’immigrazione, il deficit, le procedure di infrazione. Forse c’è da guardare oltre l’orizzonte dei singoli paesi aderenti all’UE.

La sicurezza mondiale, i 70 milioni di rifugiati (una nazione), le nuove politiche energetiche, la lotta alle malattie.

Il riscaldamento globale, rifiutato da Trump come tema fondamentale per il pianeta, è uno dei problemi più urgenti.

Dividere l’Europa servirebbe solo ad aumentarli. E a rendere inutili anche i sacrifici di chi, per riportare la pace, venne a morire in Europa in nome della democrazia.

Claudio Razeto

Tempo di lettura: 1’45”

Foto tratta da: https://it.euronews.com/2019/06/04/d-day-le-celebrazioni-in-normandia

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.