Storie di vita vissuta: Mudir ci porta in altitudine a Quito
Prologo:
Quito, la bellissima capitale dell’Ecuador si trova nella valle dei vulcani, sulle Ande a circa 3000 metri di altitudine.
Il primo appartamento che presi in affitto si trovava in alto nella Gaspar de Villaroel dal lato del Parque Metropolitano per cui, camminare fino a quell’appartamento dalla Avenida 6 de diciembre.
Risultava davvero una impresa.
Orribile sensazione:
Inizialmente potevo fare solo pochi metri prima che si impadronisse di me la orribile sensazione di non aver respirato
Alla consapevolezza di aver correttamente usato il naso, la bocca, i polmoni non seguiva la naturale sensazione di appagamento: quasi avessi respirato senza respirare!
La realtà sta nel fatto che a 3000 metri, la pressione è inferiore ad una atmosfera (quella che si ha al livello del mare) in quanto minore è la quantità d’aria che grava su ciascuno.
La mancanza di pressione determina la rarefazione dell’aria e quindi meno facilità dell’emoglobina a intercettare l’ossigeno che deve essere trasportato alle cellule del corpo.
Adattamento:
Questo iniziale problema si risolve gradualmente in quanto, per un processo naturale di adattamento, i globuli rossi aumentano così da captare più ossigeno possibile e rendere efficace e soddisfacente la respirazione.
Questo meccanismo naturale ha prodotto la particolare conformazione degli Indios (bassi di statura, grandi toraci, grandi teste rispetto ad arti piuttosto ridotti).
Ma è stato studiato e utilizzato anche dagli sportivi, specialmente dai ciclisti, per ottenere maggiore resistenza alla fatica.
Inizialmente con metodi che sembravano avveniristici (auto emotrasfusione) poi usando l’eritropoietina o EPO che è un ormone prodotto negli esseri umani specialmente dai reni e che ha come funzione principale la regolazione della produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo; con ciò però aumentando la densità del sangue e incrementando il rischio di trombosi.
In Ecuador notai anche un diverso approccio all’alimentazione: mentre in Italia mi era sufficiente una scarna colazione a Quito mi trovavo più attratto da pane, dalle molte marmellate disponibili ma anche da uova, salame e formaggio.
Insomma, dopo qualche tempo fui in grado di raggiungere il rifugio Rivas sul Cotopaxi, il più bello dei vulcani, di circa 6000 metri di altezza, la cui sagoma triangolare perfetta si staglia a dominio di tutta Quito.
Con uno sforzo addizionale raggiunsi addirittura la base del ghiacciaio a circa 5000 metri; giusto per dire di avere superato l’altezza del Monte Bianco!
Mia moglie, con questa esperienza ecuadoriana, ha definitivamente risolto il suo cronico problema di anemia.
E’ proprio vero: “altezza, mezza bellezza”.
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