Public Speaking ovvero: Saper parlare in pubblico:
Per molti una fonte di divertimento e, diciamolo, di ricarica di autostima; per altri un incubo solo a pensarci.
Cosa fa la differenza fra un bravo public speaker e un public speaker “meno bravo”?
Prima di continuare, è d’obbligo sfatare un mito: parlare in pubblico non implica necessariamente una platea di cinquanta o più persone; vuol dire anche, azzardo, saper parlare davanti ad una persona.
I principi di base, secondo me, sono gli stessi.
Sii te stesso … dipende…
Barack Obama era se stesso quando parla durante il primo discorso da presidente degli Stati Uniti o era se stesso durante un’informale intervista al David Letterman Show?
Non credo proprio.
Assecondare le proprie reazioni “naturali”, quelle che ci vengono meglio, dà sicuramente un’idea di autenticità a chi ascolta, però può non essere funzionale all’obiettivo che voglio raggiungere con il mio discorso.
Quindi la domanda da farsi è:
<<Come voglio essere percepito da chi mi ascolta?>>
Come vuoi che si senta chi ti ascolta?
Rimaniamo sul pubblico.
Ripeto: non importa che sia un pubblico di due persone o di cinquecento.
Quando prepariamo un discorso o una presentazione o quando, all’improvviso, siamo chiamati a parlare davanti a qualcuno o con qualcuno, i nostri pensieri e le nostre energie sono concentrati sul “cosa dire”; pochissimi provano anche a porre attenzione al “come dirlo”.
Ricordiamoci che i contenuti possono essere interpretati in tanti modi, le emozioni invece sono universali e si trasmettono con la comunicazione non verbale:
- gesti,
- sguardi,
- postura
e paraverbale
- tono,
- volume,
- ritmo della voce,
- velocità).
E sono contagiose: se voglio trasmettere energia, devo “entrare” nello stato emotivo che mi fa sentire energico e così via per tutte le emozioni.
Come voglio che si senta chi mi ascolta, alla fine del mio discorso?
Come faccio ad entrare nello stato emotivo che voglio trasmettere?
“L’auditorium è il giudice ultimo dei tuoi discorsi”
Questa frase che lessi in una delle mie prime letture sul public speaking (D. Carnegie, “Come parlare in pubblico e convincere gli altri”) risolve tutti i dubbi: ogni volta che parli davanti ad un pubblico vasto o piccolo che sia, in un’occasione formale o informale, a lavoro o al pub chiediti cosa di ciò che hai da dire interesserà chi ti ascolta.
In caso contrario il disinteresse sarà pressoché totale dopo trenta secondi netti!
Come quando al pub, in un gruppo di amici, uno si mette a raccontare per la decima volta le sue presunte vere e quasi mai confermate conquiste amorose: anche gli amici più affezionati imposteranno l’espressione “finto interesse” e penseranno ai fatti propri senza prestare minimamente attenzione alle narrazioni del novello Valentino! <<Chi mi sta ascoltando? Cosa gli interessa?>>
Padroneggiare l’argomento
Si parte da qui, non si scappa: se non sai perfettamente di cosa parli, non parlare.
Molto semplice.
Prendendo spunto da una famosa frase di Oscar Wilde:
“A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio”
Non vi rimane che trovare ogni possibile occasione per mettere in atto le vostre abilità oratorie!
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