Si può migliorare con l’età?

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Mi piace credere all’idea che si possa migliorare con l’età.

Anche perché, come ho avuto modo di scrivere nei miei precedenti articoli, crescere è l’unico modo per sentirsi appagati e sentirsi appagati è indispensabile per essere felici.

Dentro di me però una vocina mi ripete: “Robi ma cosa ti stai raccontando? La nostra vita è una curva di Gauss, parti dal basso, cresci, arrivi all’apice e poi cominci una più o meno lenta ma, inesorabile discesa”.

Questo è sicuramente vero per quanto riguarda le nostre abilità fisiche e ahimè anche mentali, ma è possibile mobilitare altre risorse che consciamente non sappiamo neanche di possedere?

Chi tra di voi è appassionato di tennis si sarà certamente emozionato durante gli Australian Open 2018, vinti da quel campione fantastico e incredibile atleta che si chiama Roger Federer.

All’età di 36 anni è riuscito a vincere per la 20ma volta un torneo dello SLAM, riuscendo ad incantare il pubblico per le sue qualità tecniche e per il suo stile frutto di talento purissimo e unico.

Come ha potuto rimanere in vetta così a lungo continuando perfino a migliorare?

E’ vero che con l’esperienza si può riuscire a sopperire all’inevitabile declino delle capacità fisiche e cognitive?

Secondo gli esperti, l’esperienza sviluppata in un certo campo è un indicatore di prestazione più efficace dell’età anagrafica almeno entro certi limiti.

Qual è quindi il segreto di Roger?

Il suo segreto è quello di non smettere mai di essere creativo e credere che l’esperienza lo renda più forte.

Lo psicologo Gordon Logan, sostiene che ogni volta che compiamo un’azione, si genera un ricordo, una conoscenza. Non si tratta di un sapere verbalizzabile, ma implicito, che in qualche modo passa direttamente dalla memoria a lungo termine alla punta delle dita.

La stessa memoria che, per esempio, trattiene le competenze necessarie per sciare o andare in bicicletta.

Avere fiducia nelle proprie capacità attenua il declino cognitivo.

L’invecchiamento cognitivo non è soltanto una questione di decadimento celebrale.

C’è anche una componente psicologica.

Federer è riuscito a non farsi influenzare da chi, anni fa, sosteneva che la sua carriera fosse ormai giunta al termine.

Certo quella di Roger è un’età “relativamente” avanzata.

Ma il suo esempio lancia un messaggio di speranza a coloro che tremano all’idea di un futuro di mal di schiena e perdita della memoria.

Roberto Bitelli

Tempo di lettura: 1′ 40”

L’immagine è tratta dall’articolo di Tom Lodziak https://www.tabletenniscoach.me.uk/what-can-table-tennis-players-learn-roger-federer/

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