Combattere i bulli e il bullismo si può. Basta volerlo

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di Claudio Razeto

Bullismo a scuola, per strada, in ufficio, in caserma.

Pestaggi, aggressioni, estorsioni, violenze fisiche e verbali, attacchi sul web, ma anche nella vita di tutti i giorni.

L’ultimo caso incredibile, i vigili urbani che sembra usassero fare scherzi particolarmente pesanti ad un disabile di Lecce, riprendendoli con i telefonini e postando i video sui social, segue di poco quello di Manduria, finito peggio, dove un diversamente abile è morto per le vessazioni e le violenze a cui era sottoposto da una baby gang di giovani.

I bulli ci sono sempre stati.

In passato non esisteva il cyberbullismo ma c’erano altre forme di prevaricazione e sopruso.

Chi non ricorda l’età scolastica come un periodo di vita disseminato anche da episodi di prevaricazione?

Chi non ha in mente un compagno di scuola o una compagna particolarmente violenti, prepotenti, aggressivi?

E le ragazzine “popolari” che snobbavano le “nerd secchione”, prendendole in giro ed emarginandole?

Chi ha fatto il militare ricorda il “nonnismo”, il potere esercitato – con scherzi pesanti e prevaricazioni – dai commilitoni anziani, i “nonni” appunto, sulle reclute.

Una pratica, oggi perseguita penalmente, un tempo non solo tollerata ma addirittura incoraggiata dai comandi militari, per mantenere l’ordine, la disciplina, il rispetto delle regole.

Chi lavora ha sicuramente assistito a episodi in cui un collega o una collega sono stati emarginati, “bullizzati” o “mobbizzati”, da altri lavoratori o da capi più autoritari che autorevoli.

  • Il bullismo è un comportamento sociale esercitato nei gruppi di aggregazione umani come:
  • la famiglia e la coppia
  • a scuola
  • nelle caserme e nelle organizzazioni gerarchiche di tipo militare
  • in ufficio, in fabbrica e in genere nei luoghi di lavoro
  • nelle carceri e nei luoghi di detenzione
  • sul web 

Il bullismo è un comportamento che si manifesta attraverso azioni che vengono ripetute nel tempo di solito da gruppi ma anche da singoli come:

  • la violenza fisica o psicologica
  • l’oppressione
  • le vessazioni
  • le umiliazioni
  • il ricatto e la minaccia
Il bullismo inizia fin dall’infanzia.

I ragazzi o le ragazze possono replicare comportamenti appresi da adulti ma capita regolarmente che i più deboli in una classe, fin dalle elementari, vengano presi di mira dai più forti e prepotenti.

Cosa fare in questi casi? Come comportarsi?

Se la vediamo dal punto di vista delle vittime partiamo dal fatto che il bullismo si basa fondamentalmente sulla paura.

La paura di essere picchiati, messi in ridicolo, licenziati, vessati pubblicamente, ricattati, ma anche e soprattutto di non essere accettati o apprezzati dal gruppo di cui si fa parte.

La classe, l’ambiente di lavoro, il quartiere in cui viviamo, la palestra, fino al “baretto” all’angolo che frequentiamo con gli amici sono l’habitat dei bulli.

La guerra contro il bullismo è una guerra contro la paura e la paura si combatte con il coraggio.

Ma come scriveva il Manzoni, capita che il “coraggio se uno non ce l’ha non se lo può dare”.

Se il bullo pesa 90 chili di muscoli, picchia come un fabbro e magari è un criminale, non è facile trovare il coraggio di reagire, anche solo per difendersi.

In questi casi le opzioni aperte sono:

  • la fuga, evitare lo scontro e studiare una strategia di lungo periodo (non c’è niente di disonorevole nell’evitare una guerra impari)
  • provare a parlare con molta calma con il bullo cercando di farlo ragionare
  • (a volte un dialogo pacato affrontato con atteggiamento sereno fa miracoli)
  • se si viene aggrediti e nei casi più gravi, andare al più vicino commissariato per farsi difendere dalla giustizia o dall’autorità e denunciare sempre

(se non possiamo difenderci da soli dobbiamo sempre chiedere aiuto ai genitori, ad un amico, un’insegnante, un superiore senza vergognarci)

In molti casi, legati alla coesistenza, forzata o meno, in un gruppo, vale però la pena di prendere in seria considerazione, un’altra opzione.

Andarcene, tagliare i ponti, chiudere a queste persone l’accesso alla nostra vita.

Se siamo costretti a restare per forza in quel contesto (lavoro, scuola per es.) è da valutare l’ipotesi di trovare altri amici, un altro gruppo, un’altra palestra, un altro bar, un altro  gruppo in cui si è benvoluti e apprezzati.

Esistono sempre alternative, basta cercarle.

Certo non è facile cambiare ambiente, amicizie, magari quartiere o addirittura città e non è una soluzione sempre attuabile.

Ma capita che a volte ci intestardiamo nel farci accettare da qualcuno come se quella fosse l’unica realtà possibile, anche se questo qualcuno ci rifiuta o ci considera solo come oggetto di disprezzo o di scherno.

Il detto “chi non mi ama non mi merita” contiene la sua buona parte di verità.

Per adottare questa soluzione, a volte estrema, bisogna acquisire una certa sicurezza e autostima.

Farsi carico anche di un certo periodo di isolamento.

Ma è un passo che in ogni caso può solo migliorare la vita.

I caratteri si forgiano nelle difficoltà e il mestiere di vivere richiede l’inevitabile necessità di affrontare le sfide che la vita ci mette davanti.

I “bulli” sono una sfida che, se capita, prima o poi dobbiamo affrontare se non vogliamo vivere in eterna sudditanza.

Oggi pensare a quel gruppetto che a scuola sembrava così importante, a quel partner per noi unico, a quel posto di lavoro così indispensabile, a quel gruppo di “amici” a cui sembravamo così legati, oggi che abbiamo imparato a farne a meno e siamo andati oltre, ci fa sorridere.

Però il travaglio interiore che abbiamo vissuto quando abbiamo dovuto tagliare quei cordoni così “negativi” è stato vero, reale e sofferto.

Ma se ne siamo usciti comprenderemo presto che è stato anche necessario e utile far fuori quella gente e quelle situazioni dalla nostra esistenza.

Ai “bulli”, invece, vorrei ricordare che la vita è piena di insidie e che, a volte, rende ciò che le si è dato.

Se al “capetto” dovesse capitare di ritrovarsi colpito, indifeso, privo di quel potere che sembrava gli garantisse l’onnipotenza e il dominio sugli altri, vicino a lui potrebbe non rimanere nessuno.

Perso il ruolo di “boss”, sarà lasciato inesorabilmente e desolatamente solo.

Gli amici veri, le relazioni vere, sono quelle in cui si ama e ci si stima, e che restano legate a noi nel bene e nel male, come i matrimoni riusciti.

Chi bullizza non ha veri amici, ma solo un branco con cui condivide le sue cattive abitudini.

Un clan che lo rispetta solo fino a quando lui conserva questa supremazia maligna.

Se la perde è finita.

Un bullo, come un boss, un tiranno o un cattivo capo, quando cade in disgrazia, non ha più nulla. Non ha più il rispetto né la stima di nessuno, non ha più né corte né seguaci.

Non ha più gregari né tirapiedi.

E resta da solo con la rabbia e il ricordo di una forza effimera, scomparsa col “potere” malamente esercitato sugli altri, che la vita, o uno più bullo di lui, gli ha tolto spazzandolo via.

Claudio Razeto

Tempo di lettura: 1’45”

Foto tratta da: https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/bullismo-e-cyberbullismo-crescita-italia

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