Tutte le grandi città hanno un fiume che ne ha fatto la storia e anche Roma, come Parigi e Londra, ha il suo, il biondo Tevere.
I romani lo chiamavano Albula, dal biancore delle sue acque. Non è mai stato il massimo per le imbarcazioni, in passato veniva solcato da barconi che da Ostia, trainati da buoi, portavano le merci fino ai mercati dell’Urbe.
Un corso d’acqua leggendario ma misconosciuto, nascosto e mai valorizzato a pieno.
Fino agli anni 50, quando era ancora relativamente pulito, ci si faceva il bagno d’estate tuffandosi da zatteroni.
Il Tevere di Lando Fiorini, Alberto Sordi, Rugantino, della Roma che non c’è più, oggi scorre e basta mentre i romani più anziani pregano, ogni inverno, che non si riempia troppo, per paura delle sue temibili esondazioni.
Indolente, pigro ma vendicativo, questo fiume, con la sua maestà continua a seguire, il corso e la vita della città, dal centro alla periferia tra scenari unici e irripetibili.
IL TEVERE TRA PASSATO E FUTURO
Una volta era nei quadri degli artisti, oggi è nei flash della cronaca giornalistica.
Come il relitto della motonave Tiber I, riemerso sulle sponde del Tevere. Sui giornali sembrava una specie di Titanic in scala, abbandonato dopo l’ultima grande piena. Ma siccome il biondo Tevere è galantuomo e restituisce quello che prende, ecco lì il rottame navale, bello e surreale, prendere il suo posto tra le rovine eterne, quasi fosse il pezzo pregiato di un museo a cielo aperto.
Vicino c’è un altro fiume:
Il traffico cittadino di auto e motorini che si stende tra semafori, transenne e buche.
Transenne e voragini che, anche per la loro durata, rischiano di essere assimilate agli scavi archeologici degli antichi romani rimpiazzati anche loro, da centurioni e legionari “de noantri”, in posa intorno al Colosseo e via dei Fori Imperiali, per la foto, con i turisti che da tutto il mondo vengono giustamente a visitare Roma l’eterna.
Più avanti verso l’arco di Costantino e il Circo Massimo, una coppia di sposi coreani posa con ombrellini e truccatori per un album dal sapore internazionale; poco lontano c’è ancora il fiume che scorre rapido, a ridosso dell’isola Tiberina, dove una cascata di oggetti di plastica rotola e gioca, come in una scultura moderna, con l’acqua mulinante color sabbia.
UN FIUME BELLISSIMO E DIMENTICATO
Il fiume, dopo Ostiense, lasciato ponte Marconi, quasi si perde e diventa invisibile tra le sterpaglie, le baracche, i topi e l’umanità improbabile che ne popola gli argini nascosti.
E’ come se per i romani il fiume, dopo i ponti del centro, scomparisse dalla vista e dal cuore.
Ma è solo un’illusione ottica, in realtà il Tevere sta sempre lì. Lo vede chi si avventura lungo la bellissima pista ciclabile che nei progetti dovrebbe andare da Roma Nord al mare, ma per il resto dei romani è come se il grande fiume non ci fosse, inghiottito dalle autostrade, dai viadotti, dalla città e dai suoi palazzi.
All’Eur, Roma sud, il Tevere lo si rivede solo arrampicandosi in alto sui gradoni bianchi della Chiesa di San Pietro e Paolo o dalle scalinate del Colosseo quadrato, simbolo di navigatori, poeti e santi oggi affittato a una multinazionale.
Poco lontano, più in basso, c’è la nuvola di Fucsas che riflette le nubi un po’ folli di questo maggio piovoso e allo stesso tempo assolato.
Aspetta le esibizioni e i grandi eventi che verranno ma per ora si accontenta di guardare, rispecchiandoli, i palazzi vicini, le vecchie strutture del ministero, abbandonate e vuote come gusci.
Accanto il viale soprastante la fermata della metro dedicata a Enrico Fermi e una fila di bancarelle che fanno tanto etnico.
A pochi metri un grande cartello annuncia l’apertura di un parco acquatico che da anni aspetta di essere ultimato.
Il verde smeraldo dei prati del laghetto, quello realizzato per le Olimpiadi del 1960, riempie il paesaggio con i suoi riflessi argentati.
Nell’emiciclo stile ventennio di piazza dell’obelisco, che ha visto sfrecciare i bolidi elettrici della Formula E, i portali ad arco dei palazzi dell’Inps, oggi chiusi con il compensato per scacciare i barboni che vi si erano insediati per la notte.
Dalla via del Mare e dall’Ostiense però il fiume riappare, selvaggio e incolto, maestoso nella sua primitiva bellezza mentre punta, senza esitazioni, verso la costa e il Tirreno, tra l’antica campagna dell’agro romano e i nuovi quartieri extra urbani che ormai vanno dalle mura del centro alla costa.
Quello che resta libero da opere urbanistiche è un’oasi di selvaggia bellezza e il Tevere ne è parte.
Verso Ostia Antica, il fiume bagna le campagne popolate da uccelli bianchi bellissimi, sul greto tronchi d’albero caduti e arenati come navi antiche, solcati da venature incredibili tanto da sembrare cetacei entrati di soppiatto nel fiume.
Dall’Isola sacra all’Idroscalo fino alle spiagge del faro di Fiumicino, il biondo Tevere copre il suo ultimo corso.
Tra cimiteri d’auto rubate, degrado e abbandono tra darsene, cantieri navali, barconi e canneti altissimi, il Tevere si lancia nel mare.
E’ come se fosse Roma a tuffarsi trascinandosi appresso miserie e nobiltà, storie e misfatti, passato e futuro.
E in quel continuo scorrere d’acqua la città eterna e il suo fiume restano lì, come due amanti, vicini ma separati nello scenario unico ed immutabile di questa grande bellezza chiamata Roma.
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