Il vero segreto dei social, il caso TikTok e i numeri enormi che generano i nostri dati

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di Claudio Razeto

Il vero segreto dei Social:

«Cancellate TikTok in questo stesso momento e se conoscete qualcuno che lo usa, spiegategli che non è nient’altro che un malware nelle mani del governo cinese, intento in una colossale operazione di sorveglianza di massa.”

Anonymous comunità Internet di hackerattivisti/hacker

https://www.money.it/Anonymous-TikTok-non-sicuro-app-spia-governo-cinese-disinstallatela

Che succede in America?

A seguire le notizie che rimbalzano da oltre Atlantico è in corso un cataclisma.

Il paese più potente del mondo vive una specie di soap opera politica, sociale, culturale. Via web.

Con l’avvento di Trump tutto è diventato relativo.

Tutto vacilla. Ogni giorno è una battaglia a colpi di tweet e di post.

Non solo i dibattiti tv ma soprattutto i social media saranno l’arena in cui Trump e Biden si affronteranno.

Rendendo ancora più spettacolo la politica USA.

Ma ogni Presidente ha i suoi guai.
  • J F Kennedy affrontò la crisi dei missili a Cuba e il Muro di Berlino,
  • Ronald Reagan la fine della guerra fredda,
  • i Bush la minaccia dell’Iraq di Saddam.
  • Trump combatte il social TikTok.

Un confronto spettacolo. Tutto virtuale.

E se la politica è diventata uno show, via web, l’economia non è da meno.

Ormai la finanza ruota intorno ai titoli di borsa di società internet.

Molte delle vecchie aziende tradizionali sono diventate “relative” se paragonate ai fatturati di Amazon, Facebook, Instagram e via dicendo.

Tutte startup made in Usa.
  • Amazon fattura 280 miliardi di dollari e ha 380mila dipendenti (dati 2018)
  • Google offre servizi online,  136 miliardi di dollari, 114mila dipendenti (dati 2018)
  • Facebook 70 miliardi, 52mila dipendenti
  • Instagram 20 miliardi di dollari, 700 dipendenti. Nel 2012 Facebook Inc l’ha acquistata per un miliardo di dollari.
  • WhatsApp 70 miliardi di fatturato, dal 19 febbraio 2014 fa parte del gruppo Facebook
  • Youtube 15 miliardi di dollari fatturato annuo.
  • Microsoft 143 miliardi di fatturato e
  • Apple 260 miliardi (dati 2020)
  • La coreana Samsung ha fatturato 212 miliardi nel 2019 per fare un confronto con aziende che producono beni materiali oltre che informatica.
Ciascuna come il PIL di un piccolo Stato.

Se sommati gli introiti delle company di servizi web sono quasi o di più di quello di nazioni come la Polonia o l’Olanda.

E i fatturati delle società che gestiscono i nostri dati sul web, fornendo servizi di vario genere, sono aumentati nonostante la crisi COVID.

La new entry Zoom, 622 milioni di dollari  + 169% di fatturato sull’ anno (dati 2019) passata  a 300 milioni di utenti “grazie” al lockdown, allo smartworking e alle teleconferenze per Coronavirus,

https://www.lastampa.it/economia/2020/05/13/news/da-zoom-a-nintendo-durante-la-crisi-vince-chi-cerca-i-ricavi-online-1.38839122

Intorno un mercato di App che tramite i Social producono altri ricavi.

Nel 2019, 7 mila aziende tramite le app di Facebook, Whastapp, Messenger e Instagram hanno realizzato nel 2019, circa 208 miliardi di fatturato. (da Fortune Italia.com)

Parliamo di e-company. Non di acciaierie o fabbriche di auto.

E nemmeno di fondazioni bancarie o enti di Stato.

Sono società private, sparse per il mondo, tutte impegnate a creare algoritmi con l’obiettivo di fare ricavi on- line oltre che…

  • Fidelizzare
  • Monetizzare con le vendite e/o la pubblicità le loro attività e servizi web
  • Incrementare il fatturato, pagando meno tasse possibile.

Le Big data, sono Aziende decisamente potenti e ricche quanto  le criticate multinazionali del passato.

E sono basate, per lo più, negli USA.

Dove le startup straniere, però, non sono ben viste.

Emblematica la guerra tra il Presidente Trump e TikTok.

Arrivata quasi alla chiusura, negli USA, del social asiatico.

https://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/internet_social/2020/09/11/tiktok-trump-scadenza-confermata-il-15-settembre_f43793ec-db95-4d8e-b0ec-ac460403b958.html

Il caso TikTok

Un social network cinese lanciato nel settembre 2016.

Fatturato, 18 miliardi di dollari.

Una minaccia alla sicurezza nazionale? Come Cuba, l’URSS o Saddam?

Di più.

Uno dei social più di moda tra giovani e giovanissimi.

Nato per creare brevi clip musicali da 15 o a 60 secondi ed aggiungere filtri ed effetti particolari ai video.

I balletti di TikTok.

Non un missile, nè una bomba e nemmeno una cellula terroristica.

Essendo Made in China, TikTok non è “controllabile” dal Governo Usa, come in teoria dovrebbero essere i social statunitensi.

Da qui le minacce di chiusura nel caso in cui non venga acquistato da una company americana.

Questo anche per il pericolo – secondo Trump – che la proprietà cinese possa condizionare gli Americani prossimi al voto.

Perché ormai i Social condizionano di tutto.

Su questo il Presidente non ha tutti i torti.

Salvo aver usato, anche lui, algoritmi social per la sua campagna nelle precedenti elezioni.

I social media smuovono gradimenti, opinioni, gusti e tendenze.

Dagli acquisti, che poi sono con la pubblicità l’oggetto primario di questi “aggregatori” web, alle tendenze politiche.

Ci sono prodotti che senza Facebook e co. non si venderebbero.

Movimenti che senza i Social non esisterebbero.
  • negazionisti, dal Covid all’Olocausto.
  • terrapiattisti.
  • nazisti dell’Illinois.
  • noMak,
  • noVax,
  • no e basta dell’ “Io non autorizzo”.

Senza tweet e post non avrebbero né strumenti di comunicazione nè audience.

Nessun giornale, nessuna tv ha la forza dirompente e globale di un Social media con milioni di utenti in tutto il mondo.

Fenomeni nati per gioco, come i flash mob, sono diventati aggregatori di migliaia di persone.
Un esempio per tutti il fenomeno Greta Thunberg.

Le proteste sul clima, i “Friday for future”, senza il web non ci sarebbero mai state.

Senza i social capaci di coinvolgere migliaia di persone in tutto il mondo, nessuno sarebbe riuscito a dare a queste proteste una dimensione planetaria.

Da qui la crescente importanza di un controllo da parte delle autorità sui social media.

Negli USA questo scontro è appena cominciato.

Ma il caso TikTok è destinato a fare da apripista a tutta una serie di questioni che vanno da:

  • Tutela della privacy degli utenti e gestione dei loro dati
  • Regime fiscale dei social con sede all’estero
  • Copyright e diritto d’autore per i contenuti pubblicati dai social
  • Pubblicazione e condivisione di contenuti contrari alla legge, lesivi della personalità, false notizie, tutela dei minori
  • Condivisione di articoli e news prodotti da editori veri che ne sostengono i costi e rispondono legalmente di quanto pubblicato
Oltre alla nazionalità della società che quel SOCIAL gestisce.

Sono solo alcune delle numerose questioni aperte.

Gli editori di notizie hanno l’obbligo di registrarsi, nominare un direttore responsabile iscritto ad un albo.
Pagano dei giornalisti professionisti per “fare” INFORMAZIONE:
  • Cercare e seguire notizie nel loro paese e all’estero
  • Verificarne la veridicità con attività di fact cecking
  • Approfondire, analizzare, commentare news e fatti
  • Realizzare inchieste, reportage, interviste
  • Produrre contenuti multimediali foto, video, grafiche vere non artefatte
  • Interpellare esperti e referenti seri e qualificati sui temi più vari
  • Seguire dal vivo eventi e notizie dalle Olimpiadi ai Mondiali, dalle guerre alle alluvioni ai terremoti
Un’attività costosa,  realizzata da professionisti, che ha anche uno scopo sociale, informare il pubblico e denunciare illeciti e malcostume.
Della politica, dell’economia, della società.
Educare e istruire permettendo ai lettori di farsi un’opinione.
Non semplicemente intrattenere.
Attività che si scontra con la logica del “tutto gratis” del web.
Come per i SOCIAL.
Dove o una news o un video falso valgono quanto o più di una notizia vera.
In caso di pubblicazione di FAKE, o anche informazioni vere, ma lesive della personalità di una persona, GIORNALI, GIORNALISTI ed EDITORI rispondono di diffamazione con l’aggravante della pubblicazione a mezzo stampa.

Con multe e addirittura carcere in caso di violazioni.

I social condividono di tutto:

  • articoli falsi e FAKE
  • post e tweet con minacce e insulti anche molto pesanti
  • informazioni e immagini che violano la privacy
  • persino video o foto private pubblicate senza autorizzazione dei diretti interessati che arrivano nei casi estremi al REVENGE PORN

https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2020/04/16/revenge-porn-lallerta-della-polizia-postale-massima-prudenza-online_1770a546-b875-4d8e-bbdd-ce85930cf292.html

  • foto e video, anche di minori dai battesimi ai balletti di ragazzini e ragazzine su TikTok, dai falsi fotomontaggi ai Deep fake

https://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/tlc/2019/12/09/casellati-sui-video-deepfake-servono-norme_d2417f8d-b2bf-407d-8a26-625565801aa1.html

Basta che ottengano traffico, like e visualizzazioni.

Lo fanno in una vera e propria giungla normativa che non tutela nessuno di noi utenti.

Non ne rispondono i Social, salvo alcuni limiti, che “scaricano” la responsabilità su chi pubblica POST e TWEET.

Passibile di denuncia come da Codice penale.
Anche se magari non lo sa o non se ne rende conto.

https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/contenuti-illeciti-responsabilita-social-network-provider-cio-ce-sapere/

Una volta pubblicata sul web, una notizia, una foto, un video, possono rimanerci per sempre nonostante la volontà dei diretti interessati.

La Polizia postale interviene nei casi più eclatanti. Su denuncia dell’interessato.

Ma il fenomeno è in tale crescita che andrebbe realmente affrontato con misure più efficaci.

Cosa succederà ?

Se gli USA chiuderanno TikTok sarà solo perché cinese, quindi portatore di interessi che potrebbero entrare in conflitto con quelli di Trump e degli Americani.

C’è da chiedersi se lo stesso principio non valga per social che da altri Paesi – soprattutto USA – con proprietari privati, operano in Europa e quindi anche in Italia.

  • Corea del Nord: i social network sono tutti proibiti.
  • Cina: i social media occidentali sono bloccati.
  • India: molti sono stati limitati, specie quelli cinesi, ma anche Facebook, Instagram, Snapshots, Viber, TikTok, e varie piattaforme per gli incontri virtuali, non permessi alle Forze armate.
  • Russia: ( patria secondo molti paesi degli hacker  più  pericolosi) i social sono fortemente controllati e se il caso censurati.
Lo stesso in Turchia.
Le società che gestiscono il mondo social del web e le big data company, sono viste con sospetto da molti governi anche a causa dei loro capitali smisurati.
E dei loro ricchissimi proprietari.
Elon Musk il magnate che sta lavorando con la Nasa per andare su Marte.
Non è solo il proprietario della Tesla ma è il fondatore di PayPal Holdings.
Società che offre servizi di pagamento digitale e di trasferimento di denaro tramite Internet. Americana anche questa.
Oltre 10 miliardi di dollari di fatturato nel 2016. E 18mila dipendenti.
PayPal non paga tasse in Italia perchè la sua sede legale è in Lussemburgo.
Come Apple, Google, Facebook e altre che hanno sede a Dublino.
PayPal nel 2002 è stata acquisita da eBay un altro colosso web.
Un sito di vendita e aste online. Un altro gigante con oltre 20 miliardi di dollari di fatturato e più di 30mila dipendenti. Americano.
Più del PIL dell’Afghanistan, 19 miliardi di dollari annui.
Le due società sono state una cosa sola per 13 anni.  Si scinderanno a breve.
Ma solo per motivi fiscali.
Negli anni 70 in Italia e in Europa si contestava lo strapotere di società statunitensi con sedi multinazionali.
Le 7 sorelle del Petrolio erano tra queste.
Per contrastare questo strapotere mondiale si scendeva in piazza. Da destra a sinistra.
In gioco c’erano mercati come l’energia e i carburanti.
Ma anche la cultura, dal cinema alla musica,  “americanizzata”.
Oggi succede lo stesso. Via web.
In più in gioco ci sono obiettivi ancora più importanti.
La nostra privacy.
Il consenso e le opinioni delle masse.
Equilibri sociali e politici che possono essere colpiti a raffiche di tweet o di post.
Eppure nessuno protesta.
Nessuno va in piazza con i cartelli “YANKEE GO HOME” degli anni della contestazione.
Anche se non siamo mai stati così “colonizzati” mediaticamente.
Da società per lo più americane. Ora anche cinesi.
Nessuno si preoccupa.
A parte, per motivi propri, il Presidente Trump e qualche senatore americano.
Trump sospetta che i cinesi possano sabotarlo nella corsa alla Casa Bianca.
I senatori Usa vedono nella ricchezza immensa di questi tycoon una minaccia alla democrazia.
Dall’Europa e dall’Italia un fragoroso silenzio.
Se qualcosa si è mosso è stato solo per cercare, per lo più senza riuscirci, di far pagare più tasse.
Ma quando si è accennato a una web tax, lo stesso Presidente Trump ha minacciato l’Europa di dazi su prodotti di consumo. A difesa di aziende Made in USA.

https://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/vino/2020/01/21/trump-ho-minacciato-dazi-a-100-su-vini-francia-per-web-tax_0f98019f-59a5-42a1-8989-5d92866d6ca6.htmlIl tema vero, quello dell’influenza sulla pubblica opinione, della nostra LIBERTÀ DI PENSIERO, sembra non allarmare nessuno.

Anche se inizia a trapelare come The social dilemma su Netflix o film sul tema come Imprevisti digitali.
Salvo poi protestare e indignarsi davanti ai singoli casi di abuso, cyberbullismo e di cybercrime.
O quando il web e i social diventano aggregatori di odio sociale, propagatori di false campagne di fake informativi come nel caso del Covid, dei no-mask e dei noVax.

 

Che su Facebook, Twitter, Youtube, Instagram e persino su TikTok, trovano spazio e purtroppo ampie platee.

In teoria, nelle sedi di questi social, dovrebbero esserci degli staff che fungono da moderatori.

Ma resta il fatto che nessun social risponde legalmente dei contenuti pubblicati.

Con milioni di utenti, di decine di Paesi e in lingue diverse, difficile che si possa operare una vera attività di moderazione.

Censurare i contenuti più offensivi.

Fermare gli ODIATORI, gli HATERS.

Tutelare minoranze. Difendere i più deboli.

Anche sui Social i più prepotenti, violenti, bulli o addirittura criminali possono farla da padroni.

Come purtroppo succede ed già successo.

Società americane o cinesi che fanno da moderatori nei dibattiti italiani?

Come dire un cuoco di Chicago che giudica i piatti cucinati da uno chef della Basilicata.

Un maestro di scuola di Dallas che si confronta su un tema del giorno tra Romani e Milanesi.

Uno studente del Wisconsin tra i bulli di Tor Bella Monaca, di Quartoggiaro o di Scampia.

Impensabile. Eppure succede. Nonostante le consociate locali.

E infatti i provvedimenti dei social di sospensione o chiusura, di pagine e gruppi, sparano solitamente nel mucchio.

Viene chiusa la pagina di un partito di estrema destra e magari un gruppo di neonazisti nostalgici fa negazionismo palese  sull’Olocausto, senza che nessuno se ne accorga.

Complottisti e seminatori di bufale proliferano come non mai.

Sul Coronavirus viene pubblicato di tutto alimentando dubbi, ansie, paure anche immotivate e strumentali.

Nonostante i continui e pubblicizzati provvedimenti di controllo un pò di tutti i social.

Pagine cancellate, gruppi chiusi sostituiti il giorno dopo da altri concentratori di bufale o anche solo da singoli “invasati”.

Un video bloccato oggi da Youtube il giorno dopo, con uguali contenuti, ma un brano musicale diverso, può essere pubblicato o censurato.
Senza un vero criterio guida.

Ci vorrebbe una politica e regole di comportamento comune.
Una carta dei diritti.

Un codice etico realmente certificato.

Che alcune pagine iniziano autonomamente ad adottare.

Ma serve di più.

Una qualche forma di educazione all’uso dei social.

Soprattuto per bambini e anziani over 65, grandi utilizzatori di internet.
I giovani sono bravissimi e “scafati” anche se esposti anche loro.

A fenomeni deleteri come il cosiddetto BLUE WHALE .

https://www.psicologiacontemporanea.it/blog/blue-whale-lanalisi-dello-psicologo/

Non c’è nulla o quasi che faccia da guida in questo “mondo” accessibile via smartphone e non solo dai pc. Con un click.

A parte una serie di criteri normativi, imposti dai Social a propria tutela, che tutti accettano con un click senza nemmeno leggerli.

E tanta ignoranza, nel senso di IGNORARE e NON SAPERE.

C’è chi pensa di poter scrivere qualsiasi cosa in un post.

Quasi fosse un libero diritto di espressione.

Una lavagna virtuale aperta ad ogni pensiero dal più pacifico al più offensivo.
Anche una palese falsità. Un insulto o una minaccia.
Come fosse uno scherzo.

Una “bischerata”. Che magari fa danni imprevedibili.

NON È COSÌ

Specie se l’argomento è sensibile come l’ onorabilità, la reputazione o la salute del singolo o di tutti, la scienza, la medicina e la loro “credibilità”.

Si rischia come minimo una denuncia se non peggio.

https://www.diritto.it/la-diffamazione-online/

Come succede nei fenomeni di CYBERBULLISMO.

Come sta accadendo col Covid e le mascherine.

Oppure c’è chi intrattiene rapporti via web fornendo informazioni dettagliate sulla propria vita. I DATI SENSIBILI.

Così preziosi. FIDANDOSI, ciecamente, di un ALGORITMO.
Gli utenti di qualsiasi età accedono al web e ai Social imparando, spesso a proprie spese, di cosa si tratta.

Un mondo in cui si può trovare di tutto.

Creato per vendere pubblicità e servizi, intrattenendoci.

Non necessariamente per farci conoscere solo cose belle.

E infatti ci si può imbattere in CHIUNQUE.

Dagli amici a un serial killer.

Dall’amore a maniaci sessuali sotto mentite spoglie.

I FALSI PROFILI, che andrebbero proibiti, come false carte di identità.
Da una rete di solidarietà a bande di cybercriminali.

Da un compagno di scuola perso di vista a un truffatore.

Che magari vuole i dati della nostra carta di credito o sapere se siamo in casa per derubarci.

Una delle ultime truffe sono le app che promettono di mostrare chi ci “guarda” su Facebook. Un altro modo per rubare dati sensibili e svuotare conti correnti on line.

https://www.aranzulla.it/come-sapere-chi-visita-il-tuo-profilo-facebook-21661.html

Ma ci sono pericoli che possono riguardare un intero Paese.

Come le campagne hacker durante le elezioni.

I MOVIMENTI DI OPINIONE.

L’esigenza di regolamentare e controllare questi nuovi strumenti, nella loro componente comunicativa, giuridica ed etica e anche morale, inizia a farsi sentire.

Non solo questioni “politiche” internazionali.

In America Trump vuole imporre a TikTok una proprietà americana.

Non cinese. Per motivi strategici di sicurezza.

Se in Europa passasse lo stesso principio si dovrebbero “nazionalizzare” i social in lingua nazionale.

Ogni Paese il suo social come la tv di Stato di una volta.

Come la RAI e la BBC.

E far diventare pubblici e di pubblica utilità canali web che già oggi hanno un peso importante, sulla vita di tutti noi.

Non soltanto quando facciamo acquisti, ma quando mettiamo in gioco la nostra privacy e soprattutto le nostre idee e le nostre opinioni.

Tempo di lettura: 2’50”

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