Intervista all’attore Gabriele Pizzurro

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di Fabio Bandiera

Il cinema italiano è ormai fonte di dibattito costante tra chi lo accusa di essere ormai standardizzato nel nome dei soliti noti, tra commedie più o meno simili e una mancanza di coraggio che spesso e volentieri, in nome del vil danaro, trattiene le grandi produzioni dall’ intraprendere strade più scomode e tortuose.

Per nostra fortuna in questa fase ci sono diverse case di produzione che hanno voglia di osare e tra queste c’è di sicuro la Ibla Film che grazie a Beppe Fiorello ha portato a galla una storia di vita vissuta nella sua Sicilia degli anno ottanta.

Un fatto efferato di cronaca, il duplice delitto di Giarre, che viene ricostruito e riadattato nel film Stranizza d’Amuri, titolo di una canzone di Franco Battiato e inno militante alla gioia e alla purezza nel nome dell’amore libero.

Uno dei protagonisti del film è Nino, interpretato mimeticamente dal giovane attore romano Gabriele Pizzurro che vive la sua adolescenza in una famiglia apparentemente presente e protettiva, ma pronta a scatenare i suoi pregiudizi con inaudita ferocia.

Una prova attoriale di grandissimo spessore che Gabriele ha portato avanti con quella sana e ingenua naturalezza dando prova di un indiscusso talento, quello di un ragazzo figlio d’arte che sin da piccolo ha recitato e calcato i palcoscenici.

Un esordio notevole in un film che sta girando in lungo e in largo lo stivale fino a volare negli Stati Uniti per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema sempre attuale e scottante, quello dell’omosessualità, e che ha il merito di riportare a galla una vicenda triste e sopita dall’indifferenza di quegli anni, un messaggio universale nel nome del rispetto e della tolleranza contro il sopruso e l’ignoranza.

Abbiamo avuto il piacere di incontrare Gabriele  per condividere con lui questa bellissima esperienza umana e professionale.

Gabriele buongiorno, partiamo da questa bellissimo viaggio targato Stranizza D’Amuri. Avete girato lo stivale in lungo e in largo raccogliendo grandissimo entusiasmo e partecipazione, che sensazioni ti porti dentro a sia a livello umano che professionale?

Si è stata un’esperienza incredibile, era il mio primo film e credevo che il mio lavoro sarebbe finito a riprese ultimate mentre dalla presentazione alla stampa in poi è iniziato questo lunghissimo tour nelle sale dove abbiamo diffuso il film condividendolo in presenza con gli spettatori.

Abbiamo percepito un affetto e una partecipazione da parte del pubblico inimmaginabile di cui sono rimasto davvero stupito, questo vuol dire che l’impatto di questa storia molto forte ha centrato il bersaglio emozionando gli spettatori che a fine spettacolo ci hanno trasmesso tutta l’intensità delle loro sensazioni.

Direi che meglio di così non potevo iniziare, sono felicissimo di questa esperienza che mi ha arricchito molto sia umanamente che professionalmente.

Un film importante dalla tematica forte e molto attuale. Come sei arrivato a questo ruolo e come lo hai approcciato?

Il mio mestiere ti porta ovviamente a tentare diversi provini, questa volta è andata bene e sono molto contento di aver esordito in un film dal grande impatto sociale.

Appena ho saputo che avrei avuto la parte di Nino ho cominciato a leggere diversi articoli in merito al delitto di Giarre su cui è stato scritto anche un libro intitolato appunto, “Il Delitto di Giarre” scritto da Francesco Lepore, che ho letto in parte, poi una volta letta la sceneggiatura ho cercato dei punti di contatto tra me e il mio personaggio iniziando a calarmi in questa parte non facile ricca di accenti e sfumature.

Le difficoltà maggiori che hai dovuto affrontare, dalla lingua al rapporto con Samuele, come le hai affrontate?

Recitare in siciliano è stata la parte più complessa del  ruolo, mentre il rapporto con Samuele si è creato molto genuinamente sul set e non ha rappresentato affatto un problema.

Anche girare tutte le scene in motorino, sul quale non ero mai stato, è stato complesso e ha richiesto del tempo anche perché nel film sono quasi sempre sulle due ruote e ho dovuto imparare in fretta.

Com’è stato il tuo rapporto con Beppe, quanto vi è stato vicino? E’ stata una fortuna esordire ad un livello così alto con una produzione del genere?

Assolutamente si, il rapporto con Beppe è stato ed è tuttora bellissimo per questa sua capacità di creare empatia mentre si lavorava.

Ci ha preso sotto la sua ala protettiva ed essendo anche lui attore ci ha diretto proprio come lui avrebbe voluto se nel film avesse recitato anche lui.

Un film che lui ha sentiva come un suo figlio e sul quale si è buttato anima e corpo, lavorando sul cast con una complicità straordinaria che sin dalle prime letture del copione si è subito manifestata grazie alla sua voglia di condividere con noi ogni singolo aspetto dello script.

Una grande persona e un vero professionista che ha messo la sua esperienza a disposizione arricchendo tutti noi.

La tua carriera. Sei figlio d’arte e sin da piccolo hai calcato il palcoscenico, ma non vuol dire per forza  che avresti dovuto fare l’attore. Quando hai deciso che questa sarebbe stata la tua strada?

All’inizio da bambino vedevo incuriosito quello che faceva mio padre che fungeva da punto di riferimento, da li ho iniziato per gioco a recitare godendomi la parte ludica dell’essere in scena.

Poi c’è stato un momento in cui ho capito che quello che stavo facendo mi piaceva per davvero, mi sono trovato in tournèe ad Orvieto in un musical su Mary Poppins davanti a cinquecento persone e da li è scattata quella scintilla che mi ha fatto dire, dai proviamoci.

Avevo sei anni circa, mi sono emozionato tantissimo e nonostante le difficoltà di essere figlio d’arte che ti costringono il doppio a dimostrare il tuo reale valore ho deciso che da grande avrei fatto l’attore.

Un percorso lungo e complesso pieno di sacrifici vissuti in prima persona che sarebbe bello condividere un domani con chi pensa che fare questo mestiere bastino tanti click e tanta visibilità.

Il film è ambientato negli anni ottanta, mondo a te sconosciuto. Come ti sei documentato in merito e che idea ti sei fatto di quegli anni?

In tal senso mi ha aiutato tantissimo la passione per la moda che spinge ad incuriosirmi su quali erano le tendenze nel vestirsi nei decenni passati.

Son partito da questo riferimento estetico per ricostruire gli ottanta, dai pantaloni a zampa ad un certo tipo di scarpe per esempio, poi nei due mesi passati a girare a Ferla, un piccolo paesino in provincia di Siracusa, mi sono immerso totalmente in questa micro realtà dove il set e la vita reale scorrevano in parallelo come se io vivessi per davvero in quegli anni.

Sicuramente l’ambientazione ha giocato un ruolo fondamentale aiutandomi ad entrare nei panni di in un adolescente di anni ottanta che vive in quel particolare e non facile contesto.

Sei giovanissimo e per fortuna su argomenti di genere si sono fatti grandi passi avanti o è solo una mia impressione? Il delitto di Giarre oggi può sembrare anacronistico o ci sono ancora sacche di pregiudizio in merito nel nostro Paese? Nel film la tua famiglia sembra la migliore del mondo poi all’improvviso cambia tutto, Nino comincia ad avere paura proprio dalle figure che invece dovrebbero proteggerlo, un paradosso?

La mia realtà di diciannovenne mi spinge a dire che oggi sono stati fatti grandi passi in avanti in tal senso rispetto ai fatti di Giarre, frequento il Quinto Liceo e vivo nel mondo della scuola dove su argomenti del genere si possono avere opinioni diverse.

Quello che non riesco a capire e il perché di certi atteggiamenti o di prese di posizione basate su un pregiudizio fine a se stesso e non argomentato su nessuna base solida di ragionamento. L’ambiente familiare su queste tematiche influisce tantissimo perché è da li che nascono i valori che un ragazzo si porta appresso nella vita da adulto, l’esempio di Nino è proprio il caso lampante di come certe storture familiari possano deflagrare in qualcosa di tragico.

C’è ancora tanto lavoro da fare, ma il tipo di società multiculturale e multietnico che stiamo vivendo di sicuro ha aperto il fronte ad un cambiamento che è di fatto incontrovertibile e che deve sempre di più fondarsi sul rispetto della libertà delle scelte altrui.

Hai fatto e continui a fare tanto teatro, differenze formali e sostanziali rispetto al cinema? Vorresti portarle avanti in parallelo da grande?

La differenza sostanziale tra questi due mondi paralleli sta nel linguaggio, in teatro si enfatizza di più usando spesso un tono più plateale mentre il cinema è fatto più filtri e di attese, di silenzi o di sguardi dove bisogna agire in sottrazione, cosa alla quale non ero tanto abituato.

Vorrei continuare a portarle avanti entrambi, partendo dal fatto che il teatro dovrebbero provarlo tutti quelli che aspirano a diventare attori, anche se in questo momento vorrei entrare un po’ di più negli ingranaggi del cinema senza tralasciare però lo studio di base teatrale.

Nel film traspare un grande pudore e una purezza formale di grande delicatezza. Questo è un valore aggiunto che ti ha dato anche quella serenità nell’affrontare le scene più complicate?

Assolutamente si, questo non è un film tematico sull’omosessualità, non ha la pretesa di avere tesi pre-costituite, ma è semplicemente il racconto di una storia di due ragazzi dello stesso sesso che si innamorano decidendo di vivere il loro amore serenamente, questo pudore di fondo è stato a mio avviso uno dei punti di forza del film.

C’è una genuinità intrinseca che traspare, c’è un’empatia che lega questi personaggi a cui gli spettatori non possono che volere bene proprio per questa loro purezza d’animo che ha coinvolto anche me in prima persona come attore dandomi quella naturalezza nel girare le scene, anche quelle più intime, senza alcuna paura o ansia.

Passata la sbornia del film arriva l’esame di maturità. Immagino sia un momento molto intenso della tua vita, ma credo che dopo ci sia già qualcosa che bolle in pentola. Sbaglio?  

Si devo innanzitutto finire la scuola e finirla bene senza tralasciare nulla al caso, poi sicuramente ci sono tanti provini in ballo e vedremo come andranno, ma quest’estate stiamo rimettendo in piedi uno spettacolo teatrale sulla Shoah tratto dall’Amico Ritrovato, il libro di Fred Uhlman, a cui tengo molto e con il quale gireremo la penisola questa estate con un po’ di date. Sarà un’estate sicuramente diversa dalle altre in cui non ci sarà solo la vacanza, ma l’inizio di una nuova parte della mia vita piena di impegni e spero anche di nuovi lavori stimolanti.

Fabio Bandiera

foto di Maddalena Petrosino

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