Come sanno tutti coloro che abbiano fatto qualsiasi corso di comunicazione (anche quelli “ristretti” che ti promettono di trasformarti in un novello Martin Luther King in due ore), la comunicazione è composta da elementi verbali (tutto ciò che attiene alle parole e al contenuto), elementi non verbali (gesti, espressioni facciali…), elementi paraverbali (caratteristiche della voce: tono, volume etc..). Quindi il primo mantra dei formatori/comunicatori è: non concentrarti solo su cosa comunichi ma soprattutto su come lo comunichi! E parte subito la “torta” divisa in:
- 7% Verbale,
- 55% Non Verbale,
- 38% Paraverbale
a indicare la quasi inutilità delle parole a confronto con la “comunicazione di relazione” veicolata dal corpo e dalle sfumature della nostra voce.
Il contenuto non conta???
Ora, tralasciando le riflessioni sulla cattiva interpretazione di queste statistiche (magari ne parliamo in un altro articolo), quando vedo queste percentuali penso sempre alla loro concretizzazione in una situazione comunicativa quotidiana: “Le assicuro che sto facendo di tutto per recuperarlo ma non riesco a ritrovare il suo ordine” dice un addetto alle vendite ad un cliente infuriato perché l’ordine fatto un mese fa è andato perso. In questo caso, cambia qualcosa se alle parole si abbina una postura dimessa oppure fiera? Cambia qualcosa se si abbina un sorriso “scaccia guai” o un’espressione di compassionevole empatia? Siamo sicuri che il Verbale conti davvero meno del Non Verbale e Para-verbale? Ho seri dubbi al riguardo.
Mettere tutto in ordine
La domanda che invece mi faccio è: qual è il corretto ordine delle parole perché ci aiutino nel nostro obiettivo comunicativo? Proviamo con l’esempio precedente: secondo chi legge, dire “Le assicuro che sto facendo di tutto per recuperarlo ma non riesco a ritrovare il suo ordine” ha lo stesso effetto di “Non riesco a ritrovare il suo ordine ma le assicuro che sto facendo di tutto per recuperarlo”? Secondo me non è la stessa cosa. Stesse parole, stesso concetto, stesso para-verbale, stesso non verbale. Cambia solo l’ordine. E cambia quasi tutto.
Farsi delle domande
- Qual è il mio obiettivo comunicativo?
- Quali parole sono “parole chiave” per centrare il segno?
- In che ordine le metto in modo da evidenziare il concetto che voglio far passare?
- Ho utilizzato aggettivi accanto alla “parole chiave” per sottolinearle e stimolare l’attenzione dell’interlocutore (pare che gli aggettivi stimolino la visualizzazione dei concetti a cui si abbinano)?
Se organizziamo la nostra comunicazione seguendo queste domande, possiamo poi permetterci di non stare attenti alle nostre espressioni facciali o alla postura o a movimenti incontrollabili dei piedi… Quindi da “la comunicazione è quella Verbale ma anche Non Verbale e Para-verbale” a “La comunicazione è Non Verbale e Para-verbale ma è anche quella Verbale”! Potenza dell’ordine.
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