Perché disprezzarmi così tanto?
Spiegatemi, che cosa avrei fatto per meritare il vostro abominio?
Per il solo fatto di nascondermi sulle montagne?
Oppure perché da sempre mi preoccupo di far perdere le mie tracce tra la folta coltre di neve?
Cosa vi infastidisce, che non sia come voi, che i miei lunghi peli mi facciano più che altro assomigliare ad un orso?
Il mio desiderio è solo quello di starmene solitario e tranquillo tra le rocce innevate di casa mia, vivere la mia vita in santa pace e morire, poi, allo stesso modo come ho vissuto, osservando il mondo da quassù e immaginarlo immutato e immutabile.
Non pretendo che mi capiate, e anche se mi sono fatto vedere qualche volta, se ho tradito la mia riservatezza, vi assicuro che è stato per sbaglio, per una mia distrazione.
In un paio di occasioni abbiamo davvero rischiato di incontrarci faccia a faccia. Ho pensato spesso a cosa sarebbe successo.
Avreste voluto sapere tutto di me, vedere dove vivo, come vivo.
Chissà, magari avreste cercato di cambiarmi secondo i vostri costumi e le vostre abitudini. In realtà ho avuto paura che avreste cercato addirittura di uccidermi per poi trascinarmi a valle per far vedere agli atri come i mostri, da morti, si assomiglino tutti quanti.
In fondo mi avete sempre considerato un essere spregevole, guardato con timore, avete alimentato leggende cariche di sentimenti di avversione mentre io sono semplicemente uno yeh-teh, un uomo delle rocce.
Le montagne sono il mio tetto, i ghiacciai il pavimento e la neve soffice è la mia coperta.
Non c’è nessuno che conosca questi luoghi meglio di me. Conosco tutte le pareti, le creste, ho percorso i canaloni e i valichi in lungo e in largo, ammirato le più belle e sconosciute cascate di ghiaccio, ho raggiunto i picchi più alti e sono rimasto lì ad osservare il sole nascere e tramontare come se fosse uno spettacolo messo in scena solo per me.
Ed ecco che, a malincuore, quest’uomo che voi considerate abominevole, vi manda questo disperato messaggio. Siate liberi di crederci o meno.
Le montagne sono malate. I segnali del loro malessere, della loro sofferenza sono tanti, io li vedo ogni giorno.
Per molto tempo ho dominato le asperità di queste pietre, affrontato con sicurezza le avversità del tempo ma adesso, per la prima volta, al loro cospetto, mi sento impotente e fragile.
Non so cosa stia succedendo ed è per questo che vi chiedo aiuto. Vedere l’immutabilità del mio mondo sciogliersi lentamente mi riempie di dolore e preoccupazione.
Se tutto dovesse scomparire io scomparirei nello stesso modo, inesorabilmente.
E badate bene, non vi imploro per la mia di salvezza, ma per quella delle montagne, per la vita che custodiscono da secoli, per la loro presenza silenziosa ma necessaria. Aiuto.
Continuerò a lasciare le mie impronte sulla neve perché possiate seguire le mie tracce e se un giorno ci dovessimo incontrare vedrete che non sono poi così abominevole.
Alle volte, non lo nego, ho pensato che lo foste voi.
Il Sofà è una rubrica settimanale.
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