Ma proprio a Natale?

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di Claudio Razeto

È Natale. E sono vivo.

Lo so che come pensiero natalizio è un pò estremo.

Ma fidatevi. Niente è scontato a questo mondo.

Un po’ come i dirigenti nelle aziende tra i quali poter dire, “sono arrivato al panettone”, è sinonimo di aver conservato ruolo e posto di lavoro, anche quest’anno.

Sono arrivato al panettone anche io.

Senti la radio. La gente è già in movimento. Code di traffico in autostrada.
Aeroporti e stazioni sovraffollate. Il caos natalizio incombe.

In qualche modo, tutti si torna a casa.

Il weekend pre natalizio, si è chiuso tra cene, brindisi in ufficio, saluti tra colleghi.

È stata una maratona? Per tanti sì.

Ci sono date dell’anno in cui sembra che se non si riesce a chiudere le pratiche correnti, ci sarà un cataclisma o una sciagura cosmica.

Va sempre così. Ogni anno.

Anche le scuole hanno chiuso i battenti.

I ragazzi a casa, le vacanze alle porte.
Tutti pronti al rush finale. Tutti, o quasi.

Qualcuno migrerà verso località alla moda. Estero compreso.

Non c’è una lira, si sarebbe detto un tempo, ma i ristoranti sono pieni e molte mete di vacanze al tutto esaurito.

Però è Natale e per come ci hanno educati fin da piccoli, non è una festa qualsiasi.

Ce lo diciamo ogni anno, ma poi il trip consumistico prevale.

I “maledetti” e benedetti regali che fanno alzare il PIL nazionale, con le vendite di prodotti come le aziende alimentari, che lavorano tutto l’anno per alimentare gli acquisti più che si può, in una settimana d’oro per il loro business.

Oggi ci si mette anche internet che costringerà tanti fattorini e addetti alle consegne a lavorare fino agli ultimi 5 minuti.

Senza badare al fatto che anche quelle persone vorrebbero andare a casa per la Vigilia.

Tutto corre e non ci si può fermare.

Per vendere e far vendere oggetti, indumenti, hi tech, come se non ci fosse un domani.

Il Natale come lo conosciamo oggi è nato col consumismo.

Che un pò lo ha inquinato snaturando lo “spirito” del Natale.

Un sentimento al quale sono stati dedicati persino studi scientifici, perché tocca addirittura

delle aree neuronali.

In chi ci crede, in chi lo sente.

http://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/stilidivita/2015/12/18/lo-spirito-del-natale-si-accende-solo-in-chi-lo-ha_24f05547-e6f6-48f2-8cce-9aaa4ee6c440.html

Uno spirito così forte che un tempo si fermavano persino le guerre nella notte magica della Vigilia.

I soldati malinconici, cantavano per ritrovare in mezzo a morte e distruzione un po’ della loro umanità travolta dalla violenza.

Anche oggi c’è chi combatte le proprie guerre, che sia Natale o no.

Chi è ammalato, chi un lavoro non ce l’ha, chi è solo, chi sta vivendo una pagina triste di vita.

Natale affonda impietosamente la lama nella piaga.

Tanti anni fa mi è capitato un Natale brutto davvero.

Mi ero appena separato. Mio padre continuava a ripetere “Ma proprio a Natale?”.

Come se separarsi a Ferragosto fosse diverso.

Intanto mia madre tra un pianto e l’altro preparava il cenone.

Proprio a Natale. Già.

Ripensandoci aveva ragione. Era Natale anzi la vigilia e io chiudevo bruscamente un capitolo della mia vita. Non vi racconterò i dettagli. La privacy.

Ma posso dirvi che non fu facile.

La mia area neuronale natalizia era schiacciata dagli eventi.

Io quell’area ce l’ho di sicuro. Ho sempre amato il Natale.

Durante il servizio militare si poteva scegliere se andare a casa in licenza a Natale o a Capodanno.

Tutti sgomitavano per il Veglione.

Io invece volevo tornare a casa a Natale. Stare in famiglia.

Sentire l’atmosfera di dove ero nato e cresciuto.

E così passai la festa in famiglia e Capodanno in caserma.

Senza patemi, anzi, con quattro soldati e un caporale che non ho mai più rivisto e il cotechino e lenticchie offerto dall’Esercito italiano.

Strana la vita.

Il mio 24 dicembre da separato, invece, fu duro.

Non me l’aspettavo proprio.

Dolore, rabbia, la frustrazione di vivere il mio primo vero dramma di vita “adulta”, così all’improvviso.

Quando poi ci sono i figli di mezzo, beh è un colpo al cuore. Fidatevi.

Esiste una graduatoria degli eventi psicosociali stressanti, detti anche  “life events”.

Secondo il Life Experience Survey, in una scala che va da 1 a 30, la separazione e il divorzio gravitano al decimo posto (10).

Al primo ci sono la morte di un figlio e del coniuge.

Traumi terribili e irrecuperabili.

http://www.psychiatryonline.it/node/3677

Nella graduatoria, la separazione a Natale, non c’è.

Il fatto di ritrovarsi da soli, tornare a vivere dai propri genitori, girare da solo per le strade, in mezzo a vetrine illuminate, gente apparentemente allegra, le famiglie in giro a fare shopping, lo ricordo come un dolore palpitante.

Tutti erano felici, almeno a guardarli, sereni, in pace.

Io no. Per niente.

Era come se mi fosse passato sopra un camion col relativo rimorchio.

Mentre mio padre ripeteva: “Ma proprio a Natale?”.

Quella sera erano, a casa, nonostante gli sforzi, erano tutti tristi, amareggiati, perplessi, addolorati per me e per la mia ex famiglia che non esisteva più.

Se fosse stata una partita di calcio, la si sarebbe potuta annullare per impraticabilità di campo. Ma non si poteva fare.

Io invece ero annichilito. Ecco la parola giusta.

Abbattuto, confuso, umiliato profondamente, privo di ogni volontà e capacità di reazione (dizionario Treccani).

E tutti mi guardavano come se si aspettassero una risposta.

Una spiegazione che andasse oltre quel, “mi sto separando“, con cui cercavo di rispondere agli auguri di Natale e alle domande di amici, parenti e conoscenti al corrente della situazione.

Ti guardavano senza sapere che dire, o cercando di farmi dire cosa era successo.

No! Non non ho un’altra“, rispondevo ai più curiosi. Ed era vero.

Dopo tanti progetti, sogni, aspirazioni tutto era stato cancellato con una discussione civile e qualche recriminazione. Ricordo solo che non c’era rabbia. Almeno all’inizio.

Ma non avevo la minima idea di come sarebbe andata avanti la mia vita.

Ed era Natale. Uno dei più brutti della mia vita.

E nessuno fu capace di tirarmi su il morale. Neanche un po’.

Oggi a ripensarci è una brutta avventura.

Ma un’avventura che ha avuto senso, nel disegno fumoso, della mia esistenza.

O almeno così mi pare oggi che è passato e che nonostante altri guai,  sono veramente felice di esserci a Natale.

Certe cose, mentre le vivi, non sono mai chiare e definite.

Una grande pena, il Natale può essere questo e anche peggio.

Un peggio a cui non c’è fine, dicono i diversamente ottimisti.

C’è di peggio che separarsi a Natale.

Quelli che per loro sventura vivono i dispiaceri in cima alla lista dei life events – i genitori privati del loro bene più grande – non vivranno mai più come prima.

E anche per loro arriva il Natale.

È strano come non esista un termine che definisca il loro status.

Mentre quello di separato, divorziato, vedovo, ha un suo posto preciso e non solo nel dizionario.

http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/domande_e_risposte/lessico/lessico_283.html

Tra menù, bollicine, parenti seduti a tavola (graditi e non), panettoni e pandori, ci saranno anche quest’anno tante persone che non vedranno l’ora di andare a dormire e chiudere la festa prima possibile perché sentono di non avere nulla da festeggiare.

Il Natale può essere anche questo.

Purtroppo lo è per tante persone.

Papa Francesco di questa festa fondamentale per la Cristianità ha detto:

“Gli auguri di Natale sei tu quando perdoni e ristabilisci la pace anche quando soffri. Il cenone di Natale sei tu quando sazi di pane e di speranza il povero che ti sta di fianco”.

Messa così suona diversamente dalla “allegrezza” un po’ ebete da spot pubblicitario.

Io, con tutto il rispetto per Sua Santità, aggiungerei, che il Natale è quando la gioia ti esce dal cuore e riesci a passarla come una candelina accesa a qualcuno che in quel momento luci non ne vede.

Provateci. Non costa nulla ed è un regalo bellissimo.

Per scaldare l’anima e il cuore e poter dire che quei neuroni preziosi si sono accesi, ed è Natale davvero.

Claudio Razeto

Tempo di lettura: 2’30”

Foto tratta da: https://initalia.virgilio.it/natale-2019-roma-spelacchio-33051

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