Ricorsi storici:
“L’agglomerato urbano romano era una meraviglia dell’ingegneria civile, e non c’è dubbio che servizi igienici, fognature e sistemi di acqua corrente alleviassero gli effetti più spaventosi dello smaltimento dei rifiuti. Tali controlli ambientali si trovavano tuttavia a contrastare forze rovinose e devastanti, come un sottile e traballante argine di marca contro un oceano di germi (…)”.
da Il destino di Roma. Clima epidemie e la fine di un impero di Kyle Harper
Quando il grande vulcano nel Pacifico iniziò ad eruttare nessuno, a migliaia di chilometri di distanza, ebbe il minimo sentore di quello che sarebbe successo.
Il paese era già in grande difficoltà per la crisi economica.
Lo Stato centrale aveva continuato a imporre tasse sempre più alte alle categoria produttive, commercianti, imprenditori agricoli, artigiani, lavoratori.
Le ruberie di esattori e burocrazia avevano impoverito ancora di più la popolazione.
I politici promettevano cambiamenti che non arrivavano e si scontravano tra loro per conservare il potere che restava loro. Tra scandali e corruzione.
Cercando di tenere il popolo lontano dai posti di comando riservati all’élite della oligarchia statale, parlavano di riforme e cambiamenti che non avrebbero mai realizzato.
I servizi compreso il mantenimento dell’ordine, la nettezza urbana, l’igiene cittadina e la manutenzione delle infrastrutture si fecero sempre più scadenti.
Le città stavano lentamente decadendo.
I negozi chiudevano, le metropoli si spopolavano e la criminalità aumentava.
La crisi imperversava. La povertà aumentava.
Bande di fuorilegge infestavano interi quartieri con i loro traffici illeciti.
In alcune zone la gente aveva paura ad uscire col buio.
Quando il vulcano esplose liberando tonnellate di polveri a oltre 13.000 chilometri di distanza nessuno sospettò minimamente che la situazione sarebbe peggiorata ancora.
Il sole fu velato da nuvole scure poi le temperature si abbassarono velocemente.
Furono settimane, mesi di buio. Iniziò a piovere incessantemente.
Si verificò un brusco mutamento climatico che danneggiò irreparabilmente le coltivazioni.
Iniziò una piccola era fredda.
Le colture prima marcirono, poi gelarono.
Il crollo di produzione di cereali, grano, frutta verdura fu immediato.
Scomparvero la vite, il vino, l’olio. Iniziarono a morire gli animali. Le campagne vennero abbandonate e così le infrastrutture delle città.
La pioggia cadde a lungo. Canali, dighe, ponti, strade andarono in rovina. L’acqua straripata creò zone paludose e in alcune aree, al rialzo delle temperature, tornò in maniera massiccia la malaria.
Anche le fognature furono lasciate in abbandono e l’acqua potabile iniziò a scarseggiare creando inquinamento e gravi problemi sanitari.
La scarsità di cibo generò malnutrizione e indebolimento nella popolazione.
La gente cominciò ad ammalarsi. Prima febbri, poi infezioni, virus, anche la lebbra.
Nelle zone infestate da ratti tornò persino la peste che decimò gli abitanti.
Lo Stato, iniziò a dissolversi un po’ alla volta incalzato dagli eventi. I politici non c’erano più.
Rimasero pochi gruppi, in lotta tra loro, asserragliati in quello che rimaneva nella città perché fuori, l’anarchia, rendeva troppo pericoloso vivere.
Le case in muratura divennero baracche di legno e paglia.
I monumenti del passato furono lasciati al degrado e spogliati di marmi e materiali pregiati.
Si iniziò a girare armati divisi in bande di sopravvissuti. Sempre più isolati.
C’era poco da mangiare e chi poteva produrre qualcosa lo faceva solo per auto-sostentamento.
Il sistema governativo, la stessa società come era stata conosciuta fino ad allora non esisteva più.
Si era come sgretolata. Spazzata via in pochi decenni. A causa degli uomini e anche del clima.
Sembra la trama di un film di fantascienza. Invece è accaduto davvero.
Meno di 1.500 anni fa, proprio in Italia.
Ricorsi storici:
https://www.ilsole24ore.com/art/tutta-culpa-climate-change-ACC0mNa
Secondo recenti studi di climatologi e storici nel 536 dopo Cristo, l’eruzione del vulcano Rabaul causò l’aggravarsi di una crisi climatica che aveva già iniziato a colpire l’Europa, l’Italia e ciò che restava dell’Impero romano facendo calare di 1-1,5 gradi centigradi la temperatura.
Probabilmente i Romani antichi non se ne accorsero nemmeno, ma le interazioni ci furono.
https://www.ilfoglio.it/una-fogliata-di-libri/2019/06/26/news/il-destino-di-roma-262427/
Le guerre tra i Greci-bizantini e i Goti avevano già dissanguato per 20 anni l’intera penisola.
La siccità, le carestie fecero il resto.
Le azioni degli uomini in conflitto tra loro, ma anche I mutamenti climatici diedero un altro duro colpo a quello che restava della civiltà che per millenni aveva dominato il mondo, con le polveri lanciate a migliaia di chilometri di altezza dal vulcano, l’occultamento del sole e ciò che ne seguì.
L’antica Roma, o ciò che ne restava, già in crisi economica fu colpita mortalmente.
Quando i Longobardi nella Pasqua del 568 discesero dalla Pannonia, l’Ungheria di allora, non trovarono quasi nessuno a contrastarli.
Secondo gli storici non erano molti. Circa in 100.000 tra guerrieri, donne, vecchi e bambini.
Un popolo di migranti armati.
Ci furono sporadici episodi di resistenza dei bizantini ma la maggior parte di loro si ritirò verso sud.
Alcuni abitanti si rifugiarono nelle isole sull’Adriatico protetti dalla laguna dove sarebbe nata Venezia.
Quella meravigliosa città oggi minacciata dall’acqua alta.
Gli elementi che avevano causato la caduta finale di Roma e dell’Impero di occidente erano stati:
- uno Stato inetto privo di un governo stabile e capace di affrontare la crisi imminente
- i miopi interessi di parte delle classi più ricche
- un fisco esoso e iniquo
- lo stato di abbandono delle metropoli e dei servizi (fognature, canali, ordine pubblico)
- i mutamenti climatici e il definitivo crollo delle infrastrutture comprese quelle igieniche e sanitarie
- le epidemie e le malattie
- lo spopolamento prima delle città e poi delle campagne
- la natura imprevedibile e violenta
E poi il colpo di grazia dell’invasione Longobarda.
Ricorsi storici
Il passato ci insegna di quanto sia fragile l’equilibrio di un mondo e di una civiltà.
Basta studiarlo.
Legato a fili invisibili che un tempo venivano imputati agli dei o al Creatore.
Oggi studiati dagli scienziati di tutto il mondo che possono mettere in connessione eventi e fatti.
E’ importante esserne consapevoli.
Non solo le azioni dell’uomo, ma anche la natura può rivelarsi implacabile e dura.
Mostrando la nostra finitezza, i nostri limiti.
Oggi fortunatamente abbiamo strumenti che ci permettono di studiare e poi intervenire e cercare di prevenire, per quanto possibile, simili emergenze.
La nostra situazione, per fortuna, non è quella della Roma all’epoca della caduta.
La natura però può colpirci quando meno ce l’aspettiamo come dimostrano ancora i terremoti in tutto il mondo, i grandi incendi in California, gli tsunami in Asia.
O come in Artide dove le trivellazioni petrolifere liberano dal terreno l’antrace avvelenando uomini e animali.
La natura può essere imprevedibile e metterci in ginocchio in un attimo.
Solo qualche anno fa, nel 2010, l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjoll paralizzò il traffico aereo di mezzo mondo, per quasi 10 giorni.
https://it.wikipedia.org/wiki/Eruzione_dell%27Eyjafj%C3%B6ll_del_2010
Chi è rimasto bloccato in una qualche città europea, ricorda l’epopea del ritorno a casa.
Tra le conseguenze dell’evento ci furono anche le forti emissioni di fluoruro che misero in pericolo sia il bestiame che il foraggio.
Come al tempo dei Romani. Un vulcano islandese bloccò buona parte del mondo.
Ricorsi storici…
La Storia può ripetersi. Per cause diverse.
Mentre un’eruzione è un evento ineluttabile, l’inquinamento umano dipende solo dalla nostra civiltà e quel che è peggio dai nostri consumi.
Soprattutto voluttuari. Questo l’aspetto peggiore.
Ripensare il futuro
Oggi gli scienziati e i climatologi ci stanno avvisando dei pericoli che corriamo se non cesseremo la produzione di energia fossile e petrolifera sul pianeta.
Le accuse di falso allarmismo si affievoliscono. Emergono addirittura accuse a grandi istituzioni accademiche di aver ricevuto fondi per minimizzare il peso della minaccia:
- l’avvelenamento di fiumi e corsi d’acqua
- il disboscamento selvaggio
- l’emissione i Co2 sono sotto gli occhi di tutti.
Con i profitti addirittura di organizzazioni criminali legati alla peggiore politica.
Qualcosa però si è mosso
Greta arringa i governi. I giovani manifestano nelle strade di tutto il mondo per sensibilizzare i potenti.
Fanno notizia gli orsi polari affamati e le balene che vanno a morire arenate addirittura nel Tamigi davanti ai docks di Londra.
Ci si indigna per Taranto e l’Ilva che uccide gli operai e le loro famiglie.
https://www.leggo.it/animali/balena_morta_londra_tamigi-4898095.html
Nel nostro Paese stiamo già subendo in parte gli effetti di fenomeni meteorologici che i tecnici non esitano a definire nuovi. Ha piovuto per settimane.
Dopo le bombe d’acqua estive, le trombe marine, diluvi da nord a sud.
Il Po, l’Arno, il fiume Sarno esondano pericolosamente minacciando costruzioni che non dovrebbero stare così vicino ai fiumi.
Ma anche i centri di città come Firenze e Pisa.
In Italia si sono fatte palazzine persino ai piedi di grandi vulcani attivi – Etna e Vesuvio – giusto per lamentarsi della loro distruzione quando ci sono eruzioni non dico catastrofiche, ma appena importanti.
I lavori infrastrutturali degli anni 60 si stanno rivelando fragili.
Sabbia nel cemento armato, che armato non era.
L’abbandono allo stato brado di aree boschive non ha generato un effetto “verde” ed ecologico ma lasciato in abbandono aree che l’uomo deve gestire e curare anche per la proliferazione di animali un tempo selvatici. E i rischi sismici e vulcanici ci sono ancora specie in Italia.
Il nostro Paese, con infrastrutture “vecchie” di soli 60 anni, mostra tutti i segni del cedimento.
Strade, ponti, viadotti e poi acquedotti, dighe, costoni di montagna e quant’altro.
Persino le scuole, vecchie e malandate, cascano a pezzi.
Il tempo non aiuta. E sottopone a stress le infrastrutture se non vengono sottoposte a manutenzione.
Quando hanno ceduto gli “stralli” del viadotto Morandi, pioveva fitto su Genova, già ferita dalle esondazioni del Bisagno.
La struttura, perno di una delle più importanti autostrade d’Italia, almeno da quanto emerge dalle indagini, era già vecchia e danneggiata. I sensori disattivati.
Intanto piove e pioverà ancora – lo dice il meteo – e poi nevicherà.
Altra emergenza con il pericolo valanghe a monte e di blocco a valle come accaduto negli anni scorsi paralizzando lo Stivale.
L’inverno è ancora lungo. Appena iniziato. Cosa dobbiamo aspettarci ?
Si discute da mesi, anzi … se stiamo alla sciagura di Genova, da oltre un anno.
Ma non c’è ombra di un piano di intervento.
Così come manca una politica globale per lo smaltimento dei rifiuti. Per il ripascimento e la salvaguardia delle coste. Per la protezione dagli incendi di boschi e foreste.
La trasformazione delle città secondo criteri ecologici e basati sul risparmio energetico.
In tv pubblicità di auto diesel e benzina di cilindrata sempre maggiore. Che rende palese la necessità delle industrie, che legano alle auto le previsioni economiche di crescita nazionali, di vendere più che si può e finché dura.
Prima che si passi da pesanti e “inutili” fuoristrada, alle macchinette a batteria che il futuro ci imporrà prima o poi.
I Romani non conoscevano nemmeno dell’esistenza del vulcano Rabaul.
Come avrebbero potuto?
Eppure, la sua eruzione li colpì ugualmente.
Con l’effetto domino delle sue conseguenze “a catena”.
Oggi le nazioni, i governi, le industrie, i popoli sono perfettamente consapevoli di quello che potrebbe accadere. Persino il nostro Governo a Roma.
E’ iniziata in Europa la grande discussione di un tema che dominerà nei prossimi anni: l’ambiente e l’armonizzazione della vita umana con l’ambiente che lo circonda.
Persino nelle aziende, nel marketing, nella pubblicità si percepisce una svolta “green”.
Una tendenza improvvisa che si deve anche alle polemiche su Greta, alle sparate di Trump sugli accordi del clima, alla Cina rombante e inquinante percepita come una minaccia e non solo come un potenziale mercato.
Resta da vedere se si interverrà veramente e come.
Personalmente sono ottimista. Ce la faremo. Ma bisogna agire.
Intanto pare che pioverà. Ancora. Sull’Italia ma anche su questo nostro mondo ancora tutto da immaginare.
Tempo di lettura: 2’30”