Un aneddoto “sud africano”

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di Mudir

Mi trovavo a Roma per un periodo di training volto a prepararmi per le situazioni che avrei affrontato nelle Consociate africane.

Mi fu chiesto di organizzare la visita di due impiegati della Sasol, la Società sud africana per il carbone ed il petrolio.

Con loro c’era anche un ragazzo sudafricano impiegato nella nostra Consociata operante localmente.

Una volta esperito l’immancabile tour attraverso le innumerevoli bellezze di Roma, organizzo la cena in un ristorante nei pressi di Tivoli la cui proprietaria Anita mi trattava come un figlio.

Avrei certamente fatto fare un figurone alla mia Società.

Anita preparava i migliori cannelloni del mondo: ciò perché non solo utilizzava il forno a legna ma anche particolari frasche che avrebbero regalato al cibo sapore e profumi speciali.

Un successone: dopo il meraviglioso giro nel centro di Roma, la scorpacciata italiana, tipica, genuina e gustosissima proprio ci voleva.

I due ospiti erano in brodo di giuggiole, l’atmosfera era quella giusta, si sentivano accolti amichevolmente, fraternamente; non ci si trovava più in un clima di lavoro ma, immediatamente, di amicizia libera e complice.

Infatti, vista ormai la confidenza, chiesero apertamente di adempiere ad un “rituale” sudafricano, una loro abitudine legata proprio a queste speciali occasioni che andava rigorosamente rispettata.

Era necessario trovare un fiume.

Nessun problema; giusto a pochi chilometri dal ristorante c’è l’Aniene.

Senza indugi ci avviamo con la mia macchina verso Tivoli e verso il fiume.

Purtroppo però le molte curve e la necessità di fare presto, avevano generato disturbi di stomaco al nostro impiegato (confermandomi l’idea che le persone scelte al nostro interno sono piuttosto delicate di mente e di corpo).

Arriviamo comunque (con qualche fermata) al fiume dove il rituale sud africano avrebbe dovuto avere luogo.

In cosa consisteva dunque il rituale?

Avremmo dovuto, saldamente posizionati sull’argine del fiume, aprirci la patta dei pantaloni e …. fare pipì !

Mentre noi tre (io e i due impiegati Sasol) disegnavamo una curva nell’aria e ci impegnavamo per andare più lontano a chi sbaragliava la concorrenza, l’impiegato della nostra Consociata era lì che vomitava.

Mudir

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