Vacanze 2018 : “Ma quando arriviamo al mare ?”

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Le vacanze finalmente!!!. L’ora X è arrivata.

Ho salutato i colleghi, fatto i bagagli,  caricato la macchina, sistemato il gatto dalla vicina, presi moglie e figli, messo in moto e imboccato l’autostrada con il mio semi Suv quattro per quattro tirato a lucido e col pieno di gasolio. Era tanto che aspettavo, un vero conto alla rovescia e finalmente ci siamo: si va in ferie, tutti al mare.

Già proprio tutti.

Che sarà dura lo capisco già all’imbocco dell’autostrada.

Migliaia di vetture come la mia, stracariche e al limite. Per un pò ci spero, magari girano alla prossima uscita e spariscono, invece no vanno tutti nella stessa direzione, il mare, la mia, e sono tanti, troppi.

Quest’anno niente vacanze intelligenti, li apostrofo in silenzio.

Mentre guido, i bambini sui sedili dietro giocano con i tablet e mia moglie fa il resoconto dettagliato di viaggio all’amica con il telefonino.

Cosa avrà da raccontare visto che siamo partiti da meno di un’ora, boh?

I bambini da dietro chiedono: “Quando arriviamo al mare”, ma è un attimo poi si perdono sulle tastiere.

Silenziosi e assenti.

Ripenso ai viaggi di quando ero piccolo nella Fiat 500 con me e mio fratello che ci pestavamo sui sedili dietro e mia madre che cercava di allungarci un ceffone per farci stare buoni, mentre papà guidava.

È cambiato tutto ma il traffico no, quello sembra immutabile da generazioni.

Tre ore per fare 50 chilometri di strada, folla ovunque, ai caselli dove non ti salvi nemmeno col telepass, agli autogrill dove la massa variopinta e colorata compra di tutto anche e soprattutto quello che non gli serve, folla alle pompe di benzina e incolonnata fino sui raccordi d’uscita. È un serpentone di famigliole,  gruppi di ragazzini, coppie già scoppiate prima ancora di partire, coatti metropolitani e signori distinti col cabrio e il cappellino tipo mille miglia, turisti olandesi e svizzeri con auto nuovissime.

Nell’aria, tra le auto in fila che avanzano inesorabilmente verso le spiagge italiche, puoi sentire l’effluvio di quei gas di scarico, l’odore  di benzina, tipo il napalm di Apocalypse now, che brucia sotto il sole cocente da 40 gradi all’ombra.

Affiancati nelle auto, veri quadretti di umanità diffusa: una coppia di pensionati, un’altra lei meno di trent’anni le gambe tatuate i piedi nudi allungati sul cruscotto poggiati sul vetro tanto da lasciarci le orme, lui quarantenne canotta per far vedere il lavoro fatto d’inverno in palestra sui muscoli enormi.

Chiaramente tatuato e piercingato al telefonino tutti e due nonostante i divieti; tanto, sembra rispondere guardandomi sprezzante, siamo quasi fermi.

E in effetti siamo fermi e da più di cinque minuti.

Il serpentone è bloccato. Qualcuno inizia a spegnere il motore. Non vorrai mica inquinare e poi la benzina costa un botto.

La voce si diffonde lungo la colonna,  incidente in testa, no è un furgone in fiamme. Radio gavetta delle autostrade inizia a diffondere a voce i suoi comunicati più disparati.

I più arcaici si sintonizzano su Isoradio e i più tecnologici controllano su Waze o Google maps.

Alla fine la verità emerge agghiacciante: 30 chilometri di coda per tamponamento a catena e non ci si muove.  Le auto ora sono tutte a motore spento. Cominciano ad aprirsi timidamente gli sportelli e un’umanità mesta e dolente si riversa sulle doppie carreggiate bloccate in attesa.

Dall’altra parte del guard rail, in direzione opposta, filano che è un piacere.

Forse era meglio la montagna, penso.

Essendo che è l’ora di pranzo compaiono come d’incanto vettovaglie di ogni genere, dai panini del grill dei più previdenti, alle teglie di pasta al forno dei meglio organizzati.

“Quando arriviamo al mare ?”, gemono da dietro i bambini ma è un attimo e risprofondano nei videogame dei portatili. Calma … abbiamo acqua, tea freddo, un pacco formato famiglia di merendine, caramelle gommose e persino strisce di liquerizia. Ce la possiamo fare. Accanto a noi hanno apparecchiato sul cofano un improvvisato picnic con tanto di tovaglia a quadri.  Dietro un gruppo di teen ager con lo stereo a palla tipo rave party. Un signore ha sistemato una sdraio al limite della corsia di emergenza e seduto si legge comodo il giornale come se fosse già ai bagni.

Scendo dal semi Suv e guardo all’orizzonte: nessuna speranza, siamo fermi bloccati e di quella lunga fila non riesco a vedere la fine.

“Quando arriviamo al mare” chiedono i bambini, ma non staccano gli occhi dalle consolle nemmeno mentre mangiano le merendine.

Mia moglie è sempre al telefonino con l’amica. Praticamente non ha mai smesso di parlare da quando siamo partiti, una diretta alla Mentana. Nonostante il blocco autostradale i motociclisti sono i soli ad avanzare e marciano inesorabili stile Mad Max, sulla corsia preferenziale come se fosse la cosa più normale del mondo. Compare anche una macchina della Polstrada lampeggiatori accesi abbaglianti e sirene intermittenti, per far spostare la gente che ormai passeggia in autostrada quasi fosse sul corso a fare shopping. Gli sta dietro un’ambulanza accesa che pare  un albero di Natale. Ci sorvola persino un elicottero.

Me ne sto lì poggiato allo sportello. Siamo fermi in autostrada e non sembra accenni a sbloccarsi per ripartire. Intorno a me ormai è una sagra paesana on the road. Un ragazzo palleggia tipo Maradona con il classico pallone rosso Santana da torneo al mare. Se la palla finisse sulla corsia opposta, dove le auto sfrecciano a centotrenta e passa, sarebbe un bel guaio ma nessuno sembra porsi il problema.  Mi guardo intorno sconsolato … ho smesso se no mi accenderei una sigaretta. Fermi bloccati sotto il sole cocente di agosto, siamo tantissimi ma mi sento un pò solo.

E alla faccia delle partenze intelligenti, anche io mi domando:

“Ma quando arriviamo al mare ?”. 

Tempo di lettura: 1’50”

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