Ecco perché è importante usare le parole giuste quando si raccontano le violenze di genere.
Troppo spesso i media trattano in maniera inappropriata il tema della violenza di genere. Il maltrattamento, lo stupro o l’omicidio diventano storie da narrare, piene di colpi di scena, dichiarazioni, rivelazioni, ritratti dei protagonisti.
C’è la tendenza a soffermarsi su dettagli morbosi, come l’abbigliamento della vittima e la descrizione delle ferite subite. Spesso nel raccontare un femminicidio si parla di “raptus”, anche quando avviene dopo anni di violenza domestica e magari anche dopo diverse denunce che, di fatto, si sono rivelate inutili.
Ma parlare in questo modo di violenza di genere ha gravi conseguenze.
La lettura morbosa dei fatti finisce per minimizzare un reato che colpisce in Italia 7 milioni di donne. Soffermarsi su dettagli scabrosi che non aggiungono nulla alla cronaca dei fatti accaduti significa spostare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla vittima, anziché sulla ferocia dell’aggressore.
L’opinione pubblica diventa un tribunale. Ad essere messa sotto accusa è la vittima, che si sente giudicata e violata nel proprio pudore. Utilizzare il termine “raptus”, poi, implica una colpevolizzazione della vittima: avrebbe potuto immaginare i motivi della “perdita di controllo” e ha quindi, in qualche modo, meritato quanto le è accaduto.
La spettacolarizzazione della violenza di genere ha gravi conseguenze negative anche sui figli delle vittime.
La violenza assistita è oggi considerata solo un’aggravante, quando invece dovrebbe essere considerata un reato. I bambini e i ragazzi che ne sono vittime subiscono danni che li accompagneranno per tutta la vita. I figli maschi di vittime di abusi sono più inclini, da adulti, a mettere a loro volta in atto comportamenti violenti. Le figlie femmine sono più inclini a subire la violenza come se fosse un destino inevitabile.
Usare le parole giuste per parlare di violenza di genere è quindi di fondamentale importanza.
Lo è per eliminare i pregiudizi e combattere gli stereotipi culturali alla base della violenza. Occorre trovare parole che rispettino le donne, non le colpevolizzino e non portino a giudizi affrettati, avallando i luoghi comuni più sbagliati.
Violenza di genere, i corsi per i giornalisti.
Al fine di fornire ai professionisti dell’informazione dati, linguaggi, conoscenze medico scientifiche, psicologiche e normative per capire fino in fondo il fenomeno della violenza di genere e raccontarlo con le parole giuste, in autunno ripartiranno i corsi di formazione per giornalisti “Stop alla violenza di genere. Formare per fermare” I corsi, organizzati con il supporto non condizionato di Menarini, vedranno la partecipazioni di magistrati, psicologi, criminologi, medici e giornalisti con un’esperienza specifica sulla violenza di genere.
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