Alla scoperta della Città di Petra in Giordania

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di Manolo Rufini

All’incrocio tra Oriente e Occidente, la città di Petra in Giordania fondata 2000 anni fa, è nascosto tra rocce rosse con pareti scoscese.

Un ambiente favoloso e monumentale che fu arredato in modo sublime dai Nabatei durante l’antichità.

Questo sito archeologico situato nel deserto del Wadi Rum in Giordania è una terra di storia e avventura, punteggiata di visite e ampi spazi aperti. Il Kazneh, chiamato “il Tesoro del Faraone”, è il monumento emblematico di Petra ma la città è enorme e ha in serbo per voi tante altre scoperte…

Petra significa “roccia” in greco antico. Porta bene il suo nome perché i numerosi edifici, le cui facciate monumentali sono tagliate direttamente nella roccia, fanno della città di Petra in Giordania un insieme monumentale e unico.

La città di Petra fa parte della lista delle nuove 7 meraviglie del mondo.
Visitare Petra non significa solo ammirare “il Tesoro”, questa famosa facciata che ci proietta in un film di Indiana Jones.

In realtà, la visita di Petra ti porta in un infinito canyon di arenaria (un Wadi) la cui scoperta, distribuita su più giorni, sarà scandita da tombe, grotte, sorprendenti formazioni geologiche, resti antichi e carovane di cammelli.

La città nabatea di Petra si trova a metà strada tra il Golfo di Aqaba (Mar Rosso) e il Mar Morto. Si trova ad un’altitudine compresa tra 800 e 1.400 metri a circa 230 km a sud di Amman, la capitale giordana (3 ore di macchina).

In breve la storia della città di Petra in Giordania 

La costruzione dei monumenti del sito di Petra risale all’anno -100 nell’antichità. Fu fondata dagli Edomiti ma furono i Nabatei, un popolo di commercianti arabi del sud della Giordania, a erigere tombe, templi, monasteri e caravanserragli.

La sua valle era apprezzata per la posizione strategica e la facilità di difesa. Petra era un passaggio essenziale per le carovane che trasportavano incenso, spezie e altre merci tra l’Arabia, l’Egitto, la Siria e il Mediterraneo.

Al suo apice intorno all’anno 50, la città di Petra ospitava più di 25.000 abitanti. Annessa ai Romani intorno all’anno 100, divenne il punto di partenza degli attacchi romani contro l’Impero dei Parti in Iran.

Intorno all’anno 300, la modifica della viabilità ma anche un violento terremoto portarono al progressivo abbandono della città. Fu conquistata dagli Arabi poi dai Franchi ma il suo interesse fu allora minore finché cadde completamente nell’oblio nel XIII secolo…

Fu solo alla fine del XIX secolo che gli archeologi se ne interessarono, vi effettuarono colossali scavi e rivelarono l’esistenza del luogo al mondo intero.

Luoghi da non perdere nella città di Petra in Giordania 

La rocciosa città di Petra in Giordania è enorme, un parco archeologico copre un’area di 264.000 m2, il doppio dell’area di Parigi!

Per questo motivo, ti ci vorrà più di un giorno per esplorarlo. Se hai solo un giorno da dedicare a questo sito dell’antichità, avrai comunque il tempo di vedere i siti più belli.

Alla città di Petra in Giordania si accede tramite il famoso Siq. Questo stretto sentiero di montagna si estende per 1,5 chilometri attraverso una gola profonda 200 metri.

Un’incredibile avventura nel tempo. È un momento magico, di profonda spiritualità percorrere questo siq in silenzio e lasciare che mano mano si intraveda Il Khazneh ossia il famoso Tesoro della città di Petra in Giordania.

La facciata del Khazneh è quella che avete visto mille volte in foto. Alto 40 metri e largo 28, è soprannominato “il Tesoro del Faraone”. È una tomba reale risalente all’anno 100 a.C.

Il Monastero “Ad Deir” è un tempio simile al Tesoro ma c’è meno folla perché i meno coraggiosi non arrivano a questo monumento situato a 4 km dall’ingresso. Ed è un peccato poichè, a mio avviso, per la sua struttura e la sua posizione, è molto meglio del tesoro. Si può raggiungere attraverso un superbo sentiero che offre paesaggi grandiosi e l’accesso è a volte ripido, irregolare e faticoso. Il suo nome di monastero deriva dai monaci cattolici ma era un luogo di culto durante l’antichità.

Manolo Rufini

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