Doping: prevenirlo è meglio che punirlo

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di Alberto Aiuto

Nel Capitolo XIII dei Promessi Sposi, Alessandro Manzoni descrive l’assedio della casa del vicario di Provvisione, accusato dai milanesi della carestia e di tutti i disagi conseguenti.

“Tutti, alzandosi in punta di piedi, si voltano a guardare da quella parte donde s’annunziava l’inaspettato arrivo (del gran cancelliere Ferrer. ndr).

Alzandosi tutti, vedevano nè più nè meno che se fossero stati tutti con le piante in terra; ma tant’è, tutti s’alzavano”. Che c’azzeccano I Promessi sposi con il doping?

Qualche anno fa, un collega toscano a cui avevo chiesto dei programmi per il fine settimana, mi disse che avrebbe partecipato ad una gara ciclistica per dilettanti, un percorso complicato tra i saliscendi delle colline senesi.

Alla mia domanda sulle possibilità di vittoria, mi rispose, con il massimo candore, che avrebbe dovuto usare “un aiutino”, altrimenti non avrebbe avuto nessuna possibilità! “Sai, lo fanno tutti”, concluse vedendo il mio stupore.

Questo significa che oggi, siamo di fronte a un sommerso enorme: il doping è diventato un fenomeno sociale (preoccupante), non più circoscritto alla sola cerchia degli atleti professionisti e non più limitato al giorno prima della gara, ma che coinvolge anche chi svolge una semplice attività fisica, senza aspirare a competizioni, pur conoscendo i rischi a cui potrebbe andare incontro.

Che cos’è il doping

“Costituiscono doping l´assunzione o la somministrazione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche e idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”.

È quanto cita l’art. 1 della Legge 14 dicembre 2000, n. 376 che disciplina in Italia la tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping.

Il doping è un reato penale, punito fino a tre anni di reclusione (che possono diventare di più se insorgono danni effettivi per la salute), se ad essere indotto ad assumere sostanze vietate per doping è un minorenne o se, a distribuire le sostanze, è un dipendente del CONI.

È dunque un fenomeno riguardante non solo l´etica sportiva, ma anche la salute pubblica.

Doping: un po’ di storia

Di fatto il doping è una pratica nota sin dall’antichità: gli antichi atleti greci usavano miele e formaggi fermentati che contenevano tiramina, una sostanza che favorisce la produzione di energia.

Uscendo dal puro ambito sportivo, sappiamo che la cocaina è stata utilizzata dalle popolazioni dell’America Meridionale nella zona andina peruviana per migliorare l’efficienza, la forza e la durata dell’attività fisica.

Numerose sono le descrizioni storiche e mediche sulla masticazione delle foglie di coca e di come questa abitudine permettesse alle popolazioni locali di sostenere lavori faticosi, in un ambiente sfavorevole dal punto di vista atmosferico a causa delle alte quote.

Del resto, doping è un termine olandese/sudafricano (doop/dope) che indicava una bevanda a base di alcool e tè che aveva come scopo quello di far resistere alla fatica gli schiavi.

Nell’era moderna, il contrasto al doping è una battaglia lunga un secolo.

Risalgono al 1920 i primi divieti contro l’uso di sostanze che potenziavano la resistenza fisica e falsificavano i rendimenti delle attività sportive.

All’epoca, però, l’elenco di queste sostanze era scarno e anche i controlli si riducevano a casi sporadici. Oggi invece la lista delle sostanze vietate è molto lunga e il “doping” è un fenomeno tanto conosciuto quanto diffuso ma ancora difficile da arginare, nonostante i numerosi passi avanti fatti sia a livello normativo sia organizzativo ed informativo.

Il 10 novembre 1999 è nata la World Anti-Doping Agency (Wada), recentemente intervenuta anche sul caso che ha riguardato il tennista Jannick Sinner, entrato indirettamente in contatto con il clostebol, sostanza dopante contenuta in una pomata utilizzata da altri.

Wada nasce con il preciso compito di “promuovere e coordinare a livello mondiale la lotta contro il doping nello sport in tutte le sue forme, attraverso test antidoping sia durante le competizioni che fuori competizione”.

I diciannove articoli del suo statuto rappresentano tutt’oggi il manifesto di legalità a cui devono uniformarsi tutti gli Stati e le relative Federazioni e Comitati a cui sono associate le diverse categorie sportive.

Le numerose morti sportive avvenute tra gli anni ‘40 e ‘70 furono il primo campanello d’allarme e il primo processo penale per doping nella storia del calcio, istruito della procura di Torino sul caso Juventus e terminato in Cassazione nel 2007 con l’accertamento della frode sportiva causata dall’uso sproporzionato di farmaci, è stata la prova maestra di un fenomeno ancora oggi dilagante.

Solo nel 2004, quando cioè è entrato in vigore il Codice mondiale Antidoping, si è capito che il principio ispiratore della lotta al doping non dovesse essere solo la lealtà sportiva ma anche e soprattutto la tutela della salute umana.

Doping: le sostanze utilizzate

La lista delle sostanze biologicamente e farmacologicamente attive che circolano negli spogliatoi e nelle palestre è molto lunga.

Si possono raggruppare in tre categorie principali:

  1. i farmaci non vietati per doping, ma utilizzati per scopi diversi da quelli autorizzati: la loro somministrazione a persone non malate è sempre pericolosa in quanto priva di finalità terapeutica, scopo fondamentale di un medicamento. Tra i farmaci più usati gli antinfiammatori non steroidei;
  2. i farmaci vietati per doping: la Eritropoietina (EPO) e i suoi derivati, gli anabolizzanti e gli stimolanti.
  3. gli integratori, ovvero i prodotti salutistici, vale a dire tutti quei prodotti che servono a reintegrare eventuali perdite di macro e micronutrienti (sali, aminoacidi, vitamine).

La EPO è una glicoproteina prodotta dal rene che agisce stimolando la proliferazione e la maturazione di globuli rossi. Il suo uso in medicina è relativo al trattamento dell’anemia nei pazienti con insufficienza renale cronica.

In ambito sportivo, vengono somministrate, per via endovenosa, sostanze di sintesi correlate all´EPO che migliorano il trasporto di ossigeno nel sangue.

Oppure si ricorre all’autotrasfusione: l’atleta si sottopone a un prelievo di sangue, che, dopo essere stato adeguatamente conservato e non appena i globuli rossi sono tornati a livello normale, gli viene trasfuso nuovamente, ottenendo così un incremento del numero dei globuli rossi e il conseguente aumento di ossigeno nel sangue.

Per questo motivo è molto diffuso tra ciclisti e maratoneti, costretti a prestazioni atletiche di lunga durata.

Il ricorso all’EPO comporta rischi non trascurabili per la salute dell’atleta, correlati all’aumento della viscosità del sangue e della pressione arteriosa, come ictus, trombosi e infarto del miocardio.

Gli anabolizzanti sono sostanze sintetiche con azione simile agli ormoni maschili.

Per lo più provocano la crescita dell’apparato muscolo-scheletrico e lo sviluppo delle caratteristiche sessuali maschili. In medicina vengono usati per curare la pubertà tardiva; per trattare l’ipogonadismo, condizione nella quale i testicoli non producono sufficiente testosterone per una normale crescita, sviluppo e funzionamento sessuale; in caso di deterioramento del corpo causato dalla sindrome AIDS e da altre malattie.

Gli steroidi anabolizzanti, al di fuori dell’ambito medico, sono spesso usati tra i culturisti e gli atleti di altri sport di contatto, in quanto accrescono lo sviluppo muscolare, potenziando la forza fisica e la resistenza allo sforzo.

Gli effetti negativi includono tossicità a carico del fegato, degli apparati cardiovascolare, del sistema riproduttivo, endocrino, epatico, osteoarticolare e l’apparato neuropsichico e sviluppo di tumori.

Gli stimolanti (ad esempio amfetamine, cocaina, efedrina, pseudoefredina, caffeina) sono impiegati come doping in quanto aumentano il livello di vigilanza, riducono il senso di fatica e possono aumentare l’agonismo e l’aggressività.

Gli effetti negativi comprendono disturbi cardiovascolari fino ad aritmie anche mortali e veri e propri disturbi neurologici e psichiatrici.

Gli integratori alimentari sono alimenti, che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, come vitamine e minerali, o altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico.

In ambito sportivo vengono spesso usati con la speranza di incrementare la massa muscolare, ridurre il grasso corporeo, aumentare la velocità, migliorare la resistenza ed avere un recupero più rapido.

Sono facilmente reperibili in quanto presenti anche sugli scaffali dei supermercati. Dal punto di vista legale, non essendo considerati farmaci, non sono sottoposti ad una rigorosa regolamentazione.

Per quelli ad uso sportivo è prevista l’autorizzazione ministeriale, per altri la semplice notifica presso il Ministero, ma ve ne sono innumerevoli altri ancora, che vanno sotto il nome di prodotti salutistici (dai prodotti erboristici e dietetici a quelli omeopatici, dagli antiossidanti alle tavolette energetiche).

Uso lecito delle sostanze dopanti.

Solo in presenza di condizioni patologiche dell´atleta documentate e certificate da un medico e verificata l´assenza di pericoli per la salute, è consentito un trattamento specifico con sostanze vietate per doping e la possibilità di partecipare ugualmente alle competizione sportiva.

Ma anche in questo caso il trattamento deve rispondere a specifiche esigenze terapeutiche e la documentazione deve essere conservata e tenuta sempre a disposizione dall’atleta.

Il controllo anti-doping vero e proprio sulle competizioni e sulle attività sportive spetta ad alcuni laboratori accreditati dal Comitato Internazionale Olimpico (CIO).

Doping: la situazione in Italia

In Italia la legge 376/2000 disciplina la tutela sanitaria nelle attività sportive e la lotta contro il doping, ispirandosi alla Convenzione di Strasburgo del 1989 contro il doping.

Le federazioni sportive hanno introdotto controlli antidoping sempre più rigorosi e stringenti.

 

Dal 2013, una sezione del Comitato Tecnico Sanitario, è deputata specificamente alla vigilanza e al controllo sul doping e alla tutela della salute nelle attività sportive, e deve riferire annualmente al Ministero della Salute sullo stato di attuazione della legge del 2000 e sull’attività svolta.

Purtroppo, la legge prende in considerazione solo le attività agonistiche, dunque le gare e le competizioni organizzate dalle Federazioni ufficiali.

I dati della relazione infatti si basano sui controlli antidoping programmati ed eseguiti sulle manifestazioni sportive: nel 2022 (ultimo dato disponibile) non è stato predisposto alcun controllo fuori gara!

Anche se siamo coscienti che il fenomeno è tracimato anche tra gli atleti amatoriali, forse perché, in una società che valorizza il successo e la vittoria sopra ogni altra cosa, alcuni atleti possono sentire di dover usare farmaci che migliorano le prestazioni per poter primeggiare.

In realtà, è importante che gli atleti comprendano i rischi legati all’uso di sostanze dopanti e scelgano di competere in modo leale e onesto.

L’uso di sostanze proibite non solo danneggia la salute degli atleti, ma compromette anche l’integrità dello sport e la credibilità delle competizioni.

Gli atleti devono essere consapevoli delle conseguenze negative che il doping può avere sulla loro carriera e sulla reputazione delle federazioni sportive a cui appartengono.

In conclusione, il doping è un problema complesso da affrontare con un approccio multiforme. Anche se le pressioni e le tentazioni di doparsi possono essere forti, gli atleti devono ricordare che la vera essenza dello sport risiede nella ricerca dell’eccellenza attraverso duro lavoro, dedizione e perseveranza.

Restando fedeli a questi valori, gli atleti dilettanti possono raggiungere il successo e la realizzazione nel loro sport senza compromettere la loro integrità.

Alberto Aiuto

Tempo di lettura: 3’20”

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