Con l’invecchiamento avviene (lentamente) un fenomeno fisiologico a carico della struttura ossea: la perdita di calcio delle ossa.
Con i termini osteopenia e osteoporosi si individuano due diverse fasi di evoluzione della stessa malattia. La condizione di osteopenia indica un basso livello di densità ossea che precede la successiva e più grave fase di osteoporosi.
Se non trattata, l’osteopenia è destinata a peggiorare ed evolversi in osteoporosi. Intervenire con una terapia può rallentare il passaggio alla fase di osteoporosi e a volte addirittura evitarlo.
È evidente che l’identificazione precoce dello stato delle nostre ossa può consentire l’attuazione di misure finalizzate al rallentamento o all’arresto della malattia e alla prevenzione delle temute fratture da fragilità, a carico di vertebre, femore e omero prossimali, polso e caviglia.
Per farlo è necessario fare un esame radiografico, la cosiddetta MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata).
Il valore di riferimento per la classificazione è il T-score. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un T-score inferiore a 2,5 DS è indicativo di osteoporosi. Un risultato compreso tra -1 e -2,5 DS è indicativo di osteopenia. Cosa fare nei casi peggiori?
Osteoporosi. Determinanti dieta e stile di vita
Il calcio è un minerale essenziale per il corretto funzionamento del nostro corpo, che viene assorbito dalle ossa. La vitamina D invece serve nell’assorbimento del calcio.
Dunque, per prima cosa, è necessaria una dieta ricca di calcio e vitamina D (presente nel pesce azzurro, pesce spada, trota, tuorlo d’uovo, yogurt, cereali integrali, frutta secca, funghi, fagioli e spinaci, bietola, cicoria, cavolo nero, oltre ad esporre viso, braccia e mani alla luce diretta del sole e all’aperto. Inoltre, sono disponibili latti vegetali (soia, cocco, mandorle e riso) addizionati di vitamina D e integratori. Ai miei tempi si usava il disgustoso olio di fegato di merluzzo.
È anche fondamentale un’adeguata esposizione al sole.
Osteoporosi. I farmaci
Vengono utilizzati farmaci, che riducono il riassorbimento dell’osso o ne promuovono la formazione, da assumere su prescrizione medica.
Ci riferiamo:
- alla calcitonina, in spray nasale, che aiuta a far entrare il calcio nelle ossa;
- i bifosfonati (alendronato, risedronato, ibandronato e acido zoledronico) che limitano il processo di decalcificazione delle ossa;
- la teriparatide, un ormone che aiuta a ricostruire il tessuto osseo;
- il raloxifene, un modulatore selettivo del recettore degli estrogeni, specie per donne in post-menopausa o nei soggetti in terapia cronica con cortisone o chemioterapici;
- il denosumab, che agisce bloccando l’attivazione degli osteoclasti, quindi aumenta la densità ossea e riduce il rischio di sviluppare fratture.
Tra tutti questi farmaci, la scelta della terapia da adottare non è ovviamente casuale, ma viene adattata dal medico sulla base delle caratteristiche individuali del paziente.
Qualunque sia la scelta, l’essenziale è curarsi.
Il miglioramento clinico non si tocca con mano: per questo è importante la mineralometria ossea periodica, soprattutto nei soggetti affetti da particolari patologie o che assumono nel medio-lungo periodo farmaci che possono causare osteoporosi.
Ogni 3 secondi, nel mondo, un uomo o una donna si fratturano il femore, il polso o una vertebra a causa di un’unica patologia, l’osteoporosi.
Sono eventi che hanno rilevanti conseguenze sia in termini di mortalità che di disabilità motoria, con elevati costi sanitari e sociali. Comportamenti corretti, una buona prevenzione e farmaci adeguati possono aiutare ad arginare questo fenomeno
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