“Ma fai rumore sì,
Che non lo posso sopportare
Questo silenzio innaturale,
E non ne voglio fare a meno oramai
Di quel bellissimo rumore che fai”.
Diodato, da Fai rumore, vincitore del 70 Festival di Sanremo
Un ragazzo vince a Sanremo 2020 e un suo pensiero va a Taranto, la sua città natale, al dramma di chi combatte per il lavoro e contro il cancro che l’inquinamento di quel lavoro ha provocato.
Fate rumore, dice il titolo della canzone e forse non è casuale.
Forse la vita vuole darci un messaggio. In un mondo in cui tutto è rumore.
Ci vorrebbero più VOCI, più messaggi pensati e più criterio nel condividerle e comprenderle.
Bisogna far emergere quello che conta e che non è solo rumore ma qualcosa di più.
Il rumore. Quante cose oggi possono essere classificate con questa parola.
Il traffico, gli aerei che ci passano sulla testa, la folla.
“Rumore è un segnale di disturbo rispetto all’informazione trasmessa in un sistema.
Come i suoni, il rumore è costituito da onde di pressione sonora”
Rumore contro informazione intesa come “l’insieme di dati, correlati tra loro, con cui un’idea (o un fatto) prende forma ed è comunicata”. (da Wikipedia)
La domanda è di quelle facili:
Oggi abbiamo più bisogno di rumore o di informazione, di idee correlate tra loro anche col fine di farci prendere decisioni importanti, o di rumore che ci distragga dai nostri problemi dalle nostre vite ?
Perché il rumore oggi, troppo, spesso è quello che l’informazione la sovrasta, rendendola nulla, muta.
Questo rumore ci insegue quasi volesse imporci la sua forza rispetto al pensiero che per sua natura è MUTO, silenziosamente ma rumorosamente interiore.
Un rumore meno presente in passato e che la nostra epoca ha portato a una tale intensità e presenza nelle nostre vite da penetrare ovunque.
Odio personalmente quando navigando sul web mi imbatto in pagine che aprono un video ad alto volume senza che io l’abbia chiesto.
Mi da un disturbo fisico.
O il volume della televisione che si alza in automatico quando si passa dal programma che stavo guardando, all’inserzione pubblicitaria.
Però quando entro in casa accendo subito la tv, anche per non guardare un programma ma solo per farmi fare compagnie da voci che parlano senza dirmi nulla.
Come quando da ragazzino studiavo con la radio (c’erano le prime mitiche radio private) e riuscivo lo stesso a fare compiti nonostante i rimproveri dei miei genitori.
Siamo circondati dai suoni e la viviamo tutti questa invadenza sonora, questo attacco da parte del rumore anche non richiesto.
Tanto che oggi è quasi miracoloso trovare un angolo di silenzio in cui raccogliere le idee.
E ci stupiamo quando ciò accade quasi quella mancanza di suono fosse una carezza per il nostro udito.
Tanto da cercare, a volte, l’esistenza di un luogo in cui ovattato, il cui il mondo perde la sua voce lasciandoci per un po’ in “santa pace”.
Serve anche quello, la mancanza di suoni e rumori.
Perché le idee di solito si raccolgono nella concentrazione del SILENZIO.
E serve anche il suono del mondo.
Tutto nelle giuste dosi e nella maniera più utile.
Il silenzio a volte fa paura ma di rumore, se lo vogliamo, ce n’è anche troppo.
Persino tutto quello che ci arriva con gli smartphone sembra avere un suo suono, un suo rumore, che ci allarma, rallegra o rattrista, ci indigna o ci offende secondo i casi.
E di quello che riceviamo con questi nuovi strumenti da cui ormai siamo inseparabili.
Anche quando non parla, con la voce di chi ci chiama (a volte ci perseguita come un Call center) emette il suo suono, il suo rumore a partire dal tintinnio o dalla suoneria che ci avvisa dell’arrivo di un sms.
A volte così disturbante da obbligarci a “silenziare” il telefonino.
Perché il rumore può essere anche un DISTURBO. Nei casi meno graditi e richiesti.
Oppure può essere una VOCE che parla e ci dice qualcosa.
Spesso, purtroppo, ci ritroviamo nel primo caso… solo disturbo, con il relativo fastidio.
Perché il nostro, se non lo silenziamo ogni tanto, è un mondo GRIDATO, urlato in faccia come un eterno messaggio che non smette mai. Cambia solo forma e colore, forza e empatia.
Un rumore alla costante ricerca di qualcuno che ascolti.
A caccia di followers, audience, ascoltatori. Sinonimi di gente che sta lì ad ascoltare.
E basta!
Ogni evento sia esso leggero o grave produce un suo suono.
E oggi si porta dietro, spesso, un rumoroso bagaglio: i rumorsli chiamano gli inglesi, i fake gli addetti ai lavori dei nuovi media.
Falsi messaggi, RUMORI camuffati da notizie o cose utili da sapere anche quando non lo sono.
Il rumore di una voce o più voci, più forte che grida più delle altre.
Come quando i politici fanno a chi urla più forte nei programmi tv senza far capire nulla a chi sta dall’altra parte.
I leader delle grandi potenze lanciano messaggi che comunque siano diffuse sono sempre grida di monito, minaccia, offesa o se va bene di pace, solidarietà, visione di un futuro che oggi manca proprio di una voce univoca e giusta capace di raccontarcelo.
Fino al “capra capra” ripetuto e urlato per annichilire l’avversario verbale.
Trasformando la voce in una forza fisica forte quanto uno schiaffo.
E basta!
Il RUMORE usato come un’arma.
Retorica, dialettica ma pur sempre arma, l’arma della polemica.
Quella stessa polemica che oggi nutre la nostra contemporaneità, con la necessità di sollevare rumore.
Rumori che coprono tutto il resto.
Siano essi musica, polemiche, proteste, grida, risse da talk show, comizi politici.
Spari, bombe, risse, scontri, fanno i rumori peggiori.
Quelli della violenza che urla anche quando è muta.
Come le sirene dei bombardieri nazisti che piombando giù dal cielo terrorizzavano col loro suono prima di uccidere la gente con le bombe.
Anche se quando sentiamo quelli veri sembrano sempre meno “veri” di quelli del cinema o dei film in televisione.
L’arma più violenta resta alla fine la parola.
Quella che uccide più della spada. Che riesce a colpire anche quando è solo scritta e senza suono ma dal fragore assordante come quello di un’arma da fuoco.
Il post violento (che sia razzista, xenofobo, omofobico, sessuofobico, ignorantemente e laicamente blasfemo) di un hater su un social media.
Sono muti ma URLANO, gridano rabbia, rancore, odio, sofferenza da trasmettere e condividere.
E poi ci sono i media. Anche loro a volte ci bombardano di rumore.
Il rumore delle BUGIE. Della PROPAGANDA.
Della parola usata per dividere, confondere, contrapporre strumentalmente.
Senza un fine positivo ma meramente strumentale e di parte anche attraverso il lancio di una notizia, il titolo in prima pagina su un giornale, la propaganda di temi e argomenti di cui non si conosce ma di cui si parla lo stesso (vedi i vaccini e le campagne no-vax, l’antisemitismo e la storica ignoranza dei negazionisti).
Perché a volte, anzi spesso, fa più notizia una “bufala” di una notizia vera, una balla che grida un falso messaggio raccolto da chi non ha voglia di informarsi ma solo l’impulso e raccogliere un falso per rilanciarlo senza assumersene poi la responsabilità.
Poi ci sono le GRIDA disperate di chi chiede giustizia, equità, comprensione o anche solo amore e solidarietà “cristiana” come si diceva una volta.
Un treno deraglia e muoiono dei lavoratori per un errore umano.
Due persone che avevano iniziato una giornata come tante non torneranno più a casa.
Un processo per omicidio che viene riaperto.
Un astronauta che torna dallo spazio e ci dà lo stesso allarme di una ragazzina e di tanti giovani come Greta che il mondo è in pericolo e qualcosa bisogna fare.
Fino al festival della canzone in tv dove la musica fa fatica a farsi spazio nel rumore delle polemiche, dei sermoni politici, delle giuste recriminazioni e di tutte quelle “voci” che cercano ogni pretesto, ogni possibile platea, per urlare e gridare il proprio messaggio.
Perché bisogna far rumore. Fare rumore per esserci ed esistere.
Ma è proprio cosi? A volte si, senza dubbi né recriminazioni.
Le grida di una madre che chiede giustizia per un figlio ucciso, come nel caso assurdo di Marco Vannini, un ragazzo di 20 anni gravemente ferito da un colpo di pistola e il cui caso, senza l’intervento della Cassazione, tra reticenze e bugie, rischiava di essere derubricato quasi come un “incidente domestico”.
Le proteste dei lavoratori che chiedono spiegazioni per un un’incidente sul lavoro, come il treno deragliato a Lodi
Gli operai, come quelli dell’Ilva di Taranto, che chiedono di poter lavorare senza morire di cancro.
I commessi e addetti di ditte chiuse che protestano per aver perso il proprio lavoro tra bancarotte e reati finanziari.
Le organizzazioni che ci avvertono che nonostante le cure nei prossimi anni i casi di tumore aumenteranno del 60% dico sessanta per cento a causa di quello che respiriamo, mangiamo, beviamo, inspiriamo.
Non era rumore la denuncia del medico cinese che per primo ha lanciato l’allarme del CORONAVIRUS e per questo prima “silenziato”, poi arrestato e alla fine ucciso dalla malattia che cercava di curare.
Aveva capito cosa stava succedendo.
E’ stato preso per un mitomane e per prima cosa messo a tacere.
Un vero eroe dei nostri tempi, silenzioso, e privato di VOCE.
Oggi lo chiamano l’eroe di Wuhan ma forse andava ascoltato prima e adesso, dovrebbe far meditare i Governi che troppo facilmente decidono di “censurare” messaggi importantissimi come quello di Li Wenliang che nessuno ha gridato né diffuso quando si sarebbe dovuto.
Sono quelle le voci che a volte scambiamo per rumore e ci rifiutiamo di ascoltare.
A volte è necessario trovare la forza per capire e dare spazio anche a quelle voci che di rumore ne fanno meno e che rischiano di scomparire nel più assoluto silenzio.
Perché si cerca di soffocarne la voce e di annullarne il messaggio. Sia esso futile e di intrattenimento e di cruciale importanza.
Presa ognuna nel suo contesto, isolata, ognuna di queste notizie può aprire un mondo a parte.
Anche quando questa globalizzazione di informazione, dati, sensazioni, ne fa un miscuglio di cose che diventano inevitabilmente parte della nostra vita.
Rumori e basta o voci da ascoltare?
Voci che magari finiscono nelle strofe di una canzone che in qualche modo, quasi senza rendersene conto, ci richiama a un modo diverso di GRIDARE e di ASCOLTARE, nella maniera giusta, la vita che rumorosamente ci rotola letteralmente intorno.
Lanciandoci messaggi che avremmo dovuto ascoltare e che invece cadono nel vuoto (da un consiglio da amico, alla parola di un genitore, al grido di aiuto di un figlio, alla silenziosa preghiera di ascolto di chi la vita ci porta vicino anche solo per un attimo ).
Salvo poi farcene rammaricare e dire a noi stessi che avremmo fatto meglio a dare loro ascolto.
È difficile a volte distinguere le voci dal rumore.
In questo nostro mondo che di rumore ne fa tantissimo.
Tanto da farci desiderare ogni tanto un po’ di silenzio in cui ritrovare noi stessi e ritrovare l’ordine corretto delle parole e delle cose.
In ogni caso per tutte le novità sul coronavirus ti invitiamo sempre a verificare le informazioni e le notizie sulla sezione specifica del Ministero della Salute
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