Il coronavirus, l’effetto farfalla e le crisi nelle nostre vite

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di Claudio Razeto

L’effetto farfalla:

La globalizzazione è arrivata, alla fine, anche se non è quella che ci aspettavamo.

La frase un pò criptica dello scienziato di Jurassic Park, Jan Malcolm (l’attore Jeff Goldblum), lo riassume bene:

“Una farfalla batte le ali a Pechino e a New York arriva la pioggia invece del sole”. 

La teoria del Caos. L’effetto farfalla. Era il 1993. 

All’epoca chi l’ha capita era bravo. Non credo siano stati tanti.

Oggi suona singolarmente profetica anche per il parallelo, attualissimo, tra Pechino e New York.

Se un ricco e superstizioso cinese consuma a Wuhan una zuppa di pipistrello “magica”, diventa portatore di Coronavirus e poi se ne va in giro per il mondo a parlare di business che lo faranno diventare ancora più ricco, contagia clienti e fornitori, e scatena un’epidemia epocale, beh il problema è di tutti. Di tutto il pianeta. 

Lo ha confermato anche la nota virologa Ilaria Capua.

Un pipistrello ha portato il COVID19 alias CORONAVIRUS.

http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2020/01/20/in-16-anni-5-virus-hanno-imparato-a-colpire-luomo_efb9c586-361a-4b66-ac99-e7db702ee26e.html

Un effetto farfalla con cui non è arrivata la pioggia ma il virus e poi il panico mondiale.

I servizi sanitari, le quarantene, e l’esigenza urgentissima dei vaccini.

Medici, scienziati, specialisti che stanno studiando con la cultura della scienza sono l’arma più efficace, che abbiamo. Fanno parte di organizzazioni, istituzioni GLOBALI e mondiali.
Prima però viene la consapevolezza di dover affrontare quella che è una vera e propria CRISI.

CRISI VIENE DAL GRECO SIGNIFICA ‘SCELTA, DECISIONE’

Non collasso, né blocco, ma l’azione di scegliere cosa fare davanti ad un evento che impone di fare qualcosa.

E in questo caso, che non è l’unico, si tratta di decidere del nostro futuro.

Oggi la parola crisi, come quella del coronavirus, ci tocca tutti, come esseri umani che vivono sullo stesso pianeta.

Italiani, cinesi, americani, tedeschi o francesi o africani.

Identità, nazione, confini, sono concetti che riemergono, quando la contrapposizione ci sembra un modo razionale per sfuggire o risolvere problemi.

O per cercare di tenerli fuori dalle nostre vite.

Ma funziona?

I muri, le dogane, i divieti, i visti tutti gli strumenti di “chiusura”.

Porti aperti o porti chiusi?

Immigrazione indiscriminata o blocco?

La guerra in Siria, a cannonate e bombardamenti, tra Russi e Turchi, milizie pro o contro Assad, sta spingendo – oggi – centinaia di migliaia di profughi verso i confini europei.

Una massa disperata e pacifica, con tanti bambini, in marcia verso i confini di un’Europa che chiude i confini per contenere il virus.

In tutto questo l’Italia sembra, almeno sulla carta, uno dei paesi più colpiti dalla diffusione della malattia, l’unico con zone rosse chiuse, comunità isolate e divieti di manifestazioni che prevedono grandi assembramenti di persone.

La situazione, già critica, viene resa difficile da leader politici che invece di spegnere incendi li appiccano con folle incoscienza.

Quasi vivessero su un altro pianeta.

What’s going on? Direbbe la canzone

Volevamo la nostra bella tranquillità, una vita ordinata e “felice”, niente problemi o meno possibili.

Studiare, lavorare, costruire le nostre esistenze indipendentemente da tutto.

E volevamo avere tutto, tutto quello che era lecito (in alcuni casi e per qualcuno anche illecito) avere.

Invece non è così. Bisogna sempre considerare che non viviamo in una bolla, una palla di vetro che ci protegge da tutto.

La “bella vita”, è bella, sempre ma ha i suoi default, i suoi blocchi e le sue CRISI che ci impongono cambiamenti di

  • stili di vita, 
  • comportamenti 
  • atteggiamenti
  • modi di pensare
Panta rei, tutto scorre, scriveva Eraclito più di 2.000 anni fa.

Anche le nostre vite, anche quando non lo vorremmo proprio.

Pensate ai momenti veramente felici della vostra vita, quelli memorabili alcuni minimali, altri epocali almeno per voi.

Fatti che a volte ci sfiorano, a volte ci toccano altre ci travolgono.

Privati e collettivi.

La morte fa parte di questi eventi.

Il più estremo ma fa pur sempre parte dell’ordine naturale delle cose perché tutto ha un principio e una fine anche se non ci piace.

E in tanti muoiono ogni anno per

  • malattie (179.000 morti di cancro nel 2016)
  • incidenti stradali (3.300 morti sulle strade, investiti sulle strisce pedonali, 600 morti nel solo 2018)
  • criminalità (143 femminicidi, nel solo 2018)
  • persino incidenti domestici (4,5 milioni di cui circa 8.000 mortali ogni anno)
  • attività ludiche come alpinismo, paracadutismo, sport estremi ed altro   
  • Per il CORONAVIRUS risultano 1.000 contagi e 29 decessi aggiornati a questo week end (1 marzo 2020)

29 decessi !! E molti contagiati stanno guarendo.

Sono i numeri che parlano e dovrebbero tranquillizzarci.

Farci vedere quello che sta succedendo per quello che è, un evento che nella sua negatività ha i suoi limiti definiti.

Poi ci sono le tragedie, i casi che in qualche modo ci coinvolgono o ci toccano.

Che aprono crisi anche se i numeri delle vittime non sono altissimi.

Quando arrivano notizie di alluvioni o eventi naturali che fanno migliaia di morti in luoghi lontani, Asia o Africa, liquidiamo il pensiero in fretta anche se sicuramente ci dispiace per quelle persone.

Gli tsunami del 2004 in Asia fecero 230mila morti, ma fummo tutti colpiti perché c’erano tanti italiani in giro per vacanza che vennero coinvolti.

Più eclatante l’impatto con eventi più vicini a noi che hanno provocato un numero relativamente basso di vittime ma con un maggiore impatto emotivo sul nostro modo di “viverle”.

Le povere vittime che in una giornata estiva erano nella stazione di Bologna, stroncati da una bomba il 2 agosto del 1980, dove ci furono 85 morti.

Quando i brigatisti rapirono Moro uccidendo i 5 uomini della sua scorta a Roma, 9 maggio 1978, andavo a scuola.

Ci mandarono tutti a casa, mentre per strada era un delirio di posti di blocco e sirene della polizia.

La strage di Capaci, 23 maggio 1992, Falcone con i suoi 5 morti e poi Borsellino in via D’Amelio, 6 morti.

Nel 1990 facevo il militare ed è scoppiata la guerra del Golfo. Nei combattimenti e sotto le bombe morirono 20.000 iracheni e circa 600 militari delle forze occidentali.

Nassiriya per l’attentato dei militanti di al-Qa’ida caddero 19 italiani e 9 iracheni.

Questi eventi ce li ricordiamo tutti.

La guerra civile in Siria – che vediamo ogni sera in tv – ad oggi ha causato la morte di 250mila persone e altre ne moriranno se Turchia, Russia, Siria con l’intervento di Europa, Usa, Cina e Onu non smetteranno di sparare.

Poi ci sono gli eventi che pur senza vittime sono rimaste nel nostro immaginario collettivo. Aprendo crisi nazionali e internazionali come l’austerity e la crisi petroliferatangentopoli, la bolla immobiliare e la crisi finanziaria del 2008.

Alcuni fatti, epocali per chi viveva in un paese diverso dell’Italia, li abbiamo conosciuti solo informandoci con i mezzi disponibili ai tempi oppure dopo, oggi, magari grazie a un documentario di Discovery.

Ci hanno toccato meno perché accaduti in altri Paesi.

Poi qualcosa è cambiato.

L’attentato alle Twin Towers l’11 settembre del 2001, con oltre 2.900 morti, è stato il primo evento realmente globale ed epocale della nostra storia intesa come UMANITÀ.

Vissuto in diretta, mentre i jet si schiantavano contro i grattacieli di New York.
La morte e i funerali di lady Diana nel 1997.

Le esequie solenni di Papa Wojtila, con il vento che “sfogliava” la Bibbia sul sagrato di San Pietro l’8 aprile del 2005.

Fino alla guerra dell’ISIS o gli attacchi al Bataclan nel 2015 con i suoi 137 morti inclusi i 7 attentatori.

O fatti di grande impatto sociale ed economico, come la BREXIT, avviata col referendum del 2017 e culminata con l’uscita prevista quest’anno.

Ognuno di noi potrebbe costruire una mappa storica che collega gli avvenimenti della propria vita e le connessioni con quelli della storia.

Negli USA, per esempio, è entrato tra i modi di dire comuni la frase: “Tu dov’eri l’11 settembre 2001”, quasi quella data fosse un punto di convergenza nella vita di tutti gli americani.
Sono stati gli ultimi 20 anni che hanno cambiato tutto. Il web ma anche un’informazione più globalizzata.

Reso tutto più interdipendente.

Aperto i vasi comunicanti.

Collegato a tutti noi le CRISI, globalizzandole.

Ora è la volta del CORONAVIRUS, che forse, per la prima volta ha creato una situazione che ci coinvolge veramente tutti, indistintamente, come esseri umani e non come cittadini di un singolo stato o di una regione.

Perché? Beh perché ha instillato in tutti noi, indistintamente, la paura di ammalarci e di morire. Anche se in termini statistici questa sensazione è del tutto irrazionale. Quasi folle. 

Un assurdo del nostro cervello perché questo pericolo, quello di morire, lo corriamo tutti lo stesso, costantemente anche se facciamo finta di niente. Forse anche troppo. Specie quando la vita la mettiamo a rischio – la nostra e quella degli altri – magari usando lo smartphone guidando la macchina o sballandoci prima di metterci alla guida.

Tutte situazioni di pericolo che se messe in moto possono portare ad una CRISI.

Queste situazioni, ci invitano, a fermarci un istante, a fare il punto della nostra storia. A scegliere e decidere cosa fare e come farlo.

E prima delle crisi può esserci comunque un bivio, un punto di svolta in cui la giusta decisione può evitare conseguenze negative per noi e per gli altri.

Si può sbagliare “porta” e allora ci sono le conseguenze da affrontare.

C’è sempre una “sliding door”, una porta girevole, un’alternativa di scelte che possono cambiare il nostro futuro e portarci, o meno, in una CRISI personale o collettiva.

D’altra parte nessuna di queste CRISI ha mai bloccato il mondo.

E nemmeno questa ci riuscirà.

Di certo comunque vada – bene sicuramente – i primi mesi di questo 2020 entreranno nella nostra storia.

Speriamo insegnandoci qualcosa per il futuro!

Quello del CORONAVIRUS resterà un fatto epocale che ci segnerà, forse, più di tanti precedenti.

Un vaccino sarà sicuramente trovato. 

Una cura ci sarà.

I tg inizieranno a parlare d’altro. Ci tranquillizzeremo.

Torneremo alla vita di sempre. Andremo in ufficio normalmente, in vacanza, a pranzo e cena con gli amici. Ricominceremo.

Anzi è già ora di ripartire.

RICOMINCIARE. Se non oggi sicuramente domani.

Dopo una crisi c’è sempre un nuovo inizio.

Possibilmente la possibilità di imparare dagli errori commessi se la crisi non è stata fatale.

E non lo è mai dai tempi dei Maya e degli antichi Romani (che tra l’altro hanno visto la fine dell’Impero ma non si sono estinti).

Restano altre CRISI, anche più insidiose, che non devono essere messe in un angolo.

Il CLIMA è una di queste. Alla vigilia dello scoppio del caso virus la presidente

Ursula von der Leyen aveva annunciato l’esigenza di una “transizione climatica ed ecologica”.

“Non abbiamo più bisogno di parlare di urgenza e di obbligo di agire, non più, perché dobbiamo passare all’azione e mettere in atto il nostro patto verde per l’Europa, il lavoro per farlo inizia oggi”, (14 gennaio 2020)

http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2020/01/14/clima-von-der-leyen-dobbiamo-passare-allazione_c08c51ed-5c41-4610-9cf5-2c3d76a03ee8.html

Le follie del clima non sono finite, anzi.

Una nuova politica energetica, sociale, industriale, si impone.

In fondo anche questo virus e il suo contagio sono stati una forma di inquinamento.

Alimentare.

Mangiare pipistrelli o animali vivi, come si fa in certi paesi asiatici, in primis la Cina da cui – non va dimenticato – il virus è partito, dovrebbe essere illegale in tutto il mondo.

Un animale che è stato espressamente indicato come portatore di malattie, non dovrebbe nemmeno sfiorare le tavole di noi esseri umani. Cose del genere, evitabili con un minimo di discernimento, andrebbero proprio evitate.

Così come i deliri dei fakers e l’esigenza di una regolamentazione dell’informazione che eviti dannose e pericolose fesserie come quelle dei “no vax” complottisti.

Si muore anche per un’intossicazione alimentare presa in un take away che lavora senza rispettare norme di igiene e di salute.

Ci si ammala anche con le sigarette elettroniche.

Si muore con i mix di droghe. Si spandono virus mortali anche col sesso promiscuo.

Non si cura il cancro con l’acqua ossigenata o con i cibi alternativi.

Le mode alimentari vanno bene, la ricerca di cibi che ci fanno stare meglio va bene a patto che non diventino deliri pseudo-religiosi, forme di magia moderna create per un po’ di followers in più.

E per vendere integratori o pozioni, che se ci fate caso sono spesso pubblicizzati o sponsor di queste pagine di contro-informazione “no vax”.

La storia sta lì e l’effetto farfalla ormai è inevitabile.

A noi UMANI, imparare a difenderci e capire che ormai, è inevitabile: siamo tutti sulla stessa barca. Più educazione, rispetto per gli altri, cultura, comprensione e apertura mentale possono solo giovarci.

Sorridere al mondo e agli altri e combattere con la forza dell’ottimismo quello che ci capita, finché possiamo e ce la facciamo.

Aiutare chi resta indietro, da solo, e questa forza non ce l’ha.

Creare sistemi sociali per il bene delle persone, la loro crescita, il loro supporto.

Sorridere, amare e alimentare la fiducia nel futuro che vince le CRISI, CORONAVIRUS compreso, e migliora la vita.

Claudio Razeto

Tempo di lettura: 2’30”

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