La Storia siamo noi

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di Claudio Razeto

Siamo tutti storia. Granelli di sabbia dell’esistenza. Frammenti di vite sparse e mosse da una quotidianità che per quanto modesta o appartata, vivrà momenti più o meno memorabili.

C’è chi fa la Storia con la S maiuscola.

Consapevolmente o no.

  • Cesare,
  • Gesù Cristo,
  • Carlo Magno,
  • Napoleone

e tutti i personaggi che continuamente ispirano l’intero apparato mediatico a nostra disposizione.

E poi ci siamo noi che a questa storia, la nostra, quella che ci è dato vivere, assistiamo.

Vivendo anche grandi eventi, momenti epocali. Collettivi.

Che nella storia sono già entrati.
Davanti alla tv in bianco e nero 50 anni fa, vedere l’uomo sbarcare sulla Luna.

Gli anni di piombo per strada, il sequestro Moro con i posti di blocco, tangentopoli e le monetine lanciate dalla folla contro l’auto di Bettino Craxi, i funerali di Papa Woytila e le pagine della Bibbia mosse da un vento “mistico”.

Qualcuno può e potrà dire…io c’ero.

Una cara amica mi raccontò di Roma nel ’43, durante la guerra.

I tedeschi, i bombardamenti e poi gli Alleati che liberavano la città.

Lei c’era e ricordava quello che aveva visto, con il filtro dei suoi ricordi, della sua esperienza personale e delle percezioni fisiche che aveva avuto.

Le paure, le gioie, le speranze di allora.

Ricordi. Memorie che se fissate in qualche modo possono contribuire a “vedere” il passato.

Poi però c’è la Storia. Quella vera.

Studiata, analizzata, ricostruita. Anche con strumenti nuovi e tecnologicamente avanzati.

Oggi l’analisi del passato passa attraverso nuove discipline.

  • Archeologia,
  • sociologia,
  • antropologia

e tanti altri strumenti in grado di darci un quadro sempre più definito di ciò che è stato.

Persino la biologia, la criminologia forense, la genetica e la climatologia che tramite lo studio delle ere fornisce altre informazioni preziose alla ricerca.

Per questo anche la Storia può cambiare.

Non è più un dogma immutabile. Fissato per sempre.

Una lettera, un diario, una scoperta archeologica, un frammento di papiro, possono fornire nuove testimonianze e scoperte.

A volte sono vere scoperte rivoluzionarie, a volte dei falsi.

I cosiddetti Diari di Hitler pubblicati nel 1983 sulla rivista Stern, si rivelarono come una “bufala” colossale.

Ben 60 volumi, si disse ritrovati in un Junker 52 tedesco abbattuto nei dintorni di Dresda.

Un giornalista Gerd Heidemann disse di averli acquistati per 9 milioni di marchi dal pittore Konrad Kujau.

Autorevoli studiosi avallarono la scoperta.

Tra questi Hugh Trevor Roper, storico inglese, una vera autorità in materia.

L’evento mediatico fu enorme.

Newsweek offrì 3 milioni di dollari per l’esclusiva.

Peccato che era tutto falso.

Analisi dei documenti rivelarono che i Diari erano stati scritti con inchiostro più recente, su carta made in China.

Il giornalista e il pittore furono arrestati per frode e la storia dei Diari ritrovati, bellissima per una spy story, ma totalmente fabbricata a tavolino, si sgonfiò tra dimissioni di giornalisti e denunce da scandalo.

https://www.wired.it/play/cultura/2018/05/05/fake-news-falsi-diari-hitler/?refresh_ce=

Se nel caso di Hitler il movente furono i soldi, in molti casi è la strumentalizzazione politica a motivare i “falsari” del passato.

Una delle più antiche falsificazioni, riguarda persino la Chiesa cristiana cattolica.

La Donazione di Costantino è un documento che per diversi secoli ha rappresentato la “patente” di legittimazione del potere temporale dei Papi romani.

Secondo il documento, un editto imperiale del 315 d.C, Costantino imperatore riconosceva al Papa, Silvestro I, oltre alla sovranità sul clero, la superiorità del papato sul potere imperiale.

Un potere enorme visto che in base all’editto il Papa, in pratica, legittimava come unto da Dio, il capo dell’impero.

Ne conseguiva che la Chiesa, oltre ad essere uno Stato a tutti gli effetti, diveniva l’arbitro del potere politico di tutto l’Occidente cristiano.

Da quell’editto derivava, la giurisdizione civile su Roma, sull’Italia e sull’Impero romano d’Occidente, e poi l’enorme ricchezza della Chiesa, ancora oggi esistente, a 1700 anni di distanza.

L’editto era un clamoroso falso, un apocrifo, riconosciuto come tale non ai giorni nostri, ma nel 1440 da Lorenzo Valla che lo denunciò in un opuscolo messo all’indice tra i libri proibiti dalla Chiesa.

Il documento, secondo studi recenti, era stato “fabbricato”  a Roma dalla Cancelleria pontificia tra il 752 e il 777, ben 4 secoli dopo la sua data ufficiale.

Un falso che avrebbe comunque avuto effetti enormi sulla storia e sul peso politico del futuro Stato sovrano della Città del Vaticano.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Donazione_di_Costantino

Per far sì che una falsità appaia come vera, basta ripeterla finché tutti ci credono.

“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”,

è opinione comune che il gerarca nazista Joseph Goebbels sia l’autore di questa frase, ma tanto per restare in tema anche questa attribuzione sembra sia falsa.

Insomma le insidie per chi studia il passato sono nascoste dappertutto e d’altra parte bisogna rassegnarsi a verità approssimate e mai assolute.

Persino esserci. Vedere di persona, non basta.

Anzi può essere addirittura fuorviante.

Diari, lettere, testimonianze passano il “filtro” inevitabile di chi le racconta.

E allora la ritirata nella neve di Russia del 1943, di Mario Rigoni Stern diventa un pezzo di storia ma anche di vita vissuta, come l’Anabasi di Senofonte che, per avervi partecipato, raccontava più di 2300 anni fa l’epopea militare di un esercito in fuga verso la salvezza.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Anabasi_(Senofonte)

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Il_sergente_nella_neve

Certo è che spesso la narrazione ha motivazioni celebrative.

La storia, si dice, la fanno i vincitori anche se non è del tutto vero.

Giulio Cesare scrisse il De Bello Gallico per celebrare le sue imprese militari ma ci ha lasciato ugualmente una testimonianza viva della guerra in Gallia.

Comprese le brutture e gli orrori.

Resta il fatto che se l’avesse scritta lo sconfitto Vercingetorige, avrebbe avuto una stesura diversa.

Oggi il “consumo” di Storia è decisamente aumentato.

Per assurdo anche in paesi come l’Italia, che non brilla, purtroppo, per gli indici di lettura dei suoi abitanti, quello storico è un filone che piace.

Saggistica ma anche narrativa.

E poi il cinema con grandi film, le fiction, i documentari.

È chiaro che esigenze sceniche o di trama possono talvolta forzare la “verità” ritrovata dagli studiosi, peraltro aggiornata da sempre nuove scoperte che proiettano una luce diversa sugli avvenimenti del passato anche più recente.

La scoperta che i soldati di Hitler fin dal 1939, consumassero il Pervitin, una metanfetamina, per sostenersi nei combattimenti della Seconda guerra mondiale, può dare l’immagine di un esercito di “drogati” anziché di combattenti.

Ma quella droga sembra fosse usata perfino dal Führer e allora nasce il sospetto che alcune decisioni strategiche siano state influenzate da “altro”, che non da motivazioni esclusivamente militari.

http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2017/01/12/wehrmacht-macchina-da-guerra-tossica_eb82355d-9429-4c90-8152-d85d6e3d27ba.html

Ed è solo uno dei tanti esempi che senza arrivare al revisionismo di chi nega fatti terribili, come la reale esistenza dei campi di sterminio, di fatti che possono cambiare la visione più popolare della storia.

Tutto bello. Tutto interessante. Ma con una premessa fondamentale.

La buona fede, l’onestà intellettuale. Di chi scrive ma anche di chi legge.

Un film, una fiction o un romanzo sono quello che sono.

Una narrazione. Un saggio storico, no.

È una ricerca, un viaggio nel passato in cui restano aperte le strade della serietà e del rigore non della propaganda o della difesa di una tesi precostituita.

La linea di demarcazione che separa gli storici, i divulgatori dai romanzieri-scrittori, a volte non è così definita.

E se la narrazione si fa politica, come nel caso della storia della Resistenza o del regno dei Borboni, il “mito” del brigantaggio e simili, si rischia d creare pseudo-verità, avvincenti ma distorte.

E c’è il rischio che la gente, il pubblico, ci creda anche se si tratta di autentiche “bufale”. Creando supporter faziosi anziché appassionati.

Sul web proliferano i gruppi, le pagine, di fan della storia anche se non sempre capaci di tenere una linea che non sia “faziosa”.

E il dibattito, per non dire le risse mediatiche, assumono toni preoccupanti specie su temi roventi come l’olocausto, le foibe, i partigiani, i fascisti della Rsi.

Orrori di destra o di sinistra difesi o accusati per partito preso.

E miti fasulli, difficili a morire come lo “sfascio” di Caporetto o i treni in orario di Mussolini.

Per chi ama davvero la Storia è disturbante assistere a certe trovate e sparate usate a volte, purtroppo, persino in politica.

Le guerre, i massacri, gli orrori, non hanno colori ma sono uniti da un solo comune denominatore: la cecità dell’essere umano capace di infliggere sofferenza e morte per bramosia di potere, profitto, ideali sbagliati che la storia vera regolarmente denuncia.

Gli strumenti per capire e informarsi, senza paraocchi ideologici, ci sono tutti in un’epoca come la nostra in cui i mezzi di conoscenza si sono moltiplicati.

Per chi ama questo genere di studi, che se meglio insegnato fin dalle scuole, aprirebbe ancora di più tanti giovani intelletti, la storia è una bellissima palestra mentale.

E con romanzi e film ci si può divertire a viaggiare in mondi che non esistono più.

Ma può essere un viaggio esistenziale esaltante per chi ama la materia.

A volte basta solo guardarsi intorno.

Su una lapide del cimitero monumentale londinese di Brompton, vicino a Earl’s Court, ricordo l’epitaffio di un ufficiale britannico. “Ha combattuto a Waterloo“.

Anche quella è storia.

Senza quelle poche parole il ricordo sarebbe andato perduto.

Invece una pietra tombale, basta a farci sapere di un uomo come noi, vissuto in un’altra epoca, che ha visto i fanti e i cavalieri delle guerre napoleoniche nel loro ultimo epico scontro finale.

E ci ricorda che, come canta Francesco De Gregori, “la storia siamo noi“, e noi siamo parte della Storia.

Claudio Razeto

Tempo di lettura: 2’30

Foto tratta da: https://www.huffingtonpost.it/2013/01/22/elezioni-2013-pellizza-da-volpedo-tra-grillo-ingroia-botta-e-risposta-sul-quarto-stato_n_2526249.html

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