Omaggio al Pibe de Oro

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di Fabio Bandiera

ADDIO DIEGO,

Pibe de Oro, abbiamo sofferto, sperato e tifato per te.

In questi drammatici giorni successivi al tuo sessantesimo compleanno in cui hai affrontato l’ennesima e purtroppo fatale sfida della tua vita.

Si è scritta l’ultima dolorosa pagina del tuo interminabile romanzo, iniziato il trenta ottobre di sessanta anni fa.

Mal’affetto e la vicinanza del mondo intero con le immagini che scorrono ininterrotte tra Napoli e Buenos Aires, testimoniano la grande perdita che l’umanità calcistica ha subito.

Perché, anche chi ti ha giudicato un cattivo esempio non può non riconoscerti la grandezza sublime e il genio universale che hanno fatto di te l’interprete assoluto del nostro amato football, calcio o pallone che sia.

Hai superato di slancio il Vesuvio tra ali di angeli azzurri raggiungendo i tuoi amici Massimo Troisi e Pino Daniele su nell’Olimpo degli eletti.

Dall’alto, ritrovandovi, veglierete insieme sulla città che avete amato e che vi ha reso immortali.

Pibe de Oro: LANUS, ANNI SESSANTA………………

Riavvolgiamo la tua storia dalle origini.

Sei il terzo di sette figli.

Mamma Tota e papà Don Diego si fanno in quattro per sfamare una famiglia numerosa, ma unita, alla quale non smetterai mai di volere bene.

Sei precoce e appassionato e sin da piccolo dimostri una marcia in più.

Il tuo amico Goyo Carrizo ti spinge a provare per una selezione giovanile tenuta dall’Argentinos Juniors e in men che non si dica fai parte delle cebollitas.

Squadra giovanile dell’Argenitos – pronto di li a poco a spiccare il volo in prima squadra.

Il venti ottobre del 1976 l’esordio del Pibe de Oro –  a nemmeno sedici anni –  in prima divisione:

Entri dalla panchina sospinto da coach Juan Carlos Montes che ha già capito che ha di fronte un fenomeno perché da quel momento in poi un posto da titolare per te sarà garantito.

ARGENTINOS…BOCA…BARCA………

E’ tra la fine dei settanta e l’inizio degli ottanta che il tuo astro splende in lungo e in largo in tutta l’Argentina gettando le basi per la successiva apoteosi europea.

Digerisci malissimo l’esclusione nel mondiale del 1978, ma in cinque anni rispondi sul campo realizzando cento sedici gol con l’Argentinos aggiudicandoti il pallone d’oro sudamericano per due anni consecutivi – 1979 e 1980 –e la classifica marcatori per tre stagioni di fila.

Il Boca Juniors, la tua squadra del cuore, altra leggenda indigena, ti cerca e riesce a strapparti in prestito per un anno.

Un’unica annata condita da ventotto gol in quaranta partite e la conquista del Campionato Metropolitano di Apertura e poi, a fine stagione 1982, il Boca è costretto a mollarti per problemi economici con un Mundial – il tuo primo Mundial –  che ti aspetta in Spagna, nella quale rimarrai per altri due anni alla corte del Barcellona che, pagandoti a peso d’oro, ti traghetterà definitivamente dall’altra parte dell’oceano.

Sappiamo come andò il quel mundial finito con un’espulsione nell’ultima gara contro il Brasile che offuscò brutalmente le tue prestazioni rimandando solo di quattro anni l’appuntamento con la storia.

RISSE, EPATITE E GOIKOETXEA………………

Anni difficili quelli spagnoli, eri ancora giovane e spaesato e probabilmente non avresti lasciato ancora l’Argentina se il Boca fosse riuscito a tenerti.

Due stagioni piene di infortuni a cui si aggiunse un’epatite che ti costrinse a star fermo oltre tre mesi dai campi,  poi l’infortunio contro l’Athletic  Bilbao in cui il macellaio Goikoetxea pensò bene di spedirti all’inferno.

A parte qualche vittoria in Coppa di Liga e in Supercoppa, negli anni blaugrana il personaggio Maradona non ne uscirà esaltato e verrà ricordato più per le risse e le questioni irrisolte con se stesso, quelle che incominciano a minarne la sua stabilità.

Bisogna cambiare aria e tu lo sai bene………il resto della storia si svolgerà alle pendici del Vesuvio, le cui pagine saranno completamente diverse.

RE DI NAPOLI

Il Napoli riesce con una miracolosa manovra di mercato ad accaparrarti, un sogno che si avvera per questa città fino ad allora fuori dagli equilibri dei potentati del calcio.

Arrivi al San Paolo già da Re, è il 5 luglio 1984, e una città intera è ai tuoi piedi e tu cominci a percepirne  la visceralità consapevole che quello che stai per vivere riscriverà le mappe geografiche del calcio mondiale.

Napoli diventa la tua città e la tua presenza in campo riscuote gli animi mai sopiti del tifo partenopeo.

Stupisci, incanti, trascini e non demordi mai, ma soprattutto regali gioia, quella vera.

Vederti danzare sul campo e riscattare un’intera piazza traghettandola ai piani alti è la tua più grande vittoria.

Il Napoli con te vola su vette nemmeno immaginate in passato, due scudetti e una coppa Uefa in bacheca e ricordi indelebili che rimarranno nell’immaginario di una città che esplode e ribolle di frenetica eccitazione.

Questo apice di glorificazione umana e calcistica ha puntualmente un suo intrinseco prezzo da pagare, e il conto arriverà presto e molto salato.

La gestione, societaria e del tuo entourage, del personaggio è ovviamente complessa e molto discutibile, la città non aiuta e lo stress è alle stelle, un cocktail letale che ti stritola e destabilizza al quale reagisci aggrappandoti al falso mito della dipendenza che ti condurrà inesorabilmente nel buco nero dell’autodistruzione.

In mezzo a quest’epopea senza precedenti ci sono due avventure mundial da affrontare e un destino  da riscrivere………

MEXICO 1986……ITALIA 1990

Dopo la disastrosa spedizione spagnola sei pronto, a ventisei anni, a prenderti la tua rivincita contro tutto e contro tutti.

I mondiali messicani sono cuciti su misura per far risplendere il tuo astro, un primo assaggio di quello che sarà lo dai proprio ai resti dell’italia Bearzot ormai giunta al capolinea.

Con la formula ad eliminazione diretta ogni partita sarà vita o morte, dagli ottavi in poi ti travestirai da marziano conducendo un’Argentina non irresistibile- guidata da Carlos Bilardo –  alla gloria eterna, con due doppiette sontuose a Belgio e Inghilterra.

Quest’ultima rimarrà negli annali del calcio perché in cinque minuti sei riuscito a sintetizzare il tuo estro geniale in due giocate uniche ed irripetibili, tra la mano de Dios e IL GOL PIU’ BELLO DEL MONDO, per poi ripeterti in semifinale con due progressioni mostruose da consegnare agli annali.

Sei la sublime espressione calcistica individuale, nessuno nella massima competizione del mondo è riuscito ad inanellare una serie di performances di questo livello, e l’atto finale contro i tedeschi ti vedrà ancora una volta decisivo con un assist al fulmicotone verso il corridoio della gloria.

Sei campione del mondo e un anno dopo sarai campione d’Italia nella tua Napoli alla quale prometti amore eterno contro ogni tentativo di furtiva compravendita, e nella quale dopo un secondo rocambolesco scudetto incrocerai il cammino degli azzurri nelle notti magiche di Italia 1990.

HIJOS DE PUTA

La storia di quel maledetto mondiale è ancora una ferita aperta nella carne viva, e anche qui c’è il tuo zampino, perché l’ormai quasi trentenne Pibe de Oro è un personaggio discusso e chiacchierato più per le vicende personali che per il calcio giocato.

L’Italia snob che hai messo in riga si aggrappa ad ogni gesto denigrandolo a prescindere.

Sei un animale ferito e il mondiale italiano è l’ennesimo momento di riscatto dopo il logorio dei sei turbolenti anni italiani.

Una brutta Argentina si aggrappa affannosa al tuo estro e miracolosamente riesce ad arrivare in semifinale proprio contro l’armata invincibile di Azeglio Vicini.

Uno scherzo maligno del destino fa disputare il match proprio al San Paolo, e da attore consumato riesci a far schierare il pubblico napoletano al tuo fianco dividendo lo stadio in fazioni filo maradoniane e non.

Usciamo mestamente in quella notte stregata, ma la vendetta sarà servita su un piatto freddo nella finale bis contro la Germania.

Piangi lacrime amare mentre ti fischiano l’inno e un rigore fantasma ti toglie il secondo, sicuramente immeritato, mondiale.

Il vaso si è rotto e i cocci si spargono dentro di te come un annunciato ed inevitabile crepuscolo.

DOPING, ABISSO E RINASCITA…………….

L’anno seguente sarà l’ultimo con la maglia numero dieci del Napoli che saluterai con la positività alla cocaina il 17 marzo 1991, dopo il match contro il Bari.

La relativa squalifica di diciotto mesi andrà di pari passo con la cessione al Siviglia nel quale farai il tuo esordio a settembre 1992, ritrovando in panchina Bilardo, un’annata anonima che giunse presto al capolinea con la mancata qualificazione del Siviglia alla Coppa Uefa.

Fai le valigie e torni a casa lasciandoti tutto alle spalle, vesti la maglia del Newell Old’s Boys riaffacciandoti piano piano alla nazionale, in vista del mondiale di Usa 1994.

E qui torni a ruggire con un urlo che farà il giro del mondo, sei un trentatreenne leone ferito che riprende le ostilità per chiudere un po’ di conti in sospeso.

Sei di nuovo leader di una nazionale mostruosa e seriamente candidata al titolo, ma anche qui è il doping ha giocarti l’ennesimo brutto scherzo del tuo sconfinato vissuto, un controllo trappola ti condanna all’oblio facendoti uscire mestamente uscire dalla scena che conta.

Game over!!

Paghi un prezzo altissimo per il tuo essere stato uomo vero nel bene e nel male, per aver affrontato il sistema a modo tuo, sconfitto sul campo e in bilico per una vita sempre più scoordinata.

LA FINE E LA CONSACRAZIONE DEL MITO

Il resto della tua parabola agonistica si nutre di brandelli e scarti di magazzino fino alle ultime stagioni due stagioni da figliol prodigo al Boca, il 25 ottobre 1997 nel superclasico contro il River entri in campo per l’ultima volta facendo esplodere la Bombonera, lasciando il campo all’intervallo immortalato da un’orda assetata di fotografi alla ricerca dello scatto della vita.

Da qui in poi è tutto un susseguirsi di immagini e ricordi scolpiti nelle nostre memorie, perché in tutto quello che farai dopo barcollando alla ricerca di un centro di gravità permanente non sarai mai all’altezza di quello che sei stato con gli scarpini ai piedi.

La droga maledetta, le tue vicissitudini private tra divorzi e figli da gestire, la salute che inesorabilmente continua progressivamente ad abbandonarti non riusciranno mai a sbiadire il dolce ed eterno ricordo dell’uomo che palleggiava ballando a tempo di musica o con un’arancia al posto del pallone.

Perché quel ragazzino lì dotato da Dio di un talento unico è riuscito comunque a portare a termine l’impresa della vita, quella di averci fatto ancor di più innamorare del calcio al quale sei riuscito a donare momenti unici di poesia autentica e per i quali noi, alzandoci in piedi, non possiamo che dirti……GRAZIE!!!!!

Riposa in pace Diego e vedrai che Dio ti accoglierà nella cerchia prediletta dei suoi accoliti.

Perché, nonostante tutto, la tua vita generosa ha donato al mondo intero la GRANDE E SUBLIME BELLEZZA che durerà in eterno nei secoli dei secoli.

Un altro Maradona non esiste e non esisterà mai sul pianeta che noi chiamiamo Terra.

Fabio Bandiera

Tempo di lettura: 2’00”

Foto tratta da L’Osservatore

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