È da un po’ che rifletto sul vero significato della parola sostenibilità, cercando di capire cosa possa essere considerato sostenibile e cosa non.
E’ uno di quei “termini di moda”
che negli ultimi decenni è stato utilizzato e consumato in modo sregolato. Nel corso di questi anni, il significato di questa parola, o meglio il valore ad essa attribuito, non è rimasto fisso ma è mutato frequentemente fino ad assumere la connotazione che ne stiamo dando.
La sostenibilità contemporanea è un “boundary term”
in cui molte discipline si mescolano tra loro e dove l’interesse per lo sviluppo economico inevitabilmente si sovrappone con quello ambientale (Ian Scoones, 2007).
La sostenibilità in generale viene intesa come la capacità di perdurare nel tempo senza interruzioni e senza fallimenti.
Questo può portare a pensare che la sostenibilità sia perseguibile solo dalle grandi multinazionali; cioè che sia fatta da grandi ed onerosi progetti come la costruzione di scuole in paesi del terzo mondo o il rifornimento di derrate alimentari in paesi in via di sviluppo.
La verità è che la sostenibilità è fatta soprattutto da piccole azioni quotidiane e dalle scelte che noi compiamo tutti i giorni.
Le nostre scelte alimentari, per quanto possano sembrare gocce d’acqua in un oceano, sono un potentissimo strumento per comunicare la nostra volontà di cambiamento verso un modello alimentare ed economico più sostenibile.
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