Il Capitalocene, Un modello che rischia di distruggere il mondo

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di Claudio Razeto

“Siamo arrivati a 53.6 milioni di immondizia elettronica prodotta solo lo scorso anno nel mondo, equivalenti a 350 transatlantici messi in fila.

In cinque anni la mole di oggetti fatti con circuiti, parti elettroniche, con o senza batterie, è salita del 21% ed è destinata ad aumentare ancora perché siamo dipendenti dall’elettronica.

Noi italiani possediamo dai 15 ai 20 chili di rifiuti elettronici a testa, un vero record, ed è urgente porvi rimedio”.

dal Report ‘Global e-waste monitor 2020’ a cura della United Nations University, componente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. 

https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2020/07/03/leconomia-circolare-serve-italia-record-per-rifiuti-elettronici-da-smaltire-bene_4e94b7c0-43ab-4b74-894e-3212a8155153.html

Immaginate il mondo spaccato a metà.

Emisfero nord e emisfero sud.
A Nord uffici, case attrezzate di tutti i comfort, città servite da moderne tecnologie, negozi, luoghi di divertimento e svago.

Parchi e resort. Una bella vita, per chi se la può permettere.
Una classe dominante e i suoi addetti.

A Sud una immensa distesa di rifiuti. Atmosfera mefitica. Scarsità d’acqua potabile e di cibo.

Gente abbandonata a sé stessa e ad un futuro di stenti e incertezze.

Le città del nord più avanzate protette da cupole geotermiche e irrorate da ossigeno e aria pulite. Acqua potabile.

I tuguri del sud agibili solo con maschere antigas o in rifugi sotterranei.

Una parte del mondo produce e consuma quello che avvelena l’altra metà.

Il tutto sulla base di un equilibrio basato sul potere economico, la forza militare, un capitalismo e un destino di mera sopravvivenza imposto da una parte del pianeta all’altra.
I ricchi in un mondo pulito e sano.

I poveri costretti in un mondo sporco, ammalato, dall’aria velenosa e maleodorante.

Gli abbienti pieni di roba inutile e i poveri privi del minimo per vivere.

Nonostante lo sfruttamento di risorse e di mezzi estratti anche nella parte più povera del pianeta.

Sembra un brutto film di fantascienza.
Invece potrebbe essere semplicemente il futuro.

La stessa gestione del virus ha mostrato atteggiamenti diversi nei confronti della malattia. Paesi ricchi di risorse, hanno lasciato morire decine di migliaia di persone.

Trattato, il destino dei contagiati, come una ineluttabile pagina scritta nella storia di questo complesso ventennio.

Paesi poveri hanno affrontato rassegnati la moria.

Si parla già da qualche decennio di Antropocene.
Un’era geologica caratterizzata dal totale controllo dell’uomo sulla natura.

Un controllo che nei fatti rappresenta un costante consumo di risorse, da parte dell’uomo, per fabbricare beni di consumo. E energia da bruciare.

Con relativa produzione di rifiuti di ogni genere.
Smaltiti in ogni modo.
Con:

  • riciclo
  • rigenerazione
  • smaltimento illegale attraverso le cosiddette eco-mafie.

https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2019/07/05/ecomafie-boom-di-reati-dal-cemento-allagroalimentare_0f5a88d9-f490-4c97-b1da-2cad51d9fb0e.html

Il movente dell’illecito, è sempre e comunque economico.
Risparmiare sui costi, massimizzando il profitto.

Il principio liberista impone profitti, possibilmente crescenti.
Giacché tutto è investimento, tutto deve dare un ritorno economico.

Stock option, guadagni, cedole.

Peccato che la salvaguardia dell’ambiente, non sia considerata un guadagno, ma un costo. Possibilmente da minimizzare.

Almeno da chi opera nella maniera più rozza e brutale nella nostra società.

Se fabbricare armi, magari fomentando guerre per alimentarne il mercato, cosa c’è di male nel creare una discarica in fondo al mare o un deposito radioattivo, in qualche angolo remoto del pianeta.

Secondo gli studiosi, questo “consumo” di natura, è iniziato alle origini della civiltà.

Quando l’uomo smise di raccogliere e cacciare per creare le prime città, coltivando, allevando e accumulando risorse. Da vendere.

Altri individuano la nuova era, con la scoperta delle Americhe.

Il successivo genocidio di 60 milioni di nativi. La globalizzazione delle risorse alimentari tra vecchio e nuovo mondo.

Una assimilazione coatta, condotta in forza della supposta supremazia cristiana bianca, la schiavitù della forza lavoro, importata dall’Africa, l’imperialismo coloniale. Una stagione chiusa solo dopo la Seconda guerra mondiale.

C’è poi la teoria più classica e nota. Quella legata alla cosiddetta Rivoluzione industriale. La civiltà delle macchine capaci di generare forza lavoro.

Con l’energia del carbone e del petrolio. Fonti inquinanti.

Negli anni ’50, nella civile Gran Bretagna, lo smog dovuto al riscaldamento a carbone sommato alla nebbia, fecero migliaia di morti.

https://www.focus.it/cultura/storia/grande-smog-londra-1952

Oggi la scienza ci dice che l’inquinamento causa tumori, leucemia, malattie polmonari e potrebbe essere coinvolto persino con la diffusione del Coronavirus.

Una svolta pericolosa impressa alla civiltà di cui, nel 2020, viviamo l’ennesima onda inquinante.

In forme vecchie, come il carbone e i combustibili fossili, e nuove come quello elettromagnetico.

Di certo c’è il riscaldamento globale, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento delle acque del mare, il fallimento del nucleare, di cui Fukushima è stata l’ultima riprova.

Crisi globali legate al clima e alle produzioni inquinanti, che la nostra società si troverà sempre più spesso ad affrontare.

C’è anche chi sostiene che tutto è iniziato dopo la seconda guerra mondiale.
Il boom tecnologico, l’escalation industriale che ha dato ad una grande maggioranza della popolazione mondiale, beni di consumo, mezzi di trasporto sempre più di massa.

Anche benessere ma con una crescita esponenziale esponenziale che rischia di travolgerci. Troppi sprechi.

Troppe scorie da smaltire.

Per crescere, ancora, ancora e ancora. Una società obesa e sovralimentata.

Ma non è la massa, che si avvantaggia economicamente di questa crescita.

Anzi. Spesso la subisce. E si adegua. Ne raccoglie le briciole.

Come il lockdown ha dimostrato, anche in un paese teoricamente “anarchico” come l’Italia, tutti si sono mostrati disposti a seguire nuove regole, se la sicurezza globale lo impone.

Anche stare chiusi in casa per settimane.

Sulla base di direttive precise.

Ma ci sono altre minacce oltre ai virus. Più vicine e prevedibili.

Che potrebbero costringerci a nuovi lockdown e crisi globali.

La nostra società ci mostra quotidianamente che l’accumulo di risorse e il consumo più elevato, è legato all’interesse di una minoranza.

Qualcuno lo ha ribattezzato Capitalocene. Inteso come il Capitalismo colpevole di sfruttare la natura e causa di gran parte dei disastri ambientali.

Parlando di Antropocene si dava, a “tutti” gli esseri umani, indistintamente, la responsabilità di violentare, in modi diversi, il pianeta.

In realtà pochissimi di noi, spero nessuno, si è mai trovato nella posizione di dover decidere se abbattere o meno una foresta pluviale.

O inquinare criminalmente un lago o un tratto di mare.

O di deturpare interi territori per estrarre petrolio e realizzare raffinerie. Anzi.

Queste decisioni si prendono intorno a tavoli di mogano in grattacieli splendenti. Non nel tinello di casa nostra.

C’è una crescente richiesta di equità, giustizia e attenzione per l’ambiente, da parte di tanta gente comune.

In tutto il mondo. E questa domanda è diretta alla classe dirigente mondiale. Non solo ai proprietari di social-media né di grandi reti di shopping on line.

Come mostrano alcuni sondaggi sull’era post pandemia. Ma soprattutto a chi dirige i nostri paesi.
Eletti, per lo più, democraticamente per questo.

https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2020/07/03/ambiente-e-giustizia-sociale-le-persone-in-tutto-il-mondo-unite-sulle-questioni-che-contano_e72320dd-da7b-44fb-ba54-686e6f86d8d6.html

La guerra è una faccenda troppo importante per lasciarla fare ai generali.

Lo dissero Clemenceau e  Lloyd George forse riprendendo Talleyrand.

E il nostro futuro troppo importante per essere affidato a un tycoon miliardario.
O a certi politici.

Resta il fatto che se fossimo consapevoli di mettere il nostro destino, come specie umana, nelle mani di personaggi come Krupp, Porshe, MacDonald (alias Ray Crock ), Vanderbilt, Rockefeller, Henry Ford o Jeff Bezos, forse dormiremmo meno tranquilli.

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/nordamerica/2020/07/02/bezos-sempre-piu-paperone_bc7572d1-b489-4951-943b-01b0033bf027.html

A parte alcuni futuristi come Elon Musk, che Tesla a parte, vuole sinceramente andare su Marte, le decisioni di questi grandi Capitalisti, che incidono sulla sopravvivenza o lo sviluppo di una Nazione o di una federazione di Stati, non coincidono sempre con il vero interesse dell’umanità.

Col nostro interesse e la nostra salute.

Per questo c’è la politica.

Ma capita spesso alla politica, di non essere in sintonia con i destini futuri della Patria o della Terra.

I suoi reali interessi, valutati non sull’oggi e subito,  ma anche per le future generazioni.
E parliamo di una classe legata, con solenne giuramento, a servire l’interesse nazionale.

consigli di amministrazione delle grandi joint venture capitalistiche, non giurano.

Al massimo i CEO, gli amministratori delegati e i loro consiglieri, sono legati da un contratto ad adempiere ad un’interesse totalmente privato.

Un patto di riservatezza. O possono aderire, come accaduto negli ultimi anni, ad un codice etico.

Ma non hanno l’obbligo, se non morale o al massimo penale, di fare gli interessi dell’umanità. Vedi i casi Tyssen e Ilva.

Questo Capitalocene, di cui fanno parte, però oggi, di fatto, governa il mondo.
Col potere enorme del Capitale.

Il controllo delle risorse. Il loro consumo.

Lo smaltimento dei suoi rifiuti.

Noi, come cittadini, possiamo incidere un po’.

Per quello che ci compete.

Portando quei 15 o 20 chili a testa di rifiuti elettronici, da portare negli appositi centri di raccolta.

Smaltendo correttamente i rifiuti di casa. Magari evitando di fare un pozzo nero abusivo, per la seconda casa al mare. Usando più responsabilmente gli  elettrodomestici di casa.

Buttare la cicca di sigaretta piuttosto che la mascherina non dove capita. O di buttare il sacchetto della spazzatura non in mezzo alla strada, ma negli appositi contenitori.
A noi le scelte individuali, più consapevoli e dirette.

Comprare e usare una e-bike, camminare di più e guidare meno, usare un’auto ecologica, anziché  un “mostro” diesel o benzina.

Iniziare ad aderire a modi di vita e comportamento più green.

Rispettare con abitudini più sane, il mondo in cui viviamo.

https://www.ansa.it/canale_motori/notizie/eco_mobilita/2020/04/08/coronavirus-utenti-gb-piu-interessati-alle-auto-elettriche_0c0a0eef-71b4-4abe-baaf-16f3b5d101a5.html

Le tecnologie, i mezzi, le strutture ci sono.

Per piani di rinnovamento green.

Un futuro realmente sostenibile.

Una reinvenzione radicale del lavoro, come lo smart-working che la crisi da virus e il lockdown hanno giocoforza avviato.

Una ri-allocalizzazione della produzione contrapposta alla delocalizzazione selvaggia, che proprio con la crisi del Covid, in Cina, ha mostrato tutti i suoi limiti.

La riappropriazione della tecnologia, che deve guidare un nuovo corso, con un piano tecnologico nazionale.

Nuove startup, coinvolgimento delle Università e dei centri di ricerca. Studiosi e ricercatori insieme.

Si sostiene l’esigenza del passaggio da un Capitalismo fossile ad un Capitalismo cognitivo.

Di certo il mercato deve prendere consapevolezza delle conseguenze di alcune produzioni.

E non vivere ciò che consumiamo come una variabile astratta e indipendente.

Valutarne l’impatto sociale e ambientale.

Come accaduto con certe sostanze alimentari, bandite all’improvviso dalla produzione. Usate per anni.

Resta però il problema più grande.
Gli inquinatori globali.

Quelli che avvelenano e surriscaldano il clima.
Emettono enormi quantità di Co2. Smaltiscono inquinanti.
Se non bruciano direttamente foreste con l’avallo del governo, come in Amazzonia.

https://www.reteclima.it/co2/

I pilastri viventi, del Capitalocene.

I Paperoni capitalisti dei nostri tempi.
Con loro che si fa?

Potrebbero, anzi dovrebbero partecipare in maniera attiva al cambiamento. Ma se questo non accade?

In questo caso ci sono i politici e le autorità che devono controllarli, limitarli, fermarli se il caso.

Stabilendo il perimetro di leggi in cui possono muoversi e che devono rispettare.

Poi noi cittadini, la consapevolezza di una coscienza ambientale in quei politici che votiamo, sulla base di programmi e progetti sociali. Una coscienza collettiva sempre più condivisa grazie ai nuovi media.

L’ambiente e la salute  sono ormai parte dei temi fondamentali della politica.

Se negli anni 70 c’era bisogno di una svolta green, oggi è d’obbligo.
Greta può piacere o no. Ma sul riscaldamento globale ha perfettamente ragione. Va considerato e combattuto.

Ne va della sopravvivenza del pianeta.

Affinché il mondo, come sta già accadendo, non diventi una cloaca a cielo aperto.

Non sia totalmente cementificato.

Non veda i suoi mari deturpati da immense isole galleggianti di plastica. La temperatura non aumenti con conseguenze irreparabili.

Serve un altro sistema, in grado di sfuggire alle distorsioni e alle scappatoie del libero mercato. I singoli governi, l’Europa, i paesi civili possono e debbono farlo.

Possibilmente ora.
Protocollo di Kyoto o no. Proteggere l’ambiente dalle lobby del potere economico e finanziario.

Quelle che ci dicono che va tutto bene, anche se non è vero. Per soldi e profitto.

Nell’interesse di tutti e per la sopravvivenza dell’intero genere umano.

Perché quella dell’Antropocene e del ben peggiore, Capitalocene, siano solo una delle fasi storiche del genere umano. E non la tragica e ultima era dell’uomo e del pianeta Terra.

Libri consigliati: Jason W. Moore “Antropocene o Capitalocene? Scenari di ecologia-mondo nell’era della crisi planetaria” edizioni  Ombre Corte, 2017

Claudio Razeto

Tempo di lettura 2’50”

Foto tratta da: https://futurearchitectureplatform.org/projects/67f351ae-7a58-4be8-927e-90e474222a0d/

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