Sotto casa mia ha aperto un pollaro.
Cioè, per meglio dire, sotto casa mia un pollaro ha aperto una rosticceria. Si dovrebbe dire rosticceria, non pollaro. Ma suona completamente diverso dire “vado dal pollaro” che dire “vado in rosticceria”.
Quando dici “vado dal pollaro” già quasi lo senti l’aroma del pollo, puoi quasi assaporarlo e pregustarne il sapore in bocca.
Ad ogni buon conto, qualche mese fa un pollaro apre una rosticceria sotto casa mia.
È al piano terra del palazzo di fronte al mio ma dal terzo piano, dove abito io, si riesce a vedere bene anche dentro.
Il pollaro credo abbia venduto in tutto una ventina di polli, da quando ha aperto. Di cui un paio li ho comprati io.
Vende poco, è vero. Per cui ha molto tempo libero da trascorrere a trastullarsi.
Come spendereste voi il vostro tempo libero se ne aveste tanto, ma tanto tutto il giorno come il mio pollaro?
Lui un modo ce l’ha. Siede ad uno dei tavolini esterni del suo stesso locale insieme ad un amico e beve un po’ del suo veleno preferito. Lentamente ma inesorabilmente scolano bottiglie su bottiglie. Lui, il pollaro, è divertito, ma davvero divertito. Se la spassa da matti. E sopratutto ride. E come se ride, il pollaro.
Risate a crepapelle, che invadono il quartiere. La mia non è una via silenziosissima, ci passa pure il tram. Eppure la sua risata fragorosa sfonda il rumore delle rotaie, lo trapassa in due e giunge fino a casa mia. Io magari sto guardando qualcosa su Netflix, la sera. Oppure è sabato mattina, c’è una bella giornata e faccio colazione sotto il tiepido sole d’inizio autunno.
Oppure, ancora, la domenica pomeriggio, svaccato sul divano, di ritorno da un giretto in moto o una mattinata di trekking.
E niente, il pollaro è sempre lì, al suo tavolino, col suo amico e una bottiglia piena per metà. Ride. E come se la ride il pollaro.
Il pollaro ride di una risata grassa, grossa, piena e lenta. A volte ride con qualcosa che suona all’incirca come “Muahaahahahahahah”, come i cattivi dei film. Talvolta diventa più un “… ahahAHAHAHAH!!!”, che mi pare di immaginare possa poter sfoderare quando capisce, non senza qualche istante extra necessario alla realizzazione, le battute del suo immancabile compagno di bevute.
Al pollaro di fare buoni affari frega bene poco.
Oltre ai polli arrosto vende anche granite. Ha delle macchinette proprio fuori dal negozio, vicine ai due tavolini di legno esterni, con fluidi colorati che roteano lì da mesi. Che genio il pollaro, che marketing! Chi ci aveva pensato alla combo “pollo più granita”? La morte sua. E probabilmente anche la mia, di congestione gastointestinale, se solo mi azzardo a provarci.
Dentro la rosticceria, il pollaro ha appeso allo spiedo un polletto rinsecchito. Forse è sempre lo stesso che vortica nel forno da mesi, in attesa di un cliente. Forse l’ultima volta che il pollaro ha venduto un pollo non c’era neanche il covid.
A pollà, ma che te ridi?
Credits: Costa Rica by Scandinavianz & AXM
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