La teatrale esultanza nel calcio moderno

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Cdi Gaetano Buompane

on la vittoria contro il Belgio agli Europei di Calcio l’Italia di Roberto Mancini vola in semifinale di una competizione che ci ha già regalato una serie di incredibili emozioni. Più che altro stiamo iniziando a dimenticare quella squadra che negli ultimi anni ci aveva troppo spesso deluso e a rivedere nel gioco e nello spirito di gruppo un’Italia simile a quella che ci ha regalato l’ultima esaltante impresa, quella dei Mondiali del 2006.

Resta nella memoria proprio la semifinale di quel torneo vinta per due a zero contro la Germania padrona di casa e l’esultanza di Fabio Grosso dopo il suo gol.

A tutti, immediatamente, venne in mente Tardelli e la corsa sfrenata nella magica notte del Bernabéu nel 1982.

Per chi ricorda il Mondiale in Spagna, quella partita segnò uno spartiacque tra il calcio italiano antico e il moderno. E probabilmente non solo del calcio italiano.

E nel riflettere su quanto il calcio sia cambiato da allora, mi viene immediatamente da pensare al modo di esultare dopo un gol, a quanto oggi non sia più un semplice festeggiamento, ma spesso una rappresentazione teatrale molte volte sopra le righe, una ostentazione del proprio essere a scapito della commemorazione di gruppo.

Questo tipo di esultanza dei giocatori dopo un gol è un esempio di come il calcio sia diventato una esaltazione di un furore che trascende il semplice gesto tecnico o la gioia di star contribuendo alla vittoria della propria squadra.

È spesso l’esternazione di un qualcosa di soffocato che certamente nasce prima dell’inizio della partita e che poi trasborda fuori gli stadi attraverso i tifosi e le telecamere in mondovisione. Quelle esultanze scomposte, provocatorie, esibizionistiche, ci parlano di uno sport troppo spesso specchio di una società senza regole, che lo ha messo sotto pressione, esaltato, che ha contribuito a creare idoli fomentandone il divismo sfrenato, quasi sempre per interessi che niente hanno a che fare con lo sport.

In questi Europei, a parte la non esultanza di Joel Pohjanpalo della Finlandia dopo il suo gol nella drammatica partita contro la Danimarca, abbiamo dovuto assistere a varie esultanze totalmente ingiustificate, come quella dell’ungherese Fiola che addirittura ha distrutto la postazione di una giornalista a bordo campo, o quella dell’austriaco Arnautovic che in un eccesso di esaltazione ha inveito contro un avversario della Macedonia.

Nel 2004 la FIFA fu addirittura costretta ad introdurre una nuova regola sul divieto di togliersi la maglia dopo che l’uruguaiano Diego Forlán, in forze al Manchester Unitend, non era stato capace, in seguito ai deliranti festeggiamenti, di infilarsela nuovamente e si era rimesso a giocare a torso nudo.

Da allora, in barba a cartellini gialli, rossi e squalifiche, il denudarsi continua ad essere il gesto più gettonato. C’è stato addirittura chi si è sfilato i pantaloncini e se li è messi in testa come copricapo.

Ormai più che usuali sono le corse sotto la curva ad abbracciare i tifosi, in una sorta estasi da trionfo.

Ma niente in confronto all’insensatezza dei festeggiamenti di Paulo Diogo, un giocatore svizzero di origini portoghesi che dopo un gol della sua squadra si arrampicò sulla recinzione metallica sotto la curva e nello scendere si amputò due falangi dell’anulare della mano sinistra. Sanguinante e senza più mezzo dito si beccò anche il cartellino giallo per comportamento antisportivo.

Nella storica finale del ‘82, dopo il gol del 3 a 1 che decretò la nostra vittoria, Spillo Altobelli si limitò ad alzare le braccia e corricchiare verso i compagni. Nonostante fossimo sul tetto del mondo, applauditi dal Presidente Pertini e dal re di Spagna, nessuno si lasciò andare ad estasi scalmanate o scomposte euforia. In tutti, nelle esultanze di Paolo Rossi e in quella dello stesso Tardelli, seppur in tutta la sua incredula felicità, era evidente un senso della realtà che si racchiudeva a quel momento, ad una gioia conquistata, di chi con le proprie capacità aveva contribuito ad una impresa comune.

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Foto tratta da: https://www.amarantomagazine.it/news_dett.php?id=886

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