Museo Omero: Intervista a Daniela Bottegoni

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di Fabio Bandiera

Vivere un’esperienza come quella del Museo Omero modifica di certo la percezione dell’arte e la concezione dello spazio espositivo come luogo fisico di esplorazione.

Si trova ad Ancona nella splendida cornice della Mole Vanvitelliana ed è l’unico museo tattile d’Italia in cui i visitatori possono entrare, se vogliono opportunamente bendati, e vivere un’esperienza sensoriale unica nel suo genere.

Concepito nel 1985 da Aldo Grassini e Daniela Bottegoni, coppia illuminata di non vedenti e grandissimi viaggiatori, il Museo trae spunto dal desiderio della coppia, costretta nei loro viaggi a non poter toccare le opere esposte nei diversi centri espostivi, di poter creare uno spazio a misura dei privi di vista in cui fosse possibile un confronto diretto con l’opera stessa senza filtri o barriere di alcun genere.

Inaugurato nel 1993 sotto l’egida del Comune di Ancona è stato riconosciuto, per la sua unicità e per il suo notevole valore intrinseco, dal Parlamento Italiano come Museo Statale dal 1999 arricchendosi negli anni di opere e trasferendosi nel 2012 nel prestigioso lazzaretto progettato dal genio di Luigi Vanvitelli.

Calchi, gessi, modellini architettonici in legno, sculture in bronzo e vetroresina fino agli oggetti di design, è questo l’universo composito dislocato in quattro enormi sale disposte su due livelli partendo dall’arte greco romana fino al tardo Rinascimento per chiudere con sculture contemporanee italiane e internazionali.

A pochi mesi dalla bellissima mostra, da loro ideata, Toccare la bellezza conclusasi a febbraio al Palazzo delle Esposizioni di Roma che approfondiva due figure fondamentali come Maria Montessori e Bruno Munari che partendo da esperienze, formazioni e riflessioni differenti trovarono nell’esperienza tattile un potenziale e concreto punto d’incontro, abbiamo avuto il piacere di raggiungere Daniela Bottegoni per farci raccontare dalla sua voce la genesi e le diverse fasi che negli anni hanno fatto si che quest’universo ideale diventasse una realtà effettiva e tangibile.

Daniela buongiorno, partiamo dalla genesi di questo Museo. Qual è stata la molla che è scattata dentro di voi nel partorire l’idea di questo Museo?

E’ partita dalla solita frustrazione che si prova sin da piccoli in cui ci viene detto di non toccare praticamente nulla, sin dall’infanzia tutti questi divieti che ci vengono imposti e invece andrebbero rimossi perché soprattutto i bambini non imparerebbero mai a gestirsi facendo le loro esperienze.

Per i non vedenti questo discorso è ancora più evidente ed è a mio avviso sbagliato, poi la nostra esperienza di viaggiatori in cui abbiamo percepito che ogni cultura in cui ci si imbatte va sperimentata e goduta nella sua pienezza per stimolare quel senso critico che ognuno di noi deve poter esprimere.

Una sera ero proprio arrabbiata dopo un’ennesima visita museale, eravamo a cena e ci siam detti con mio marito, perché non proviamo a mettere dei capolavori di scultura e architettura dove anche un non vedente può toccare e farsi un’opinione sull’opera d’arte?

Un sogno, una scommessa, un desiderio che pian pianino si sono tramutati in realtà e dopo tanti anni e le solite traversie burocratiche siamo riusciti a realizzarlo.

Chi dovete ringraziare se questo vostro progetto è diventato nel tempo realtà?

Devo ringraziare innanzitutto il Comune di Ancona e la Regione Marche che grazie a dei funzionari illuminati, tra i quali mi piace sempre citare la Dr.ssa Brunori e l’assessore Comunale Pivetti, hanno fatto si che questa nostra idea fosse finanziata per utilità sociali.

Nel 1993 siamo ufficialmente partiti come museo Comunale finanziato dalla regione Marche, poi nel 1999 siamo diventati Statali grazie a una legge presentata e portata avanti con grande determinazione dall’onorevole Eugenio Duca che ha ottenuto un voto unanime del Parlamento che ha riconosciuto trasversalmente i nostri sforzi e supportato le nostre finalità, si tende spesso a parlar male dello Stato, ma ciò non è sempre vero e il nostro caso lo dimostra.

Quali sono la finalità del Museo e le sue peculiarità? Com’è strutturato il percorso espositivo?

All’inizio era stato concepito come enciclopedia cronologica com’è tuttora oggi, partendo dall’arte antica per poi passare al Rinascimento e chiudere con l’Arte Contemporanea, ma poco prima del Covid l’allestimento stava per essere rivisto.

Sappiamo tutti com’è andata in questi due anni tra protocolli, restrizioni e burocrazie di ogni tipo, ma posso dirti che l’allestimento a regime sarà tematico e le opere antiche e moderne dialogheranno a braccetto anche nella stessa sala.

Un museo dinamico che deve indurre il visitatore a tornare con la consapevolezza di vedere qualcosa di diverso dalla volta precedente, una struttura viva piena di bambini e ragazzi che possono interagire e occuparne gli spazi a seconda delle loro esigenze.

Un museo aperto a tutti con un occhio speciale al mondo della disabilità, tutti devono poter vivere questa esperienza multisensoriale.

La multi sensorialità è uno dei punti fondanti del Museo Omero. Non c’è solo quella visiva nel percepire e fruire la bellezza dell’arte?

Assolutamente si, la vista in molti casi è frettolosa e superficiale mentre il tatto è più analitico perché l’opera viene esaminata nelle sue varie sezioni lavorando con la costruzione mentale e l’immaginazione.

Io consiglio sempre di visualizzare l’opera nel suo complesso per farti un’idea di quanto è grande o di che materiale è fatta per poi passare al dettaglio analitico in cui l’opera viene smontata pezzo per pezzo.

Credo che questo sia il vero valore aggiunto del Museo Omero, vivere a trecentosessanta gradi a contatto con le opere che ne sono oggetto utilizzando i sensi a propria disposizione.

E’ un museo a mio avviso sperimentale che deve adeguarsi all’evoluzione tecnologica che spero ci permetta un domani di poter andare in qualunque museo del mondo e poter toccare le opere che si possono toccare creando dei percorsi ad h.o.c.

Siete davvero un unicum a livello internazionale? Da un lato è motivo di vanto, ma dall’altro fa riflettere. Perché realtà simili alla vostra non sono diffuse in tutto il mondo?

C’è un museo analogo, ma più orientato sull’architettura, in Spagna focalizzato per lo più su monumenti spagnoli.

Un museo bellissimo con un percorso ben strutturato con riproduzioni fantastiche, molti artisti anche internazionali sono stati formati dai nostri corsi grazie a collaborazioni che abbiamo con le più prestigiose istituzioni museali.

Abbiamo anche prestiti e scambi di opere tra di noi, un unità di intenti che va nella direzione che avevamo sognato in partenza che è dettata dall’amore puro per quello che stiamo facendo.

Avete avuto apprezzamenti a livello Istituzionale diversi riconoscimenti per i vostri meriti, come siete supportati economicamente dallo Stato? L’ingresso è gratuito, quali sono le vostre fonti di finanziamento?

L’unica fonte che abbiamo è il Ministero della Cultura, siamo statali al cento per cento e con quel contributo dobbiamo farci rientrare un po’ tutto, dagli stipendi alle spese gestionali.

Il nostro Presidente è bravo a gestirli con parsimonia facendo dei sacrifici, ovviamente ce ne vorrebbero di più anche per dare lavoro a persone che lavorano con noi da anni, ma perennemente costrette al precariato.

Prima della pandemia viaggiavamo a circa 35.000 visitatori all’anno che non sono affatto pochi per cui si potrebbe fare di più se avessimo più risorse. Abbiamo anche mostre temporanee, l’ultima è stata quella dedicata a Montessori e Munari dal titolo Toccare la Bellezza, che organizziamo con varie associazioni che vanno in una direzione tesa a sensibilizzare e ad aprire le menti delle persone.

Attività e laboratori didattici, in che cosa consistono e a chi sono rivolti?

Abbiamo diverse attività dalla ceramica ai libri tattili, i ragazzi dei centri diurni costruiscono oggetti manipolandoli e poi li espongono, parliamo di bambini disabili che vengono volentieri a cui dedichiamo degli spazi per renderli sereni e consapevoli delle loro possibilità.

Ospitiamo spesso realtà diverse e difficili, ultimamente abbiamo avuto la lega del Filodoro con cui abbiamo avuto un’esperienza toccante e commovente, il nostro obiettivo è quello di coinvolgere in maniera trasversale più categorie possibili anche grazie a queste utilissime attività collaterali

 Avete un’ottima rete di contatti in giro per il mondo? Quanto è come sono importanti i social da questo punto di vista?

Ultimamente abbiamo avuto diversi personaggi dello spettacolo che sono venuti a farci visita e pubblicità utilizzando anche i loro social, mi vengono in mente Zingaretti e Bocelli, la Rai stessa ci ha dedicato tanti servizi venendoci spesso a trovare.

Poi il nostro sito è curato molto bene, è stato tradotto in varie lingue com’è giusto che sia per permettere a tutti di poter avere più informazioni possibili.

Siamo talmente internazionali che il nostro museo è l’unico che utilizza la lingua Esperanto, io e Aldo lo siamo e a nostro avviso non c’è lingua più democratica al mondo di questa.

Obiettivi a medio-lungo termine, ora che la ripresa della cultura è ormai un dato di fatto? Dobbiamo aspettarci delle novità nel prossimo futuro?

Di obiettivi ne avremmo tanti, dipende ovviamente dalle risorse che abbiamo, a cominciare da questa nuova sezione dedicata al design a cui teniamo tantissimo, ma spesso è proprio la mancanza di spazi il limite più grande.

Tra i sogni legati a scenari futuri mi piacerebbe riprodurre un aeroporto o una stazione ferroviaria , uno stadio, un cavalcavia o un’autostrada e oggetti legati alla vita di tutti giorni che non siano per forza sculture o architetture.

Poi ci tengo a precisare che anche il secondo piano dedicato all’arte contemporanea in cui tra l’altro abbiamo un’opera regalataci da Pistoletto, è una sezione dinamica e in continua evoluzione, speriamo di implementarla e di realizzare qualcuno dei nostri sogni in futuro.

Descrivete il Museo Omero a chi non ci è mai stato e dategli tre buoni motivi per venire a visitarlo?

Venite innanzitutto perché è un’enciclopedia dell’arte tridimensionale da scoprire con tutti i sensi a disposizione, poi perché è un museo per tutti e di tutti e nessuno deve sentirsi escluso e chiudo perché si trova in un posto bellissimo e in una cornice fantastica in cui potete trovare amore, affetto e accoglienza. E poi aggiungerei che si trova in una bella città, la mia Ancona, che anche se non è nei radar turistici canonici andrebbe assolutamente visitata.

Non resta che andare ad Ancona e vivere questa meravigliosa esperienza multisensoriale lasciandosi portare per mano dalla bellezza dell’arte e delle opere contenute in questo preziosissimo museo.

Fabio Bandiera

Tempo di lettura: 3’00”

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