Vaccino anticovid a mRNA:
9 mesi fa eravamo nelle prime fasi della pandemia COVID-19.
Abbiamo chiuso l’intero paese e fermato l’economia nel tentativo di rallentare la diffusione del virus.
Nove mesi dopo, abbiamo due vaccini, prodotti con una tecnologia innovativa.
Per sviluppare i vaccini tradizionali (contenenti microrganismi vivi attenuati o inattivati) servono dai 10 ai 15 anni: solo per il vaccino contro la parotite lo sviluppo è stato di quattro anni.
Stavolta gli scienziati sono riusciti ad identificare il nuovo virus, sequenziarne il codice genetico e produrre alcuni prototipi di vaccino in pochi giorni.
Anche le sperimentazioni precliniche e cliniche hanno seguito un percorso accelerato, ma non meno rigoroso, che dopo pochi mesi di gestazione, ha portato alla registrazione degli attuali due vaccini, Pfizer/Biontech e Moderna.
Proprio per questa velocità, molti osservatori, giornalisti, politici e alcuni virologi (gli attuali influencer che un tempo avremmo chiamato Opinion Maker) hanno insinuato il dubbio che non c’è da fidarsi di un vaccino fatto in 9 mesi.
Hanno tralasciato però un piccolo dettaglio: c’era qualcuno che stava lavorando da 30 anni ad una tecnica rivoluzionaria.
Eh sì, la vita succede quando noi pensiamo ad altro (John Lennon).
Il fatto è che non sappiamo nulla della “ricerca teorica”.
Quella che non fa notizia. Nessuno sa che esistono dei pazzi visionari a cui non interessa di rispondere alle nostre domande immediate.
A loro interessa solo inseguire le proprie intuizioni e cercare di dimostrare la loro teoria, con approcci innovativi e alternativi alle conoscenze attuali.
E quando ci riescono rivoluzionano il mondo.
Il vaccino a mRNA ha una madre ungherese e un padre americano
La vita è cambiamento.
Come afferma Murakami: “Le nostre cellule si rinnovano ogni mese. Pure in questo momento, anche mentre parliamo”.
Questo avviene grazie all’RNA messaggero (mRNA), una molecola che trasporta informazioni dal DNA alle cellule, per fabbricare le sostanze necessarie a svolgere processi fisiologici come la digestione, il metabolismo e anche la risposta ai patogeni.
Ora, visto questo meccanismo naturale, perché non realizzare un mRNA sintetico capace di indurre le cellule a creare particolari proteine secondo le nostre necessità?
Potrebbero essere enzimi per ridurre gli effetti di una malattia, fattori di crescita per ripristinare attività nel sistema nervoso, o ancora anticorpi per renderci immuni da specifiche malattie.
Vaccino anticovid a mRNA
A questa intuizione ha lavorato da oltre 30 anni, una certa Katalin Karikó (oggi vicepresidente di BioNTech), che, dopo molti insuccessi, pubblicò nel 1989 un lavoro che dimostrava come fosse possibile introdurre nelle cellule umane un mRNA, opportunamente veicolato.
Nel 2005, in collaborazione con Drew Weissman, un immunologo del team di Anthony Fauci, dimostrò la possibilità di ottenere un mRNA modificato che non attivava la reazione infiammatoria del nostro corpo.
Insomma questa molecola è come un autobus che trasporta informazioni, ma rottamato subito dopo:
Non c’è modo che possa cambiare il nostro DNA, come insinuano alcune voci.
Nel caso del Covid, il vaccino stimola la risposta contro l’ormai famosa proteina spike, la chiave con cui il virus riesce ad agganciarsi alle cellule umane.
Il virus potrebbe modificare la struttura di questo gancio per continuare a contagiarci.
In questo caso, sarebbe relativamente semplice sostituire le parti mutate nel vaccino (la sintesi del mRNA è chimica invece che biologica):
Non è un caso che, a distanza di pochi giorni dalla disponibilità del codice genetico del Sars-Cov-2, era già pronto il campione di mRna per il primo test vaccinale.
I vantaggi dei vaccini a RNA, rispetto ai tradizionali vaccini, comprendono la velocità di produzione, il “basso” costo di produzione, e l’induzione di immunità cellulare nonché immunità umorale.
Leibniz sosteneva “natura non facit saltus” (la natura non fa salti).
Noi potremmo parafrasare questa locuzione con la constatazione “la scienza non fa salti”.
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