Emergenza coronavirus: Le malattie infettive viste dalla parte dei microrganismi

42124

di Alberto Aiuto

In genere pensiamo alle malattie infettive dal nostro punto di vista.

Ci concentriamo dunque sul come uccidere i patogeni e sopravvivere. Partendo dal presupposto “se lo conosci lo eviti”, cerchiamo di metterci nei panni di quelle piccole canaglie, e consideriamo le malattie infettive dal loro punto di vista, per capire quale vantaggio evolutivo può avere un batterio o un virus nel danneggiarci e addirittura ucciderci.

I microrganismi, responsabili delle malattie infettive fondamentalmente, si comportano come le altre specie.

Darwin ci ha insegnato che l’evoluzione seleziona gli individui più bravi ad assicurarsi una discendenza e a farla sopravvivere;

il loro successo si misura calcolando il numero dei contagiati (funzione della facilità e del tempo di trasmissione del contagio).

La strategia più semplice è quella della trasmissione passiva della malattia infettiva.

Ad esempio, il batterio della salmonella si contrae mangiando uova e carne infette.

Altri microbi chiedono un passaggio a un insetto, che può essere una zanzara, una pulce, un pidocchio o una mosca tse-tse, rispettivamente responsabili della trasmissione della malaria, della peste, del tifo e della malattia del sonno.

Il batterio del colera induce una grave forma di diarrea, il che favorisce la sua diffusione nelle acque contaminate.

Ancora più efficace è la strategia delle altre malattie infettive quali, raffreddore, influenza, se volete anche il nuovo coronavirus.

In queste malattie la vittima è costretta a starnutire o tossire, il che fa sì che una vera e propria nube di virus si lanci verso i nuovi potenziali ospiti dove proliferare.

Quindi, molti di quelli che consideriamo “sintomi” sono in realtà astute strategie di trasmissione con cui un germe cerca di trasformarci in agenti di contagio più efficienti.

È quindi suo interesse che noi ci ammaliamo.

Ma, per avere la massima diffusione, i germi portatori delle malattie infettive, hanno bisogno di un gruppo di persone sufficientemente numeroso e poco disperso.

Non per niente queste malattie sono note anche come malattie da affollamento.

La loro espansione iniziò con la nascita dell’agricoltura, circa 10.000 anni fa.

La loro esplosione arrivò insieme alle città, dove c’erano molti più ospiti potenziali, e in pessime condizioni igieniche.

Un altro momento decisivo fu l’apertura delle rotte commerciali, che trasformarono i popoli di Europa, Asia e Nord Africa in un gigantesco banchetto per microbi.

Il vaiolo raggiunse Roma e uccise milioni di cittadini tra il 165 e il 180 d. C.

La peste bubbonica arrivò più tardi sotto Giustiniano nel 542, e colpì duro nel 1346, dopo l’apertura di una nuova rotta terrestre con la Cina, attraverso la quale giungevano pellicce infestate dalle pulci che ospitavano il germe.

Oggi, con gli aerei, il loro viaggio è diventato più veloce del decorso delle malattie: il nuovo virus è arrivato dalla Cina in Europa in poche ore.

Insomma siamo noi umani che diamo la possibilità ai microrganismi patogeni per la nostra specie di evolversi e prosperare.

In assenza di vaccini e farmaci efficaci e ben tollerati, isolamento sociale, igiene personale e degli ambienti, come in passato, costituiscono ancora le nostre armi migliori.

Tenendo sempre presente che questi nuovi invasori saranno comunque soggetti alla selezione naturale e potranno evolvere.

“Lotta dura senza paura”, gridavamo nel ‘68.

Chi avrebbe immaginato che, sia pure con obiettivi diversi, lo slogan sarebbe ritornato attuale.

In ogni caso per tutte le novità sul coronavirus ti invitiamo sempre a verificare le informazioni e le notizie sulla sezione specifica del Ministero della Salute

Alberto Aiuto

Tempo di lettura: 1’40’’

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.