Il teatro è come fare l’amore!

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Abbiamo intervistato Valentina Maselli, attrice, alla quale abbiamo chiesto cosa significa essere un artista in Italia e che impatto ha auto la quarantena sul mondo dello spettacolo

Il teatro è come fare l’amore! – Cosa significa essere un artista di professione in Italia?

Significa innanzitutto come per tutti gli artisti combattere con il pregiudizio che non sia un vero lavoro, che chiunque anche senza una vera formazione possa essere un artista e che di fatto non “produca” nulla di concreto, non svolga un vero e proprio “compito sociale”

Che impatto ha avuto il lockdown sul mondo del teatro? Qual è la tua esperienza?

L’impatto catastrofico che ha avuto su moltissime attività con l’aggravante che il teatro è per definizione un momento aggregativo e quindi “pericolosissimo”. La mia esperienza è quella di tutti i miei colleghi: spettacoli annullati, matinèè per le scuole saltate, corsi di teatro sospesi, nonché l’incertezza sul “quando” e soprattutto “come”.

Il teatro è come fare l’amore! – Oltre al teatro, quali altri settori legati alle performance dal vivo hanno subito l’effetto di tale crisi?

La musica in tutte le sue declinazioni (concerti, opera, scuole, ecc.) così come la danza, il doppiaggio, il cinema, con annessi tutti i settori tecnici che operano nell’ombra e che sono ugualmente essenziali, fatti di padri, madri, figli, famiglie intere, ecc…

L’emergenza covid-19 ha contribuito ad evidenziare la totale inadeguatezza delle norme che regolano il settore dello spettacolo dal vivo. Che tutele andrebbero riconosciute per i lavoratori dello spettacolo?

In realtà il settore dello spettacolo ha un C.c.n. purtroppo non aggiornato (come per molte categorie in realtà) ma sostanzialmente puntualmente disatteso, anche perché il mondo dello spettacolo è governato da regole spesso molto differenti da qualsiasi altra professione, negli orari, nella contribuzione, nello svolgimento e persino nel CHI può esercitarlo. Per fare un esempio, se non ho studiato medicina, non posso esercitare come medico. Quando invece un attore può essere inconfutabilmente definito tale? Se possiedo un diploma di una delle pochissime Accademie che ci sono in Italia? Non è detto, perché ci sono grandissimi artisti che lavorano da decenni e non hanno questo titolo. Perché ho versato tanti contributi all’Enpals (ora confluito nel gran calderone INPS)? Anche questa è una nota dolente, perché purtroppo riuscire ad avere una contrattualizzazione trasparente è spesso una lotta impari. Perché ho talento? Chi lo stabilisce? Perché sono famoso? Conosco attori straordinari che non lo sono e  “volti noti da reality” che non si possono definire attori. Perché mi pago da vivere SOLO stando in scena? Spesso questo non è possibile.

Il teatro è come fare l’amore! – Secondo alcuni, questa quarantena avrebbe avuto come effetto collaterale quello di mettere in luce quali mestieri siano davvero essenziali per la società e quali invece ricoprano soltanto un ruolo marginale. Tra i primi medici e farmacisti, ma anche addetti alla filiera agroalimentare e al settore dell’energia e delle telecomunicazioni. Che ne pensi?

Partendo dal presupposto che trovo “immorale” che una qualsiasi categoria sociale possa essere considerata inutile (perché questo richiama alla memoria un periodo non troppo lontano in cui questo era un criterio per il protocollo T4 nazista di eliminazione dei cosiddetti “inutili”, appunto),

banalmente mi chiedo: se attori, cantanti, musicisti, scrittori sono tutto sommato “inutili” perché non producono “beni materiali usufruibili”, chi ha trascorso questi 54 giorni in casa, come ha allentato la morsa della solitudine? Immagino leggendo, guardando film, serie tv, fiction, ascoltando musica, ecc. Siamo stati davvero così superflui?

Nel corso dei vari decreti del Presidente del Consiglio non si è mai fatto riferimento diretto al mondo degli artisti. Perché si ha così tanta reticenza nel considerare il vostro un lavoro vero e proprio?

Come ho accennato, credo perché “produrre cultura” sia per molti un concetto vago e aleatorio in quanto spesso non legato al confezionamento di qualcosa di tangibile come un manufatto, un oggetto, un utensile. E per tutte le ragioni che ho spiegato prima. E credo anche perché il costante stillicidio fatto ai danni del settore culturale in Italia a partire dalla scuola ha anche trasmesso l’idea che la cultura sia qualcosa di distante da noi tutti, per pochi, elitario ed incomprensibile ai più, alla massa.

Il teatro è come fare l’amore! – Ha fatto discutere nei giorni scorsi un articolo del giornalista Francesco Bisozzi, apparso sul Messaggero, che definiva “furbetti” i lavoratori dello spettacolo che chiedevano di accedere al bonus di 600 euro quale fondo emergenziale, pur non avendo raggiunto il minimo necessario di 30 giorni di contributi versati nell’anno precedente. Come giudichi questa situazione?

Questa nota dolente apre ad una riflessione che è difficile riassumere in poche parole. Perché l’articolo del sig, Bisozzi non tiene conto della crisi endemica della nostra categoria e perché scritto senza conoscere le regole sicuramente ingiuste che ad oggi governano il nostro settore. Parlo di me: ho lavorato ben più di 30 giorni nel 2019 ma non potendo certificare tali giornate, non ho tentato nemmeno di richiedere questo bonus. Sono un evasore? Forse, ma per un allestimento teatrale i 30/40 giorni di prove non vengono ormai pagati da nessuno se non dalle grandi produzioni che godono di finanziamenti pubblici (ed in Italia sono pochissime); perché spesso gli spettacoli teatrali sono autoprodotti da piccole associazioni culturali che al netto dell’investito e delle spese, possono di fatto racimolare i pochi spicci rimasti dai magri incassi, e mille altre situazioni che potrei elencare per giorni. Spesso gli attori stessi decidono di sacrificare la misera paga quotidiana versandosela in contributi come faccio io. Contributi di cui non godrò mai perché raggiungere il quorum per la pensione è un’utopia per il 75% degli attori. Ma non accettare per principio certe condizioni, significa di fatto NON lavorare.

Sin dai primi giorni di emergenza, la risposta di molti artisti è stata quella di riconvertirsi al web con video, dirette ed altre produzioni audiovisive in versione casalinga. Il tutto a titolo gratuito. Che significato hanno per voi queste realizzazioni?

In realtà molte categorie lavorative si sono “convertite” nel virtuale in questo periodo. Credo per dare il loro contributo sociale alla “famiglia umana”, far sentire le persone meno sole, donare un tocco di leggerezza in un momento tanto incerto e spaventoso. E anche perché un attore (per esempio) ha una necessità quasi fisiologica di fare arte, di fare perfomance. E’ la sua identità, il suo essere, il suo mondo, il suo tutto.

Il teatro è come fare l’amore! – Che ruolo hanno l’arte e la creatività sulla vita di tutti i giorni della gente comune?

Dal mio punto di vista, L’arte e la creatività hanno il compito di generare bellezza, emozioni, empatia. E’ il modo in cui l’uomo mortale tende all’infinito.

Come sarà il teatro dopo tutto questo?

Esisterà ancora il teatro dopo tutto questo? Tralasciando tutte le immense difficoltà che nel settore già esistevano prima della pandemia, come si potrà fare teatro? In streaming? Il teatro vive di una carnalità, di una presenza dello sguardo vivo di fronte a chi si esibisce che non può essere surrogato. Sarebbe cinema, forse. C’è un patto di compresenza necessario ed imprescindibile tra attore e spettatore. E’ un abbraccio. E’ come fare l’amore. Ci devono essere anime compresenti. O la magia non avviene.

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Redazione di Men’s Life

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Abbiamo intervistato Valentina Maselli, attrice, alla quale abbiamo chiesto cosa significa essere un artista in Italia e che impatto ha auto la quarantena sul mondo dello spettacolo

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Ultimo aggiornamento: 8 maggio 2020

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