Gerardo D’Amico: Vice-caporedattore della sezione approfondimenti di rainews e Responsabile della informazione medico scientifica, cura e conduce la rubrica di medicina e salute Basta la salute.
1) Il momento che stiamo vivendo non era neanche lontanamente prevedibile, secondo te la Macchina Italia come sta rispondendo in generale a questa emergenza?
Gerardo D’Amico:
Credo che stiamo rispondendo in modo eccezionale, ma come sempre accade in Italia con alcuni scollamenti tra Governo centrale e Istituzioni locali, e con diverse prese di consapevolezza a seconda della posizione geografica e degli strati sociali.
Durante tutta la crisi abbiamo visto Regioni che hanno accelerato verso soluzioni che certo ritenevano più opportune per il loro territorio, ma i virus non conoscono confini e alla fine approfittano della diversificazione degli interventi: nelle epidemie è essenziale un coordinamento nazionale.
Troppe task force, troppi comitati scientifici locali hanno strattonato la strategia di intervento, che soprattutto all’inizio è stata contraddittoria: chiudiamo tutto, apriamo tutto, le scuole serrate i bar aperti.
Alla popolazione è arrivato un messaggio contraddittorio.
Che si è innestato sull’indole fatalista di molti di noi, il pericolo è stato percepito come drammatico solo nelle zone rosse, mentre anche nelle città vicine si continuavano le gite fuori porta e gli apericena.
Ciò detto, con i contagiati ed i morti purtroppo presenti praticamente ovunque in Italia, anche chi pensava che questo fosse un problema di Codogno o tutt’al più della Lombardia ha ricevuto il messaggio:
“occorre restare a casa, per interrompere la catena dei contagi”.
Anche dove apparentemente non se ne vedono.
2) Le limitazioni e le restrizioni che ci sono state imposte sono a tuo avviso corrette anche se estese in zone meno colpite?
Possiamo permetterci di far saltare l’anno scolastico?
I genitori non sono docenti e la didattica a distanza non è identica in tutto il Paese, così si viaggia a due velocità creando sperequazioni territoriali, non credi?
Gerardo D’Amico:
Il Ministro della Pubblica Istruzione ha detto che nessuno perderà l’anno scolastico, e non sarebbe neppure giusto accadesse.
Questa crisi sanitaria ha messo in evidenza tutta l’arretratezza tecnologica di un Paese che ancora viaggia sui doppini, e soprattutto che ha una classe docente di una certa età abituata allo standard educazionale saltato con il distanziamento sociale.
Confesso di non sapere cosa accada negli altri Paesi industrializzati, se abbiano immediatamente sostituito le tradizionali lezioni in classe con le videoconferenze, ma da noi restano lodevoli eccezioni.
Lo stesso accade per la sanità, dove la telemedicina e la tele-assistenza sarebbero servite ad alleviare gli ospedali e ad evitare contagi che proprio gli ospedali purtroppo alimentano.
Usciti da questa situazione, dovremo pensare seriamente al salto tecnologico che occorre a questo Paese.
Per quel che riguarda le restrizioni, l’azione del Governo – su suggerimento di una complessa task force di specialisti- è stata la gradualità finché si è potuto: adesso bisogna alzare un argine importante per evitare che dopo il nord Italia capitoli il Centro Sud.
Perché se la situazione è diventata rapidamente insostenibile nella parte più attrezzata del Paese sul fronte dell’offerta sanitaria, nessuno può dire cosa accadrebbe con una epidemia fuori controllo nel resto d’Italia.
3) I disabili e le persone anziane che non hanno vicino nessun familiare sono di sicuro tra le più penalizzate, per queste categorie non autosufficienti si sta facendo qualcosa o sono abbandonate a loro stesse?
Gerardo D’Amico:
Purtroppo stiamo vivendo un momento storico che ha pari solo con una guerra, ma per fortuna anche le generazioni più anziane se la ricordano come un fatto lontanissimo: siamo in emergenza, e in questi frangenti i più deboli pagano di più.
E non solo anziani e disabili:
- i senzatetto,
- gli immigrati,
- le badanti e
- le colf
che sorreggono l’organizzazione di milioni di famiglie ma sono pagate al nero, e non possono continuare a lavorare perché non potrebbero giustificare lo spostamento. Dobbiamo dire grazie alle molte associazioni ed enti caritatevoli, perché sono loro che adesso si prendono cura di queste persone.
Ma questa situazione sta pesando anche sui malati cronici, quelli che hanno bisogno di terapie ambulatoriali che sono state ridotte, o che avevano un intervento chirurgico programmato che è saltato.
4) Le previsioni nel medio periodo: pensi che il picco massimo scenderà a breve e nel giro di un paio di settimane i numeri si assestino e si riducano sensibilmente?
Gerardo D’Amico:
Sì, ovviamente sì, come accade in tutte le epidemie quando c’è un reale distanziamento sociale.
Lo abbiamo visto in Cina, nella città di Wuhan l’inferno è durato un mese, oggi non hanno nuovi casi.
Ma finché non avremo un farmaco efficace o un vaccino, non potremo tornare realmente alla normalità perché potrebbero ripartire focolai.
È importante ricordare che quella che stiamo vivendo è una emergenza sanitaria, nel senso che gli ospedali interessati collassano per un certo numero di persone che tutte insieme presentano sintomi gravi ed hanno bisogno di cure immediate, di alta specializzazione come la terapia intensiva: ma per fortuna l’85% di chi viene contagiato non arriva a quello stadio, guarisce da solo con sintomi lievi o medi.
Dobbiamo però assolutamente interrompere la catena di contagi perché una crisi epidemica è gestibile solo se spalmata nel tempo, come quella influenzale classica che parte ad ottobre e finisce ad aprile: quando si concentra in poche settimane fa saltare il sistema sanitario.
5) La salute mentale e fisica che è il tuo pane quotidiano: qual è il prezzo che pagheremo per questo isolamento forzato?
Avremo nuovi depressi e altre patologie connesse alla solitudine, e l’aumento ahimè anche di violenze domestiche?
Gerardo D’Amico:
Temo di sì, in Italia ci sono 17 milioni di persone che soffrono di ansia, disturbi dell’umore, panico sociale, e 3,5 milioni che sono in cura per depressione: quello che sta accadendo non facilita la loro salute psichica.
Lodevole l’iniziativa dell’Ordine degli psicologi, sul loro sito si può rintracciarne uno con cui parlare, gratuitamente.
È importante farlo, per chi ne abbia la necessità, come è indispensabile continuare la propria terapia farmacologica, se si è in cura.
Per la violenza familiare, non voglio neppure pensare a quelle donne costrette a restare in casa col loro aguzzino, è un pensiero che fa male.
6) La vita del futuro in generale quando l’emergenza sarà finita, cambierà a tuo avviso? Avremo un nuovo modello di società meno capitalista e più attento al sociale, o è solo un’utopia?
Gerardo D’Amico:
Non ti so dire, noi esseri umani tendiamo a scordare molto rapidamente quello che non ci piace, sono pochi quelli che il passato lo studiano per trarne insegnamenti, cerchiamo sempre scuse per continuare a fare il nostro tornaconto.
Certo i Governi si attrezzeranno per mantenere quelle produzioni che erano state abbandonate perché troppo poco redditizie: oggi dipendiamo dalla Cina o dalla Turchia per le mascherine, che costavano pochi centesimi e nessuno voleva più produrre.
Idem faranno le multinazionali che si sono rese conto che delegare ad un solo Paese, la Cina, la produzione manifatturiera “minore” porta al blocco totale, se manca una maniglia per terminare l’assemblaggio di una auto.
Che questo però potrà mettere in discussione la declinazione attuale del capitalismo me lo auguro, ma non ci credo.
7) La sanità italiana è allo stremo delle forze soprattutto nelle regioni colpite.
Come giudichi la risposta del nostro SSN in questa fase?
Con quali correttivi agiresti per evitare il collasso?
Gerardo D’Amico:
La sanità ha dato una risposta umana esemplare, e non solo medici ed infermieri a cui va tutta la nostra ammirazione: biologi, perfusionisti, radiologi, fisioterapisti, e tante altre categorie che lavorano fuori dai riflettori ma sono indispensabili, in questa emergenza.
La risposta delle strutture non è stata altrettanto pronta: troppi pronto soccorso che si sono infettati, troppi sanitari comandati a restare sul lavoro anche se erano entrati in contatto senza le opportune protezioni personali con persone contagiate.
Oggi sono gli ospedali, il principale fattore di alimentazione dei contagi.
È mancata la gestione del rischio, e questo ha messo in pericolo o ha provocato la morte del personale.
Il correttivo, per il presente e per il futuro, sarà un diverso approccio, considerando che una epidemia non è solo un evento da studiare all’esame di Storia della Medicina, ma può accadere anche ai nostri giorni.
Ed organizzarsi con conoscenze e protocolli precisi e seri.
8) La solidarietà è sempre stata uno dei pilastri su cui si è retto questo Paese nei momenti difficili, anche in questo caso ci stiamo dimostrando all’altezza della situazione con 7000 medici pronti a dare una mano nel momento del bisogno. A volte ci buttiamo giù denigrandoci, ma spesso è vero il contrario, o mi sbaglio?
Gerardo D’Amico:
No, non ti sbagli. Io conosco tante persone grette, egoiste, ciniche.
Ma per fortuna frequento quelle generose, altruiste, che credono nel prossimo e danno un senso alla loro professione, qualunque essa sia, considerandola anche una missione.
E queste ultime, in Italia, sono tantissime.
9) La prese di coscienza degli altri paesi europei a tuo avviso è stata tardiva? Molti stati hanno sottovalutato la portata del fenomeno?
Gerardo D’Amico:
Sì purtroppo. Anche per l’estero vale il discorso sul fatalismo, la buona stella, ma quando c’è una pandemia purtroppo prima o poi arriva dappertutto.
Sinceramente auguro ai nostri concittadini europei di non dover patire quello che stiamo attraversando noi, ma occorre prepararsi per evitare il peggio.
E lo dico anche per noi: quando usciremo da questa emergenza, perché ne usciremo, ci ritroveremo nella situazione della Cina, che vede nuovi casi solo “di ritorno”, gente che viene da fuori.
10) L’informazione. ce n’è troppa e le fake news divampano. Questo è a mio avviso dannoso, e voi come servizio pubblico state facendo molto per traghettare le giuste informazioni.
Come possiamo difenderci da queste migliaia di news postate spesso a sproposito?
Gerardo D’Amico:
Con la cultura, è quello lo schermo contro le bufale ed anche la cattiva informazione, quella che dà voce a personaggi ignobili che speculano su questa tragedia per vendere l’integratore che non serve a niente, la vitamina inutile, il proprio regime dietetico che ottura le arterie con le sole proteine ma che dovrebbe far campare cent’anni.
Io ci ho scritto un libro, su queste truffe che speculano sulle angosce, sull’ipocondria o il desiderio di scorciatoie per dimagrire o guarire da un cancro con l’erbetta, la numerologia, l’argento colloidale, l’omeopatia e tutto il caravan serraglio dell’alternativo.
E la medicina basata sulle evidenze è il nostro unico faro, nell’informazione che facciamo a Rainews24.
11) Un appello a tutti gli italiani in questo momento, cosa senti di dirgli da giornalista che sta vivendo in prima linea questa fase delicatissima?
Gerardo D’Amico:
Di tenere duro, che finirà: più faremo la nostra parte, più presto terminerà.
Dobbiamo farlo per noi stessi, nessuno può considerarsi al sicuro o di rientrare in quell’85% che se la cava senza passare per la rianimazione.
Lo dobbiamo fare per i nostri cari, che potremmo infettare.
Lo dobbiamo fare per il nostro Paese, che è bloccato nell’economia, e col nostro debito pubblico stratosferico non reggeremo per molto tempo la sfida del rifinanziamento con l’emissione di nuovi titoli.
Anche se dobbiamo ringraziare l’Unione Europea, quella Europa e quell’euro che qualcuno ancora denigra: la Commissione ci ha permesso di sforare qualunque parametro, per far fronte all’emergenza, e su suggerimento del nostro Governo sta pensando di lanciare dei “corona bond”, debito pubblico europeo che ovviamente ci costerebbe di meno, in termini di interessi.
E poi pensiamo a cosa ci sarebbe successo senza l’ombrello protettivo di una moneta compartecipata e forte come l’euro: insomma per noi anche in questo frangente è una assicurazione sul futuro, far parte dell’Unione Europea e della moneta unica.
Oggi più che mai dovremmo solo dire grazie, Europa.
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