Abbiamo intervistato il dottor Marco Silvaggi, psicologo e sessuologo clinico, su un tema di grande attualità: il covid e i ragazzi. Ecco le sue risposte.
Buongiorno da Maria Luisa Barbarulo nello spazio social di Men’s life. Oggi ho il piacere di avere qui con noi il dottor Marco Silvaggi. Buongiorno Marco!
Buongiorno a te e a tutti
Buongiorno a tutti i nostri followers, i nostri ascoltatori, tutti coloro che ci seguono online…siete sempre di più, bravi, continuate così!
Allora oggi ho invitato Marco qui con noi perché vorrei parlare con lui di un tema molto interessante, ovvero il covid e i ragazzi. In modo particolare Marco, mi piacerebbe analizzare con te quelli che potrebbero essere a tuo avviso le conseguenze, gli impatti più importanti, di questa esperienza, sui nostri ragazzi. Prima, in generale, mi piacerebbe inquadrare con te la situazione, e poi, a mano mano, andiamo sul dettaglio, su alcuni aspetti che mi piacerebbe in modo particolare approfondire.
Sì, indubbiamente il tema dei giovani è importante perché molto spesso si è immaginato che loro dovessero, come spesso succede in una dinamica tra adulti e giovani, diciamo soltanto stare alle regole. Ovvero dovessero comportarsi come il nostro saggio punto di vista gli indicava. Questo sicuramente è importante, fondamentale, fa parte anche dell’aspetto educativo. Però il covid, tutta la pandemia e l’isolamento, è stato sufficientemente stressante e lungo nel tempo da creare un problema nuovo, cioè da diventare un vero e proprio ostacolo per i loro obiettivi di sviluppo. Cioè: i giovani hanno bisogno di crescere, di conoscere, di uscire, di frequentarsi, di confrontarsi, ma non soltanto per un aspetto ludico.
Quando un adolescente esce di casa e incontra gli amici, non è come quando un adulto finisce di lavorare e va a prendersi un aperitivo. In quell’incontro, in quell’ora, due ore, o quello che sia, di apparente divertimento, c’è un vero e proprio lavoro di sviluppo dell’identità. E quello che è stato più difficile cogliere è proprio che loro hanno avuto un ostacolo a questo loro compito di sviluppo. Quindi per loro è stato particolarmente stressante.
Certo, più traumatico che non per noi che tutto sommato siamo persone fatte, con un’identità, con degli obiettivi per cui è un po’ più semplice per noi affrontare situazioni di questo genere.
Senti in modo particolare volevo sapere, secondo te, quali conseguenze potrebbero esserci state, per esempio, sullo studio? Ti faccio questa domanda perché ovviamente frequentando ragazzi di varie età, mi rendo conto che loro con il telefono fanno di tutto, guardano le serie tv, interagiscono con gli amici ecc. Quindi mi chiedo quanto il fatto di aver avuto una relazione con i docenti attraverso il telefono, piuttosto che attraverso altri strumenti, può aver modificato il loro rapporto con la scuola o con lo studio, a tuo avviso si intende.
Sì, sì, questo lo ha modificato in modo molto marcato, perché la relazione di apprendimento, il contesto didattico, è fatto soprattutto di relazione umana e l’aspetto più importante nel percorso di insegnamento, specialmente con i giovani, è il tipo di relazione che si forma.
Esiste sì il monte di informazioni che vengono passate ai giovani, che possono studiare, ma esiste anche la relazione con il docente. Se il docente instaura una relazione positiva, una relazione stimolante, questo sicuramente favorisce la relazione di apprendimento. Inoltre, ci sono le relazioni con i compagni e le compagne, l’ambiente fisico che si crea all’interno della scuola e l’identità che si assume essendo più preparati, meno preparati, il rapportarsi insieme in questo ambiente, in questa realtà formativa, sicuramente è qualcosa di molto importante. È fondamentale l’ambiente all’interno del quale si crea lo sviluppo.
L’idea che loro potessero fare tutto questo stando dietro lo schermo di un computer era, diciamo, troppo ottimistica. Sicuramente è stata residuale, cioè è quello che noi potevamo fare in quel momento, a tutti i livelli, ma dobbiamo benissimo sapere, dobbiamo essere consapevoli del fatto che non può sostituirla perché loro hanno bisogno di confrontarsi fisicamente. Anche se si distraggono al telefonino, hanno bisogno di distrarsi con il telefonino mentre sono fisicamente presenti nella relazione…non è la stessa cosa. Non significa che quello è un canale che funziona, per cui sono stati molto, molto stressati. Da non dimenticare anche un altro fatto che anche i docenti hanno vissuto una vera e propria…
Rivoluzione!
Esatto, quindi si sono trovati molto in difficoltà, per cui quando i ragazzi sono tornati a scuola c’è stato una specie di imbuto dove si sono incrociate tutte le interrogazioni, tutte le verifiche…per cui è stato estremamente stressante sia la distanza sia il rientro, per i giovani e per gli insegnanti.
Ecco sicuramente questo è un aspetto da sottolineare, concordo pienamente con te.
Senti, sul lavoro, invece, è vero che abbiamo riunioni più facili, non dobbiamo trovare posto per parcheggiare la macchina, non abbiamo tutta una serie di incombenze nel lavoro a distanza…però pure sul lavoro, secondo me, ci sono state conseguenze importanti, no? Soprattutto, e non mi riferisco tanto alla nostra fascia d’età, quanto, ovviamente, a chi è entrato nel mondo del lavoro, per cui ovviamente immagino dovesse anche creare una relazione lavorativa.
Sì, sicuramente i mezzi a distanza sono molto comodi, ma per questa ragione creano anche delle sfide. Per esempio, il fatto che fino a un secondo prima si stesse facendo qualcos’altro, poi si entra immediatamente in una riunione, poi immediatamente dopo si esce e si va in una chat con gli amici o con il partner. Questi cambi così repentini il nostro cervello non è abituato a farli, perché non si sono mai verificati, quindi per alcune persone è difficile saltare da un contesto all’altro senza portarsi dietro il contesto precedente. Questo è un fattore di stress.
Poi, non ci si guarda negli occhi. Siccome per guardarsi negli occhi bisogna guardare la telecamera ma se guardo la telecamera non guardo più te mentre se guardo te non guardo la telecamera, l’assenza di sguardo reciproco è un fenomeno attraverso il quale noi abbiamo sempre costruito l’intimità e il rapporto intimo: “guardami negli occhi!”. Ecco, questo è completamente saltato e se da un punto di vista razionale noi diciamo “qual è la mancanza? L’importante è vedersi e parlarsi”, ecco invece il corpo comunica attraverso meccanismi di cui noi magari non siamo informati ma che, invece, sono fondamentali. Quindi molte persone che lavorano in questa modalità soffrono questo aspetto, cioè la mancanza di contatti reali, intimi diciamo così, guardandosi in faccia, il dover cambiare continuamente setting, per cui passare da una realtà all’altra molto velocemente e, non da ultimo, il fatto che non si riesce bene a capire come vadano le relazioni nei contesti allargati. Una chat di 10 persone non ti darà mai un’idea precisa come invece una riunione.
Certo, certo, no di questo sono assolutamente convinta! Penso magari che in un futuro ci sarà un’integrazione tra entrambe le modalità. Magari la decisione che si può prendere al volo si può prendere tramite questa modalità, invece se c’è una discussione più lunga o si richiede un approfondimento forse magari torneremo, spero, ad incontrarci di persona quanto prima.
Un’ultima domanda volevo farti, che è quella delle relazioni, quanto sono cambiate le relazioni a tuo avviso? Io posso dire dal mio piccolo osservatorio di aver notato che i ragazzi sono molto più rilassati di noi nelle relazioni l’uno con l’altro. Noi vivevamo l’ansia della telefonata, l’ansia dell’incontro, perché comunque la nostra modalità di contattare l’altro era quella. Invece loro li vedo molto molto più rilassati. Pensi che il Covid e l’esperienza che abbiamo vissuto, da questo punto di vista, possa aver dato un’accelerata oppure una riduzione di questa modalità? Cosa ne pensi?
Allora guarda, ti porto un esempio, noi una volta abbiamo fatto un corso di educazione sessuale con un esperimento: abbiamo chiesto a due ragazzi di simulare un incontro nel quale si accordavano per uscire insieme per una serata romantica, di persona e poi gli abbiamo chiesto di fare la stessa cosa via chat. E la loro chat veniva proiettata. Quello che abbiamo trovato, osservato, e che tutti gli altri hanno visto, anche i loro compagni è che in chat erano molto sicuri di sé, molto smart, molto spavaldi e invece di persona erano assolutamente impacciati.
Quindi quello che noi possiamo sapere, ma lo sappiamo anche in qualità di adulti, è che la chat se da una parte toglie tutta una serie di informazioni però aiuta a superare certe barriere, certe timidezze. Perché il corpo non è presente, perché c’è tutto il tempo di pensare alla risposta, perché ci sono le emoticon che ci permettono di comunicare non le emozioni che proviamo ma le emozioni che vogliamo provare. Per cui, anche se sono imbarazzato possono mandare un’emoticon di sicurezza o spavalderia. Ecco, tutto questo facilita, quindi sicuramente il loro spostarsi in una modalità più a distanza, più immediata può aver facilitato alcuni scambi perché sicuramente quella è una modalità che facilita, ma facilita tutti, anche noi. Poi ovviamente tornare a una relazione fisica (perché poi gli incontri, l’intimità, le relazioni a un certo punto si spostano nella realtà fisica) ripropone il gradino precedente. Quindi forse noi li vediamo molto sicuri perché li vediamo nelle interazioni in chat, poi bisogna vedere quando si incontrano e quando stanno tra di loro, e noi certamente non li vediamo, quali sono le loro sensazioni e i loro stati d’animo, perché probabilmente lì, diciamo, i nodi vengono al pettine, e chi si sente sicuro/a continua a esserlo, invece le persone che hanno qualche incertezza e qualche insicurezza le ritrovano.
Benissimo Marco, noi ti ringraziamo per questa intervista perché sicuramente ha fatto chiarezza per tutti quanti noi per quanto riguarda questi temi che comunque sono molto importanti. Chiunque di noi sia genitore o, come nel mio caso, zio o zia, ha sempre il pensiero dei ragazzi e di quella che è la loro condizione, in questo momento poi in modo particolare perché è un momento di grande mutazione, come dicevamo prima. E quindi ti ringrazio veramente tanto a nome di Men’s life e di tutti i nostri ascoltatori, e tutti i nostri followers, e ci vedremo prossimamente con un’intervista che sarà abbastanza curiosa!
Benissimo!
A presto, ciao a tutti!
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Redazione di Men’s Life
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Take Home Message – Il covid e i ragazzi
Abbiamo intervistato il dottor Marco Silvaggi, psicologo e sessuologo clinico, su un tema di grande attualità: il covid e i ragazzi. Ecco le sue risposte.
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Ultimo aggiornamento: 25 giugno 2021